venerdì 29 aprile 2022

L5-S1

 

Mettiamo che tu, per dire, abbia un'ernia.
Per un po' i medici ti dicono che non c'è problema, che ormai non si opera più nessuno di ernia, che basta un po' di fisioterapia e qualche antidolorifico e passerà.
 

Poi però l'ernia non passa. E i medici dicono che occorre operare e che, anzi, è già troppo tardi per correre ai ripari e potresti comunque avere qualche strascico in futuro.
 

E tu, giustamente, t'incazzi, perché dici: ma allora questi medici non sanno nulla? Hanno sbagliato diagnosi? Dicono tutto e il contrario di tutto? Volevano approfittarsi di me?
Poi pensi che, al netto di qualche errore, che sicuramente c'è stato; probabilmente il tuo era un caso un po' inusuale, per il quale i comuni protocolli non hanno funzionato e si è dovuto navigare a vista, aggiustando la rotta man mano che si approfondivano le conoscenze.
 

Ti operi, fai la fisioterapia, prendi le medicine; ma dopo sei mesi la schiena ti fa di nuovo male e scopri che... l'ernia è tornata!
T'incazzi ancora di più, ti senti presa in giro; ti chiedi se tutta la fatica che hai fatto e il dolore che hai subito potevi risparmiartelo. Poi capisci che, ahimé, no: che esiste un margine d'errore in ogni procedura e tu c'hai avuto soltanto una gran sfiga. E che, anche se non potrai mai sapere con certezza come sarebbero andate le cose se non ti fossi operata la prima volta, almeno sai di avere fatto tutto il possibile per limitare i danni.
 

E ti rassegni a convivere con l'ernia. Il che non significa né “smettere di vivere” né “vivere esattamente come prima”,  ma trovare un buon compromesso tra i due poli, che, nel caso specifico, significa: fare tutte le mattine un po’ di stretching e qualcuno degli esercizi che ti hanno insegnato quando facevi fisioterapia, evitare di fare attività fisica intensa, cercare di stare seduta e camminare nel modo più corretto possibile, evitare di sollevare pesi e, se proprio devi farlo, ricordarti di indossare il busto, il quale, ammettiamolo, portato per ore, soprattutto d’estate, è piuttosto fastidioso…
 

Una bella rottura di scatole, certo, una limitazione della propria libertà - si potrebbe persino dire - ma sempre meglio di rischiare di rimanere immobile a letto per giorni con un dolore così intenso da non riuscire a muovere nemmeno un mignolo senza vedere le stelle e da dover mettere il pannolone, perché alzarsi per andare in bagno è pura utopia.
 

Attenzione, però, nonostante tutte queste precauzioni, tu sai bene che potresti rimanere bloccata comunque; e quindi? È tutto inutile? Direi di no, se anche solo serve ad abbassare la probabilità che questo accada, o a procrastinarla il più a lungo possibile.
 

Poi, certo, puoi sempre scegliere, di tanto in tanto, di prenderti dei rischi, perché buon Dio! Quel sentiero è troppo invitante e chissà che bel panorama si vede da lassù: speriamo in bene e percorriamolo comunque; oppure… col cavolo che faccio tre giri per portare la spesa dall’auto al garage: chiappe strette, bacino rigido e via che si va! Però, se non sei completamente scema, se ti va bene tiri un sospiro di sollievo e non pensi che, dal momento che non è successo niente, vuol dire che l’ernia non esiste; e se ti va male, non dai la colpa ai poteri forti a big Pharma e alla lobby dei fisioterapisti: taci e ti lecchi le ferite, dicendoti che, forse era meglio non farlo e sapendo benissimo che, magari, la prossima volta lo farai lo stesso, perché gli esseri umani non sono mai stati dei campioni di coerenza e forza di volontà.


E, se sarai molto onesta con te stessa, saprai pure che, non vivendo tu in un’isola lontana da tutto e tutti, le conseguenze delle tue decisioni potrebbero non danneggiare solo te, ma coinvolgono inevitabilmente tutti coloro che ti stanno attorno e che dovranno assisterti o sostituirti nei tuoi impegni di lavoro e di famiglia.
E tutto questo succede con un’ernia, che non è nemmeno contagiosa e non ti mette in pericolo di vita…

Ci arrivate da soli, o devo venirvi a percuotere le vertebrine una a una?

 PS: sì, ho un'ernia.