martedì 6 luglio 2010
Era una notte che pioveva
Care galline, sappiate che è solo per dovere di cronaca che mi accingo a scrivere questo post, ma ne avrei fatto volentieri a meno. Come alcuni già sanno, una buona percentuale di noi ha trascorso una mini vacanza in Val di Fassa. Siamo rincasate ieri sera e, tutto sommato, dovrei dire che è andata bene: abbiamo visto paesaggi d'aria e luce, percorso sentieri da cui potevi immaginare di veder sbucare da dietro una curva Heidi, Annette, o Cappuccetto Rosso; ammirato boschi di velluto e cime tanto arcigne quanto attraenti; scoperto che il ladino ha qualche affinità con il parmigiano; gustato specialità locali e non (sperimentando gli effetti collaterali del brodo al brandy); e, soprattutto, siamo tornate a casa sane e salve; e la cosa non era affatto scontata, visto che guidavo io. Però, dal momento che la vacanza, almeno per me, era soprattutto una scusa per ascoltare dal vivo Marco Paolini e che lo spettacolo, in pratica, non l'abbiamo visto, mi concederete un po' di magone. Dopo nemmeno 15 minuti dall'inizio del prologo, i nuvoloni, che ci avevano accompagnato per tutta la lunga e faticosa ascesa fino al rifugio del Vajolet, hanno cominciato a rovesciarci addosso acqua, grandine e fulmini, costringendo anche l'imperturbabile attore, che fino ad allora se ne era rimasto tranquillo su un masso in giacca e camicia (mentre noi eravamo intabarrati in plaid e k-way), a interrompere il racconto. Il rientro alla base è stato buio, umido, freddo e complicato con tanto di attraversamento di una scaletta gettata a mo' di ponte su un tratto di strada inondato da un ruscello (con Costi che continuava a ripetere: "quando lo racconterò a casa non ci crederanno"). Un'avventura da ricordare,insomma. Però, quella serata me l'immaginavo un po' diversa: la coccolavo da mesi e l'ho inseguita superando le complicazioni che pare non possano fare a meno di presentarsi ogni volta che metto il naso fuori di casa. Infondo chiedevo soltanto un'ora d'incanto con un attore che sa evocare mondi con le parole e ha uno strano fascino che prescinde dall'età, dalla bellezza e forse persino dalla simpatia (pare infatti che non abbia un buon carattere, ma anch'io non scherzo...). Quindi, nonostante tutti non facciano altro che ripetermi, giustamente, che è stata una bella esperienza fatico un po' a convincermene. Forse perché quel piccolo sogno sfuggito a un passo dal realizzarsi è andato ad ingrossare le fila già ben nutrite delle delusioni; e la rabbia sciocca per una cosa futile è, in fin dei conti, un grido di ribellione contro la teoria che, nella vita, bisogna solo portare pazienza. Passerà e, tra qualche giorno, non sobbalzerò più se qualcuno mi nominerà l'Alaska, i cani da slitta e Jack London. Nel frattempo non dite che non vi ho avvertiti...
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