mercoledì 27 ottobre 2010

Zucca vuota?!.. Niente paura!!


Care ciose, per riprendermi un po' dalla punta di amarezza del mio ultmo post, e per tener fede al punto 4 del nostro decalogo, torno a farmi viva con una ricetta dolce a prova di..zucca!! Infatti è proprio questo ortaggio il protagonista degli ultimi giorni del mese, in cui anche da noi ormai imperversano zucche vuote riempite con lumini e dotate di occhi e denti intagliati... Del resto ho letto che proprio nel nostro territorio si rivendica la paternità di questa tradizione celtica che, prima di giungere oltroceano, sarebbe passata dalle nostre parti... Comunque, ecco la ricetta della torta di zucca:
Ingredienti:
400 g di zucca cotta a vapore e passata al setaccio
400 g di farina
300 g di zucchero
200 g di burro morbido
3 uova intere
un cucchiaio di fecola
una bustina di lievito per dolci
un cucchiaino di cacao amaro
un bustina di vanillina
un bicchierino di maraschino (io preferisco usare un liquore all'amaretto)
Mescolate il burro con lo zucchero, aggiungete le uova, uno alla volta, unite la farina, la fecola, il lievito, la vanillina, la zucca setacciata, il cacao e il liquore.
Versate l'impasto in una tortiera imburrata e infarinata e cuocete nel forno a 180°C per 40 minuti.
Decorate poi a piacere con zucchero a velo, glassa oppure divertitevi a intagliare occhi e denti sulla vostra zucca dolce!
Niente paura e...buon appetito!!

PS: Cri, appena riesco a reperire un'immagine della torta te la mando per inserirla nel post! Grazie!

venerdì 22 ottobre 2010

Beata innocenza...

"Un bambino può insegnare sempre tre cose ad un adulto:
a essere contento senza motivo,
a essere sempre occupato con qualche cosa
e a pretendere con ogni sua forza
quello che desidera".
(Paulo Coelho)

Questa citazione è stampata a caratteri cubitali sulla porta d'ingresso di una delle scuole in cui insegno. Mi è piaciuta e ve la propongo al termine di un'altra settimana scolastica. E' passato poco più di un mese dall'inizio della scuola, ma in queste poche settimane ne ho viste di tutti i colori e parlo di adulti... Forse potrà sembrare che chi, come me, insegna a bimbi così piccoli abbia poca dimestichezza del mondo adulto; in parte è vero e me ne rendo conto, ma quando incontro "grandi" che si comportano peggio di bambini di tre anni non mi vergogno di essere ancora tanto innamorata di quell'età di beata innocenza, quando ancora si è capaci di giocare e lavorare insieme, di litigare ma anche di chiedersi scusa e fare la pace, di sognare e sentirsi felici, un po' incuranti dei problemi che ci circondano...!
Con l'augurio di settimane migliori, buon fine settimana a tutte!

venerdì 15 ottobre 2010

Mestieri alternativi

Non so voi, ma io, che già faccio fatica a definire il mio lavoro, non avevo idea che esistesse qualcuno che fa il "Lettore ambulante". L'ho scoperto smanettando su internet e trovo sia assolutamente geniale. Il lettore ambulante in questione è una donna, si chiama Simonetta Bitasi e non abita neppure tanto lontano da noi, infatti è di Mantova. Ecco il sito: http://www.lettoreambulante.it/. Costi, se ti va bene il laboratorio a Fidenza puoi cambiare mestiere... In ogni caso, tanto di cappello!
Vi segnalo anche che tra i nostri lettori fissi si è aggiunta una gradita ospite, si chiama Benedetta Gargiulo, ha più o meno la nostra età, è una pubblicitaria, vive a Trieste (beata lei!) e tiene un delizioso blog dedicato alle pari opportunità sul quale io, qualche giorno fa, ho lasciato un commento. Che dire? Benvenuta e grazie!

lunedì 11 ottobre 2010

La strana solitudine dei matematici

Per una di quelle coincidenze che capitano ai lettori non occasionali, mi sono ritrovata ad affrontare, uno dopo l'altro, due libri che hanno a che fare con la matematica. Sto parlando de "La solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano, prestatomi da Costi, e de "Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte" di Mark Haddon, frutto di uno scambio con la vulcanica presidentessa di quella specie di circolo di lettura che frequento da circa un anno. Come avrete notato quando ci tocca dividere il conto della pizzeria, io ho un pessimo rapporto con la matematica, mia bestia nera a scuola, tanto che il mio insegnante di scienze alle superiori voleva regalarmi un pallottoliere. Temo, però, che il problema sia endemico tra le ciose, sebbene tra noi compaiano un ingegnere, una biologa e un'economista (le ultime due, a dire il vero, hanno scelto di fare altro nella vita). Per non parlare dei mariti/fidanzati, tra i quali prevalgono gli studi scientifici. Con loro, in particolare, mi scuso per la faziosità di questo post. Tornando ai libri dirò che non sono niente male: originali e ben scritti. In entrambi la matematica diventa un pretesto per guardare il mondo con occhi nuovi, oltreché una fonte di esempi, immagini e metafore tutt'altro che scontate. In entrambi, in particolare, i numeri primi diventano simbolo dell'alterità dei protagonisti: ragazzi a dir poco problematici. Immagino che gli autori abbiano scelto volutamente dei personaggi "al limite" per rappresentare in maniera eclatante le difficoltà che tutti incontriamo nella vita, nei rapporti con gli altri, nell'accettazione di una realtà spesso dura e alienante, zeppa di finzioni e compromessi; credo anche che la matematica, almeno nelle intenzioni, sia stata scelta come portatrice di valori positivi di ordine e razionalità, che aiuta, in qualche modo, queste sventurate creature a crearsi faticosamente un equilibrio. Forse, però, non si sono resi conto che, essendo il protagonista (o meglio, coprotagonista) della "Solitudine", un giovane autolesionista e quello de "Lo strano caso" un ragazzino autistico, tutti e due geni della matematica, la materia, alla fine, non ne esce benissimo... Il primo, oltretutto, rinuncia al grande amore della vita (o alla cosa che più gli somiglia) per rituffarsi nel suo algido tran tran di professore alllietato, forse, da un'amica occasionale. Certo, non si pretendeva l'happy end: in un contesto simile sarebbe stato quasi ridicolo. Il secondo, almeno, riesce a risolvere il giallo del titolo con tanto di colpo di scena e a superare un test d'ammissione all'università, ma mi piacerebbe sapere che bisogno c'era di piazzare una bella bestemmia in corso di testo. Insomma, i libri sono belli, ma se gli autori avevano intenzione di utilizzarli, tra le altre cose, per suscitare la passione, o comunque la curiosità per la matematica, temo abbiano sbagliato i conti: infatti ne esce un ritratto desolante dei cultori di questa materia che devono essere, come minimo, dei disadattati con manie distruttive ed autodistruttive e una decisa propensione all'infelicità. Grazie al cielo so che non è così, ma d'ora in avanti, se permettete, mi vergonerò un po' meno di contare ancora sulle dita.