tag:blogger.com,1999:blog-22151507907250257762024-03-19T04:50:18.721+01:00Hens' thoughts - Il blog delle "Ciose"Le ciose, galline, anzi, meglio, chiocce, nel dialetto delle nostre parti, sono nate un po' per caso un po' per istinto di sopravvivenza nell'estate del 2001. Oggi siamo in nove. Nove donne nate tra il '75 e l'80, alcune sposate (anche con figli), alcune fidanzate, altre single. Tra noi c'è un alto tasso di insegnanti, ma non mancano altre professioni. Siamo amiche e questo non è poco.Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.comBlogger283125tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-45072957849891843462023-05-27T00:06:00.003+02:002023-05-27T00:06:39.422+02:00Sei cose impossibili prima di colazione<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgj7AmzceYdudtn2ThWD7TUaWzp-ubMlw5o-F74pQQHRt8pQLAYsUpvb6RUH4Ja2Bq7ntqJDSSDVoz4NJY9X0H4wDSp78juGPHRVba-xGEPGnE1AVbk2rnFhYOKd8t7pgUCHLihfDLLwBXq-xX_fawvdAPkaRz2WJJ05AnG0AEhrUzZtiEOuMRW1tN44w/s800/Buzzati%20Poema%20a%20Fumetti.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="654" data-original-width="800" height="262" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgj7AmzceYdudtn2ThWD7TUaWzp-ubMlw5o-F74pQQHRt8pQLAYsUpvb6RUH4Ja2Bq7ntqJDSSDVoz4NJY9X0H4wDSp78juGPHRVba-xGEPGnE1AVbk2rnFhYOKd8t7pgUCHLihfDLLwBXq-xX_fawvdAPkaRz2WJJ05AnG0AEhrUzZtiEOuMRW1tN44w/s320/Buzzati%20Poema%20a%20Fumetti.jpg" width="320" /></a></div>La stagista, che studia giornalismo, analizza il testo di un sito e afferma che una frase è troppo complessa perché "Nessuno può tenere a mente più di due concetti per volta". <p></p><p>Il testo è effettivamente complesso e migliorabile.<br />(Sì, l'ho scritto io, dopo una lunga battaglia col cliente, che me ne aveva fornito uno ancor più contorto).<br />E le sue osservazioni sono consone e intelligenti. </p><p>Però questa cosa del "Non più di due concetti per volta" sarei curiosa di sapere da dove le viene.<br />La insegnano a scuola?<br />Fa parte del pacchetto di nozioni che ti impartiscono quando ti accingi a scrivere per il web: sii breve, sii semplice, onora l'algoritmo e la SEO?<br />Non ne ho idea. Se ne avrò l'occasione, magari, glielo chiederò. </p><p>Certo è che se, come pare, ne è sinceramente convinta, questo spiega molte cose.<br />Se nessuno mai nella vita ti propinerà più di due concetti per volta, è piuttosto ovvio che non riuscirai a dominarli; ma non significa che non li incontrerai. </p><p>Perché la realtà è dannatamente complessa, e noi siamo molto complessi. E a volte nemmeno dieci concetti affastellati assieme ci bastano per descrivere chi siamo e ciò che stiamo vivendo e provando. </p><p>E se nessuno mai ti avrà insegnato a leggere - e scrivere - testi che contengono più di due concetti in una stessa frase, non solo non saprai più capire un libro, un articolo un saggio, ma non saprai più capire te stesso/a. </p><p>Nemmeno Dio s'è accontentato di essere due e s'è inventato la Trinità.<br />E se anche ce la fossimo inventata noi, fa lo stesso: sarebbe comunque un'ulteriore testimonianza della ricerca incessante dell'umanità di spiegare quel "molto" inquieto e sempre in movimento che osserva fuori e che sente dentro. </p><p>Vedere quindi una ventenne convinta che esista un limite a ciò che si può scrivere e dire, pena l'incomunicabilità, mi pare particolarmente triste.<br />Perché, in realtà, è esattamente ponendosi - o lasciandosi acriticamente porre - quel limite, che l'incomunicabilità si costruisce.<br /><br /></p>Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-8692518303124917112023-02-08T15:37:00.004+01:002023-02-08T15:37:32.749+01:00Cos'è che trema...?<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDzMl-sXPT8spcTrltXpqAcOuNfJ0Nwy25y0H1Hiw7aK7qvMkluK664h1clMKpkonJEzZZytWNJ3bsQnrD6-KWMS900HkDRt6wcFoFVYY7HOWKnyvk1XAUSB7QzOyE-_3-zkdFcHkuoYQlPRJuSRxJMgUiO-VplkjAeXrjtRRW37kd43TmWyIh4x4D-g/s1200/modugno.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="764" data-original-width="1200" height="239" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDzMl-sXPT8spcTrltXpqAcOuNfJ0Nwy25y0H1Hiw7aK7qvMkluK664h1clMKpkonJEzZZytWNJ3bsQnrD6-KWMS900HkDRt6wcFoFVYY7HOWKnyvk1XAUSB7QzOyE-_3-zkdFcHkuoYQlPRJuSRxJMgUiO-VplkjAeXrjtRRW37kd43TmWyIh4x4D-g/w374-h239/modugno.jpg" width="374" /></a></div>Il clima musicarello della settimana sanremese mi ha riesumato un ricordo.<br /> <p></p><p>Da bambina passavo le estati in un piccolo paese d'Appennino. <br />La domenica andavo a messa nella piccola chiesa, costruita all'ombra di uno sperone di roccia nera, sul quale un tempo c’era un castello. <br />Lo sperone si protendeva fin quasi a sfiorare il campanile ("Speriamo regga" era l'accorato pensiero di tutti i fedeli, stipati entro le ombrose mura durante la celebrazione), tanto vicino che persino io, che avevo cinque o sei anni, non di più, allargando le braccia, riuscivo a toccare roccia con una mano e intonaco con l'altra. </p><p>Ebbene, il coro di pie donne della chiesina cantava ogni singola canzone - da quelle che probabilmente datavano a prima del Concilio (scegliete voi quale) fino alle hit del buon Sequeri, che allora erano quasi nuove - con una specie di curioso tremolio. </p><p>La prima volta che le udimmo, noi "villeggianti", provenienti dalla città, ne rimanemmo prima stupiti, poi divertiti. Tanto che, per anni, rievocando quelle estati, ci veniva da cantare “alla maniera del coro della chiesina di P.”, finendo inevitabilmente a ridere prima ancora di arrivare al ritornello. </p><p>Oggi, a mente fredda, e totalmente digiuna di musica, mi chiedo da dove venisse quel tremolio.<br />Chi avesse per primo/a insegnato a quelle donne di un paese d’Appennino che il modo giusto di cantare era quello e non ciò che si ascoltava allora alla radio, in tv, in musicassetta e, appunto, sul palco di Sanremo. </p><p>Chissà che curiosa e forse persino remota origine aveva quello stile, più simile a quello dei tenores sardi e a certe cose ascoltate nei documentari sull’Africa o il Medioriente che alla musica pop. </p><p>Ecco, pensandoci in questi termini diventa all’improvviso molto meno ridicolo e molto più pieno di significato.<br />Una tradizione che s’è persa, come tante altre. </p><p>E, magari gli antropologi e i musicologi del futuro si chiederanno le stesse cose della trap…</p>Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-1239797950053523702023-01-18T09:55:00.005+01:002023-01-18T10:02:15.169+01:00Quelli che non pensano<p> </p><div data-contents="true"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhfqNk2hIsw0EyqlycwEeFMpcQ82a14dInwN2zdRBrFsUY9dPUjWaRpp-gC4RN9Cvvv-hfCeTVAZdedu-y2YwW5v4npxFkxIfQvwi8GjgOUVRgBjSSfg4ubXjHyvBLlfWW7z-mZwKKOtPTD5oITsUN6d0WroiYY5XKkxMpGnONOWYnYwasflD9SXxj7Yw/s440/testavuota.png" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="440" data-original-width="439" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhfqNk2hIsw0EyqlycwEeFMpcQ82a14dInwN2zdRBrFsUY9dPUjWaRpp-gC4RN9Cvvv-hfCeTVAZdedu-y2YwW5v4npxFkxIfQvwi8GjgOUVRgBjSSfg4ubXjHyvBLlfWW7z-mZwKKOtPTD5oITsUN6d0WroiYY5XKkxMpGnONOWYnYwasflD9SXxj7Yw/s320/testavuota.png" width="319" /></a></div>Il post che ho scritto per la pagina Facebook di un cliente termina con: "L'offerta è valida in negozio e online" + link alla pagina dell'e-commerce.<br />Una tipa chiede via Messenger: "Fate spedizioni?"<br />Vabbè, forse ho sbagliato io e dovevo scrivere: "L'offerta è valida in negozio e anche nell'e-commerce presente sul nostro sito a questa pagina".<br />Anche se, boh, un po' mi dispiace lavorare considerando sempre che chi legge sia scemo. Oltretutto, lo trovo molto presuntuoso.<br /> <br />Allora mi armo di pazienza e mi appresto a rispondere: "Si, certo, signora. Ecco qui la pagina del nostro e-commerce da cui può acquistare il prodotto e farselo spedire comodamente a casa".<br />Apro Messenger e vedo che qualcuno (un collega o il cliente, non voglio indagare), ha già risposto: "Sì, facciamo spedizioni". E basta. Senza ulteriori indicazioni.<br /> <br />Come pensate che andrà a finire?<br /> <br />Un dialogo tra sordi, praticamente, in cui nessuno è più in grado di fare una cosa che normalmente ti insegnano alle elementari: leggere un testo e capirlo. E, se non lo si è capito, rileggerlo due o tre volte e poi pensare.<br />Non so a voi, ma a me questa cosa che gente adulta oggi non pensi fa paura quasi quanto il global warming (a proposito di cose cui la gente non pensa...)<br /> <br />Da una parte dovrei essere contenta, perché se tutti fossero capaci di pensare e di scrivere, il mio lavoro non esisterebbe; ma quando ho cominciato, circa 17 anni fa, il nostro scopo era rendere più fruibili e gradevoli notizie che, comunque, le persone avrebbero potuto anche trovare e capire da sole: era un "di più", un servizio opzionale, un favore.<br /> <br />Ora è una necessità.<br /> <br />E a me, onestamente, fa paura.<br />Perché i pochi che pensano, se pensano male, e non fanno i copywriter in una piccola città di provincia, ma fanno i politici, gli imprenditori, o i truffatori (o le tre cose assieme) possono rigirarsi tra le dita migliaia di persone che, magari, c'hanno pure una laurea in tasca ma hanno comunque smesso di pensare, senza accorgersene.<br />E io vorrei davvero tanto sapere quando è successo e perché. E poter fare qualcosa.<br /><br /></div>Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-60480585936805639102022-08-26T14:27:00.006+02:002022-08-26T14:27:46.780+02:00Il lamento della copy alle elezioni<p><span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZ77oXibRwNsOgZMRLeEfnrd_ibwhnunprvthRd_eVVoe-pJW5gDwIPJQ_Z_D1TXi-Fjo_0RuXzjYBkpuedf-tkV89c589M7yl976N2l4YaQkPUPFy7i0rN608urwKWw7Oyf4oZYviEvzf3VWfPtxgtPNP2TQ-yarw49D3DkeC2Eb0Q1UP9vlNgOOO1A/s800/What-Does-It-Mean-If-You-Get-Frustrated-Easily.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="534" data-original-width="800" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZ77oXibRwNsOgZMRLeEfnrd_ibwhnunprvthRd_eVVoe-pJW5gDwIPJQ_Z_D1TXi-Fjo_0RuXzjYBkpuedf-tkV89c589M7yl976N2l4YaQkPUPFy7i0rN608urwKWw7Oyf4oZYviEvzf3VWfPtxgtPNP2TQ-yarw49D3DkeC2Eb0Q1UP9vlNgOOO1A/s320/What-Does-It-Mean-If-You-Get-Frustrated-Easily.jpg" width="320" /></a></div><br />Vabbè, sapete più o meno che lavoro faccio; e sapete anche che per (brutto) carattere tendo a prendere tutto un tantino sul personale; tipo che, a luglio del 2010, quando grandinò sul Vajolet durante uno spettacolo di Paolini, mi arrabbiai ferocemente con Giove Pluvio, o chi per esso, e dopo dodici anni ancora non mi è passata...<span> </span><p></p><p><span>Fatta questa premessa, potete ben capire quanto fisicamente male mi faccia vedere e ascoltare le robe squallide prodotte dai consulenti di comunicazione dei politici di ogni schieramento, nel corso di questa deliziosa campagna elettorale.</span><span> <br /></span></p><p><span>Ora, delle due l'una:</span><br /><span>- O sono tutti degli improvvisati, assunti per via di raccomandazioni o conoscenze o appartenenze, che si limitano a dare una mano di colore alle robe partorite da chi li paga.</span><span> </span></p><p><span>- O sono dei professionisti capaci che, vuoi perché devono campare (e lo sappiamo che il mondo del lavoro non è esattamente rigoglioso), vuoi perché "Sì, dai, guadagnamo dei bei soldi facili e poi si vedrà"; o ancora perché "Leghiamo l'asino dove vuole il padrone, che non si sa mai", a un certo punto decidono di spegnere il cervello ed evitare qualunque tentativo di mediazione con i loro committenti; anche solo avvertirli - per il loro stesso bene - che dicendo quella cosa c'è il 99% di probabilità di tirarsi la zappa sui piedi.</span><span><br /></span></p><p><span>In realtà, esiste anche una terza ipotesi: quella che siano proprio loro a inventarsi slogani infelici, loghi imbarazzanti e grafiche che le saprei fare meglio io (no, fidatevi, non è un complimento!).</span><span><br /></span></p><p><span>Ma a questa terza opzione non voglio nemmeno pensare.</span><span><br /></span></p><p><span>Già per le prime due provo un poco di vergogna, ma posso capirle: che tutti siamo stati degli "improvvisati", che hanno imparato il mestiere sbagliando e riprovando (e ancora sbagliano, ci mancherebbe!); e tutti siamo scesi o scendiamo a compromessi, e a volte, in coscienza, non possiamo fare altro.</span><span><br /></span></p><p><span>La terza, invece, mi dà davvero l'orticaria. E non perché io mi ritenga più brava o migliore di loro: al contrario! Proprio perché essendo consapevole dei miei limiti, mi prende il terrore di potere, prima o poi, per abitudine, stanchezza, esasperazione (tutte cose molto umane), arrivare a fare anch'io le stesse cose.</span><br /><span>Nel caso, ringrazierò chiunque mi acchiappi per un polso e mi dica: "Ma sei sicura?".</span></p>Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-61484294695963048402022-07-08T16:46:00.005+02:002022-07-08T16:48:38.191+02:00Però poi anche basta<br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-FE2lQhOqtesoZXH-hptCY5RLl_OX4don-x147isu2K28xeowJ7LQqh6qA6ua7xj2KDJaqAQw-AYAOsNcYLvzZWKb8ygmhnWRNGZM-NN9As43DkshqmwmJDpYMOTKFRdOHAC1L2bllrzRJoGOtO2wwTC2qMw9Lad33UH3BRAScGNvkBOmx7wkUqfzGQ/s1024/1024px-Giorgione,_Three_Ages.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="816" data-original-width="1024" height="255" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-FE2lQhOqtesoZXH-hptCY5RLl_OX4don-x147isu2K28xeowJ7LQqh6qA6ua7xj2KDJaqAQw-AYAOsNcYLvzZWKb8ygmhnWRNGZM-NN9As43DkshqmwmJDpYMOTKFRdOHAC1L2bllrzRJoGOtO2wwTC2qMw9Lad33UH3BRAScGNvkBOmx7wkUqfzGQ/s320/1024px-Giorgione,_Three_Ages.jpg" width="320" /></a></div><p>Faccio molta fatica a spiegare ai miei che il fatto che molti giovani oggi rifiutino lavori malpagati e al limite dello sfruttamento non sia necessariamente segno del degrado dei tempi. <br />O, perlomeno, non nel senso in cui lo intendono loro.<br /> </p><p>Anche io da giovane ho fatto la gavetta!<br />Eh, ma bisogna fare esperienza!<br />Non si può pretendere di avere tutto subito!<br />Questi giovani non sono più abituati al sacrificio!<br /><br />Tutto vero.<br />Però…<br />La gavetta tu l’hai fatta DA GIOVANE, poi basta.<br />L’esperienza a un certo punto si acquisisce, poi si comincia a fare sul serio.<br />Va bene non avere tutto subito, ma qualcosa, prima o poi, bisognerà pure ottenerlo! <br />Se le generazioni precedenti, educate al sacrificio, hanno pensato bene (o male?) di crescere i lori figli e nipoti nella bambagia, rendendo loro la vita facile in ogni modo, forse a loro quell’educazione non era piaciuta granché, e avendola loro stessi rifiutata, non dovrebbero stupirsi così tanto che altri la rifiutino.<br /><br />La mia modesta opinione è che chi rifiuta il sacrificio, l’esperienza, molto spesso non lo faccia perché è un pappamolla codardo e sfaticato, ma perché sa che questi… non finiranno mai.<br /><br />Non è solo mancanza di soldi, ma mancanza di prospettiva. </p><p>Un* giovane che non sia figlio/a di papà o cresciuto nel deserto ha ben chiaro che le sue condizioni di vita saranno peggiori di quelle dei suoi genitori, indipendentemente da quanto possa o voglia impegnarsi.<br />Sa bene che cambierà decine e decine di lavori e difficilmente arriverà ad avere un minimo di stabilità economica.<br />E che in pensione non ci andrà mai, e se ci andrà, farà la fame.<br />Sa che dovrà sempre ricominciare da capo in una gavetta infinita che non porterà mai a poter dire, con sollievo: “Sono arrivato/a”.<br /><br />Perché è un’emerita boiata quella che vi vanno raccontato che è bello non sedersi mai sugli allori e imparare ogni giorno qualcosa di nuovo. <br />Perché al di là di poche - lodevoli - eccezioni, la maggior parte delle persone vorrebbero avere un po’ di certezze, costruirsi un nido di solide abitudini e accoccolarcisi dentro.<br /></p><p>E questo nido di abitudini non è detto che porti sempre al fancazzismo e all’automatismo dell’impiegato da barzelletta, che si intana nel suo ufficio a fare il sudoku e bere caffè. </p><p>A volte un nido è ciò che serve alle persone per poter spiccare il volo, per poter osare di più sapendo che, comunque, c’è un posto a cui ritornare, qualcosa di raggiungibile a cui aspirare.<br />Che va bene “Siate affamati, siate folli”, ma anche desiderare di essere - prima o poi - sazi e pacifici è una cosa profondamente umana e degna di rispetto e comprensione.<br /><br />Che non si è giovani per sempre.<br /></p><p></p>Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-64864448114315807182022-04-29T17:47:00.001+02:002022-04-29T17:47:18.199+02:00L5-S1<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh39XeYB_mZSemKfqWYc8LqMBLBtHFwe5z59IfP-ujxCtGwkobX_smRnUcUHIyezO_PPZXCVyy-jWakNX6RtULttV8rIXCX_KCazmLqk7Y4BxYji_3jO6YRR2laDwrxwEPNlWuOiHT60h0eGVgSRamOchG3F1I9Wh_-YjLOuif0z2RrOTFZlv7O-WtD9w/s4620/meta-zahren-co597efdV7A-unsplash.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3080" data-original-width="4620" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh39XeYB_mZSemKfqWYc8LqMBLBtHFwe5z59IfP-ujxCtGwkobX_smRnUcUHIyezO_PPZXCVyy-jWakNX6RtULttV8rIXCX_KCazmLqk7Y4BxYji_3jO6YRR2laDwrxwEPNlWuOiHT60h0eGVgSRamOchG3F1I9Wh_-YjLOuif0z2RrOTFZlv7O-WtD9w/w400-h266/meta-zahren-co597efdV7A-unsplash.jpg" width="400" /></a></div>Mettiamo che tu, per dire, abbia un'ernia.<br />Per un po' i medici ti dicono che non c'è problema, che ormai non si opera più nessuno di ernia, che basta un po' di fisioterapia e qualche antidolorifico e passerà.<br /> <p></p><p>Poi però l'ernia non passa. E i medici dicono che occorre operare e che, anzi, è già troppo tardi per correre ai ripari e potresti comunque avere qualche strascico in futuro.<br /> </p><p>E tu, giustamente, t'incazzi, perché dici: ma allora questi medici non sanno nulla? Hanno sbagliato diagnosi? Dicono tutto e il contrario di tutto? Volevano approfittarsi di me?<br />Poi pensi che, al netto di qualche errore, che sicuramente c'è stato; probabilmente il tuo era un caso un po' inusuale, per il quale i comuni protocolli non hanno funzionato e si è dovuto navigare a vista, aggiustando la rotta man mano che si approfondivano le conoscenze.<br /> </p><p>Ti operi, fai la fisioterapia, prendi le medicine; ma dopo sei mesi la schiena ti fa di nuovo male e scopri che... l'ernia è tornata!<br />T'incazzi ancora di più, ti senti presa in giro; ti chiedi se tutta la fatica che hai fatto e il dolore che hai subito potevi risparmiartelo. Poi capisci che, ahimé, no: che esiste un margine d'errore in ogni procedura e tu c'hai avuto soltanto una gran sfiga. E che, anche se non potrai mai sapere con certezza come sarebbero andate le cose se non ti fossi operata la prima volta, almeno sai di avere fatto tutto il possibile per limitare i danni.<br /> </p><p>E ti rassegni a convivere con l'ernia. Il che non significa né “smettere di vivere” né “vivere esattamente come prima”, ma trovare un buon compromesso tra i due poli, che, nel caso specifico, significa: fare tutte le mattine un po’ di stretching e qualcuno degli esercizi che ti hanno insegnato quando facevi fisioterapia, evitare di fare attività fisica intensa, cercare di stare seduta e camminare nel modo più corretto possibile, evitare di sollevare pesi e, se proprio devi farlo, ricordarti di indossare il busto, il quale, ammettiamolo, portato per ore, soprattutto d’estate, è piuttosto fastidioso…<br /> </p><p>Una bella rottura di scatole, certo, una limitazione della propria libertà - si potrebbe persino dire - ma sempre meglio di rischiare di rimanere immobile a letto per giorni con un dolore così intenso da non riuscire a muovere nemmeno un mignolo senza vedere le stelle e da dover mettere il pannolone, perché alzarsi per andare in bagno è pura utopia.<br /> </p><p>Attenzione, però, nonostante tutte queste precauzioni, tu sai bene che potresti rimanere bloccata comunque; e quindi? È tutto inutile? Direi di no, se anche solo serve ad abbassare la probabilità che questo accada, o a procrastinarla il più a lungo possibile.<br /> </p><p>Poi, certo, puoi sempre scegliere, di tanto in tanto, di prenderti dei rischi, perché buon Dio! Quel sentiero è troppo invitante e chissà che bel panorama si vede da lassù: speriamo in bene e percorriamolo comunque; oppure… col cavolo che faccio tre giri per portare la spesa dall’auto al garage: chiappe strette, bacino rigido e via che si va! Però, se non sei completamente scema, se ti va bene tiri un sospiro di sollievo e non pensi che, dal momento che non è successo niente, vuol dire che l’ernia non esiste; e se ti va male, non dai la colpa ai poteri forti a big Pharma e alla lobby dei fisioterapisti: taci e ti lecchi le ferite, dicendoti che, forse era meglio non farlo e sapendo benissimo che, magari, la prossima volta lo farai lo stesso, perché gli esseri umani non sono mai stati dei campioni di coerenza e forza di volontà.</p><p><br />E, se sarai molto onesta con te stessa, saprai pure che, non vivendo tu in un’isola lontana da tutto e tutti, le conseguenze delle tue decisioni potrebbero non danneggiare solo te, ma coinvolgono inevitabilmente tutti coloro che ti stanno attorno e che dovranno assisterti o sostituirti nei tuoi impegni di lavoro e di famiglia. <br />E tutto questo succede con un’ernia, che non è nemmeno contagiosa e non ti mette in pericolo di vita…<br /><br />Ci arrivate da soli, o devo venirvi a percuotere le vertebrine una a una?</p><p> PS: sì, ho un'ernia. <br /></p>Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-83762265604950868512021-11-22T12:23:00.009+01:002021-11-22T16:52:20.227+01:00Quando mi sale il comunismo (o chi per esso)<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbLyIHPnpVspX8vpI98G2Vg_vFPxkNJ8HCtTR7KDs584aP0AUkUMuBgP8D2wFk7l8DKUuT60bjUWdx-7VsfTfZeTT0Kr79rbAMpyhu1qWAXUElhWf33EaDRCJ5YgGi7vDWX-JLkIbLFRWa/s1920/1920px-Quarto_Stato.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1037" data-original-width="1920" height="216" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbLyIHPnpVspX8vpI98G2Vg_vFPxkNJ8HCtTR7KDs584aP0AUkUMuBgP8D2wFk7l8DKUuT60bjUWdx-7VsfTfZeTT0Kr79rbAMpyhu1qWAXUElhWf33EaDRCJ5YgGi7vDWX-JLkIbLFRWa/w400-h216/1920px-Quarto_Stato.jpg" width="400" /></a></div>Gentaglia lo volete un predicozzo non richiesto per peggiorarvi ulteriormente il lunedì mattina?<br />Di recente ho visto condividere con entusiasmo su LinkedIn la frase di non so quale economista, che diceva che finché si pagherà chi non lavora e si tasserà chi dà lavoro il mondo andrà a catafascio.<br />Ora, posto che ci percepisce indebitamente il reddito di cittadinanza o la pensione di invalidità o altre cose simili è un delinquente e che certamente la tassazione sul lavoro e sull'impresa è bel lungi dall'essere giusta (non me ne intendo, ma se tanti imprenditori se ne lamentano, dubito che siano tutti dei maledetti sfruttatori: qualcuno lo farà in buona fede, ecco).<br />Premesso questo, devo dire che l'affermazione di cui sopra continua a sembrarmi, con rispetto parlando, una colossale boiata. <br /><br />Non è vero che non c'è lavoro è che la gente non si adatta!<br />Sì, ma anche no. Perché certi lavori richiedono una certa prestanza fisica o capacità intellettive che non tutti hanno (mi ci vedete con la mia ernia ad andare a scaricare camion o consegnare pacchi in bicicletta? O con le mie pessime abilità matematiche, a occuparmi di contabilità? No, ecco, e come me ci sono parecchie migliaia di persone che, anche volendo, non potrebbero...).<br />Perché certi lavori richiedono di spostarsi in un'altra città e non tutti possono. Non perché sono pigri, ma perché, magari, hanno genitori anziani o figli piccoli da gestire, un disabile a carico o cento altre situazioni che rendono molto difficile sradicarsi dal proprio contesto di relazioni familiari e sociali per cominciare una vita ex novo da un'altra parte.<br />Per non dire del fatto che molti lavori non ti danno uno stipendio sufficiente per pagarti vitto e alloggio in un'altra città e riesci a camparci solo se vivi ancora assieme ai tuoi, o in una casa che i tuoi ti hanno comprato quando ancora era possibile con un lavoro normale mettere da parte dei soldi.<br /><br />Ehi, puoi sempre fare il pendolare! <br />Vedi punto 1. Spesso non è questione di pigrizia o scarsa volontà, ma è che proprio ci vuole prestanza fisica e solidità mentale per uscire di casa alle sei e rientrare alle dieci e farsi ore di treno/pullman/autobus/auto/metro ecc. per raggiungere il posto di lavoro, rinunciando di fatto a una vita sociale.<br />Non è un caso che, dopo aver provato lo smartworking a causa del covid, molti non vogliono più tornare indietro: non sono dei pigri bastardi egoisti: hanno solo scoperto che se puoi lavorare in un modo che ti consente di conciliare meglio i tempi di vita e di lavoro perché non farlo? Perché l'impegno e il sacrificio vanno bene, ma non sempre, non per tutti e solo se e quando ne vale davvero la pena.<br /><br />Eh, ma non pretenderai mica il posto fisso?! <br />Ma perché no? Al netto di certi lavori per i quali cambiare è quasi fisiologico, ce ne sono ancora molti altri per cui sarebbe non solo possibile, ma anche auspicabile tornare ad avere una certa stabilità. Perché ci sono competenze che si maturano in anni di esperienza e che nessun corso di formazione iperspecializzato potrà sostituire. <br />E non mi riferisco solo a lavori di alto livello, ma anche un buon cameriere, un buon commesso impara nel tempo. <br />E il fatto che ora, entrando in un negozio, si trovino solo giovani sottopagati e scoglionati, perché già sanno che tra sei mesi-un anno verranno cacciati non è che favorisca il piacere dell’acquisto… E non è certo colpa dei giovani, non solo, almeno.<br /><br />Eh, ma se non trovi lavoro puoi sempre inventartelo! <br />Ma anche no! Ci sono persone che sono perfetti esecutori e pessimi imprenditori. Ci sono persone che hanno cento talenti e altre che ne hanno uno solo o nessuno. C’è chi si realizza nel lavoro e chi invece lo concepisce solo come un mezzo per guadagnare quel che gli serve per fare altro nel tempo libero. E non c’è nulla di sbagliato in questo.<br />È ovvio che quasi nessuno troverà il lavoro perfetto, ma il fatto che dopo tanti tentativi molte persone non riescano a trovarne nemmeno uno decente, forse non è solo colpa loro, ma di un sistema assurdo che pretende dalle persone cose che loro, anche volendo, non potranno mai dargli.<br /><br />Eh, ma è colpa della scuola perché non forma i lavoratori!<br />Ma grazie al cielo! Lo scopo della scuola è formare cittadini, i quali certo dovranno lavorare, ma dovranno anche fare altro: occuparsi di politica, di volontariato, avere un’idea del mondo in cui si trovano a vivere e di quello che è stato prima di loro, farsi una famiglia e degli amici, viaggiare, andare al cinema o a teatro, o a un museo, avere interessi culturali, hobby ecc. Insomma, essere individui il più possibile preparati ad affrontare ogni aspetto della vita, mica solo il lavoro. Anche perché, diciamolo: possiamo anche cambiare programma scolastico ogni anno, cercando di prevedere quali saranno le competenze più richieste nel mondo del lavoro da qui a cinque-dieci anni, quando i ragazzi termineranno il loro percorso di studi; ma ormai lo sanno pure i sassi che persino i migliori economisti fanno fatica a prevedere come andrà l’economia l’anno prossimo, figuratevi immaginare il futuro!<br />Piuttosto che inseguire le tendenze, non sarebbe meglio fornire basi solide, uguali per tutti, da cui partire per costruire un percorso che sarà per forza di cose imprevedibile e peculiare per ciascuno?<br />Senza contare che non tutti hanno le stesse capacità e che i tipi di intelligenza sono diversissimi. E che si può consigliare a un ragazzo/una ragazza un percorso di studi che - secondo noi, in questo momento, potrebbe essergli più utile per il suo futuro, ma non c’è niente di peggio che obbligare qualcuno/a a studiare informatica o cinese se a lui/lei piacciono, che so, la fisica teorica e il tedesco.<br /><br />E vogliamo aprire l’enorme parentesi del lavoro per le donne (“Ma lei ha intenzione di fare figli?” “Firmi un po’ queste dimissioni in bianco…”) o per chi non è più giovane, o rientra in qualche categoria protetta?<br />Quindi, con l’attuale sistema di lavoro che ci vuole tutti sani, tutti giovani e senza alcun legame famigliare è ovvio che servano degli strumenti per evitare che chi a queste condizioni non può lavorare muoia di fame.<br /><br />Perciò, prima di venirmi a parlare di poveri imprenditori e lavoratori fannulloni, fate in modo che ci sia lavoro per tutti, donne vecchi, disabili, persone con limitate capacità cognitive e persone brillanti; che ci sia lavoro nelle grandi città e nei paesini sperduti della provincia e che sia lavoro pagato il giusto e il più possibile stabile, per permettere alle persone di avere un minimo di speranze per il futuro e di fare progetti.<br />Poi, se volete, ne riparliamo. <br /><p></p>Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-36458773145843605142021-11-16T13:38:00.004+01:002021-11-16T13:38:57.074+01:00In prospettiva<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiazmr3igHBrPe3kAefzKpCu3dALwDAAxwjQrocIcyZk2sVJRvoz9m2FAmXP-cJAQfDqcoNb0Wdl5HFt8cgQSEBCKD6HG_jDLaJJNN2Pt7UMXkcmCMAyg3DmoPyiug7O-xjs4vR2y7Xd0Ys/s1008/91024.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="1008" height="254" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiazmr3igHBrPe3kAefzKpCu3dALwDAAxwjQrocIcyZk2sVJRvoz9m2FAmXP-cJAQfDqcoNb0Wdl5HFt8cgQSEBCKD6HG_jDLaJJNN2Pt7UMXkcmCMAyg3DmoPyiug7O-xjs4vR2y7Xd0Ys/s320/91024.jpg" width="320" /></a></div>Quando è stato introdotto il vaccino contro l'influenza io ero ancora piuttosto giovane, ma ho cominciato a farlo quasi ogni anno perché, pur non avendo particolari patologie, sono sempre stata soggetta a malanni di stagione e, soprattutto, vivevo ancora con i miei genitori anziani, di cui una gravemente malata. <br /> <p></p><p>Nei molti anni in cui l'ho fatto, ho visto ridursi sensibilmente il numero e la frequenza delle influenze. Il che non significa, beninteso, che io non mi sia mai ammalata e che in un paio di occasioni io non sia stata anche parecchio male, ma in un paio di occasioni, appunto, non ogni inverno e più volte in un inverno, come accadeva prima. <br />E pur avendo fatto il vaccino, non è che andassi a sternutire e tossire in faccia al prossimo, anzi, ai primi sintomi di raffreddore e mal di gola, salvo casi di urgenza e necessità, mi rintanavo nella mia cameretta, rinunciavo a uscire con le amiche e me ne stavo a casa dall'università o dal lavoro, mi lavavo più spesso le mani e cercavo di stare il più possibile distante dalle altre persone, perfettamente consapevole di avere una responsabilità nei confronti degli altri. <br />E se anche da noi, come in alcuni paesi orientali, fosse già stata diffusa l'abitudine di andare in giro con una mascherina per evitare di spargere microbi a destra e a manca sull'autobus, a scuola, in ufficio o al cinema, lo avrei fatto senza alcun problema. <br /> </p><p>Non c'è nulla di strano o di eroico in questo: si tratta solo di educazione, buonsenso, rispetto degli altri. Cose che a tutti dovrebbero aver insegnato da bambini a scuola o in famiglia. Tutto qui. <br />Spiegatemi perché non dovrei farlo ora? <br />Spiegatemi in che modo fare questo è un attentato alla mia libertà e a quella altrui.<br /> </p><p>E, no, vi prego, non subissatemi di articoli in cui si fanno notare le contraddizioni nella legislazione, i dubbi sulla trasparenza e i sospetti che qualcuno si stia arricchendo alle spalle degli altri. Perché queste cose le vedo anch'io e posso, in piccola parte, pure condividerle.<br /> </p><p>La mia domanda è molto più semplice e priva di dietrologie: se mi vengono date delle regole e degli strumenti (non perfetti, d'accordo) per far stare meglio me stessa e gli altri perché non dovrei seguirle/utilizzarli?<br /> </p><p>E no, non venitemi a parlare di “siero sperimentale” perché un vaccino non è un siero (e questo ormai dovrebbero saperlo pure i muri) e qualunque medicina mai ideata sulla faccia della terra è comunque un “male minore” non privo di effetti collaterali a breve o lungo termine. <br />Buon Dio! Sono figlia di una generazione che si è bevuta litri di Bactrim prima che lo ritirassero dal commercio! Proprio per questo sono consapevole che le conseguenze - nel bene e nel male - delle scelte fatte oggi le potremo sapere solo tra molti anni e forse non tutte. <br /><br />E anche questo è capitato e sempre capiterà per qualunque fatto storico di una certa portata come quello che stiamo senza dubbio vivendo: chi ci è immerso fino al collo, inevitabilmente, non capisce perché gli manca una visione d’insieme, perché è travolto dall’emotività, perché conosce e giudica un evento globale in base a ciò che vede e tocca con mano o in base alle notizie che circolano nella sua bolla mediatica, la quale - e anche questo ormai dovrebbe essere chiaro - non è mai obiettiva.<br /> </p><p>Non sapere tutto, avere una visione parziale degli eventi, però, non significa non poter fare una scelta.<br />Anche questo è già successo e sempre succederà.<br />Io ho scelto la cautela e responsabilità. Altri la ribellione e la negazione.<br />Vedremo in futuro - se sopravvivremo - chi avrà avuto ragione.</p>Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-65476763652811518252021-09-24T12:08:00.003+02:002021-09-24T12:17:51.209+02:00Periodo ipotetico della libertà<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsVxdJZcGRsWqpa1Kni_NetKJ9DKWprtqt0Tfxj-2b5VILzCbr-8U_WQfiZ0BRFlqlxKca0eViuiehLeDOlOGbTV4P3WEVQOlNq4Gv8OaHBj3kKpQZaCsr7R1tRBB9DTNWEHk3-GCC4m9B/s621/Thinking.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="380" data-original-width="621" height="196" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsVxdJZcGRsWqpa1Kni_NetKJ9DKWprtqt0Tfxj-2b5VILzCbr-8U_WQfiZ0BRFlqlxKca0eViuiehLeDOlOGbTV4P3WEVQOlNq4Gv8OaHBj3kKpQZaCsr7R1tRBB9DTNWEHk3-GCC4m9B/s320/Thinking.jpg" width="320" /></a></div><br />Qualche giorno fa un cliente mi ha chiesto di pubblicare un avviso sul suo sito e sulla pagina Facebook, nel quale invitava le persone a NON fare una determinata cosa e ne spiegava il motivo.<p></p><p>Prima di pubblicare suddetto avviso, l'ha fatto anche leggere a un paio di esperti perché fosse chiaro, e mi ha fatto correggere una frase che poteva suonare ambigua. L'ho corretta e ho pubblicato.</p><p>Su Facebook diverse persone hanno commentato l'avviso dicendo:</p><p>- Perché anziché un avviso non avete fatto un divieto? Se non vietate la cosa, non potrete impedire alle persone di farla ugualmente.</p><p>- Il testo è ambiguo: le persone non lo capiranno o lo interpreteranno a modo loro.</p><p>Entrambi i commenti, dopotutto, erano sensati e posti in tono costruttivo più che agressivo, quindi va bene così.</p><p>Però li ho trovati particolarmente significativi per due ragioni:</p><p>- Il cliente mi aveva chiesto esplicitamente di scrivere un consiglio e non un ordine, per stimolare il senso di responsabilità delle persone e invitarle a comportarsi bene ed essere ragionevoli, senza bisogno di imporre divieti e minacciare sanzioni. L'intenzione, secondo me, era lodevole; ma evidentemente molti pensano che un invito non basti più e che il buonsenso e il senso civico siano andati bellamente a farsi benedire e, onestamente, visto quanto è successo e sta succedendo in questo tempo di pandemia, mi verrebbe da essere d'accordo con loro. Però è davvero scoraggiante pensare di vivere in una società in cui tutti strepitiamo se qualcuno ci toglie un pezzettino di libertà in nome del bene comune, ma nessuno è disposto a rinunciare a nulla per gli altri se non gli viene implicitamente imposto dall'alto, salvo poi lamentarsi dell'imposizione... e così via, in loop.</p><p>- La frase era, in effetti, un pochino complessa, ma non incomprensibile: esprimeva una eventualità futura con la formula "Sta per succedere questo, quindi potrebbe accadere che". Né a me né al cliente era apparsa strana, ma molti lettori hanno intepretato l'eventualità come una certezza nel presente: "Non è vero! Non sta succedendo quello che dite! Perché raccontate balle?". Il che è piuttosto triste perché dimostra, ancora una volta, quanto si sia persa la capacità di interpretare le sfumature del linguaggio, che sono spesso anche sfumature del pensiero.</p><p>E alla fine tutto torna: perché è chiaro che se hai bisogno di un divieto esplicito per non fare una cosa che pure sai che potrebbe danneggiare te e gli altri, vuol dire che sei anche poco avvezzo a muoverti nel campo delle possibilità e delle loro conseguenze, che si esprimono tramite quelle cose contorte e bellissime che sono i periodi ipotetici. E che siamo tutti bravi a riempirci la bocca di futuro, ma non riusciamo più a immaginarlo.<br /></p>Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-1355365401987090282021-06-06T01:53:00.005+02:002021-06-24T23:20:46.705+02:00L'onda che non affrontai<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiH0pXabg4rfpXNoNHIlMYzHVXYsih9KGG5IrLzjinLtrHy-L5NLsSQAufZzu98RynxFWEib3kdBIklrTahU41Z-Y5fqAGjpryB_7RFyYycrq6QVgrAgRRTJj1J0T15qA0Xh5URPM4asb9W/s993/Grande+Onda.png" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="700" data-original-width="993" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiH0pXabg4rfpXNoNHIlMYzHVXYsih9KGG5IrLzjinLtrHy-L5NLsSQAufZzu98RynxFWEib3kdBIklrTahU41Z-Y5fqAGjpryB_7RFyYycrq6QVgrAgRRTJj1J0T15qA0Xh5URPM4asb9W/s320/Grande+Onda.png" width="320" /></a></div>Per chissà quale remota ispirazione, ho fatto il cambio di stagione riascoltando, dopo molto tempo, il cd di Notre Dame de Paris, che vidi dal vivo quando uscì, nei primi anni 2000, e che ho molto amato. Se mi prendete in buona posso ancora cantarvene dei brani piuttosto lunghi a memoria, ma non vi conviene: che ultimamente anche quel poco di voce che avevo sta andando per sprelle... <p></p><p>Comunque, mentre ripegavo maglioni e riesumavo magliette, ho pensato che in quel musical io sono sempre stata Quasimodo, non Esmeralda. Al limite Gringoire o Clopin, in rari momenti persino Frollo (credo che "L'onda che non affrontai" sia una delle più potenti e, nel mio caso, condivisibili, definizioni della passione amorosa che io abbia mai letto o ascoltato); ma non certo la protagonista, che pure in questa versione dell'opera è meno scema di quella del libro (che avrei preso volentieri a testate!).</p><p>Mi era difficile già vent'anni fa immedesimarmi in una donna bellissima, capace di attrarre a sé tutti gli sguardi e animata dal desiderio di amare ed essere amata, figuratevi quanto sia poco probabile che ci riesca ora, che sono ancora meno bella, desiderabile (e desiderante) di quanto non fossi allora.</p><p>Mentre il gobbo brutto e sfigato che coltiva un amore impossibile, il mediocre poeta animato da altri ideali e meno alti istinti, il saltimbanco ribelle e l'integerrimo moralista turbato dalla sensualità del reale, beh quelli posso ancora capirli benissimo.</p><p>Per fortuna la mia ernia mi impedisce di arrampicarmi su un campanile a caso a sfogare la mia disperazione suonando campane. Potrei invece, senza grossi problemi, mettermi a conversare con un gargoyle, ma quelli parlavano nel cartone animato della Disney, non nel musical, e nel cartone, come da tradizione, erano tutti simpatici, anche la capra. </p><p>Buonanotte, e sogni rindondanti. </p>Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-44185184257583932982021-02-15T20:05:00.005+01:002021-02-16T11:37:30.071+01:00Il re del presente<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiu41VWGaXXKpbspMDHLiYniM2Pe5bcNo-Wu1oQdEub2ROiwbAlDpbtrhAH0ZkGzQNrwBcHfAE_5WCqKwVq8mtBNggHGRxj6yfQarpFtfLHafqpSm1jHakUCJB33JjJYmdR1XP3d01dQiD9/s700/New+Clothes.jpeg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="556" data-original-width="700" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiu41VWGaXXKpbspMDHLiYniM2Pe5bcNo-Wu1oQdEub2ROiwbAlDpbtrhAH0ZkGzQNrwBcHfAE_5WCqKwVq8mtBNggHGRxj6yfQarpFtfLHafqpSm1jHakUCJB33JjJYmdR1XP3d01dQiD9/s320/New+Clothes.jpeg" width="320" /></a></div><p>Non si nomina il passato. È peccato pressoché mortale affermare che dieci anni fa - forse anche cinque - si facessero (non solo, ma anche) cose più belle: già quelle dell’anno scorso non hanno più significato. <br />Solo il nuovo importa, che sia migliore o peggiore non conta. Bisogna andare sempre e solo avanti.<br /><br />Non si dice mai a un cliente che si è data la priorità a un altro cliente, anche se è vero. Anche se la priorità è dettata non da qualche privilegio soggettivo, ma da puri motivi tecnici e pratici. Perché bisogna fingere che ogni cliente sia unico e che noi siamo sempre e solo a sua disposizione: come se fosse un bambino egoista e capriccioso, non una persona adulta che sa bene che nell’organizzazione del suo come dei lavori degli altri è inevitabile porsi delle priorità, avere delle scadenze, dover risolvere rapidamente imprevisti; e possa sentirsi abbandonato, anziché rassicurato, dal fatto che un suo fornitore si comporti esattamente come lui.<br /><br />Non si parla mai di soldi. Non si può mai dire che ad un prezzo minore corrisponde un servizio più scadente. Bisogna inventarsi giri di parole, perigliose arrampicate sugli specchi, per dire che sì, in effetti, il budget è un po’ risicato però faremo il possibile e la qualità non ne risentirà quasi, forse, più o meno… <br />Tanto poi ci sarà sempre il coglione che sforerà le ore previste per non consegnare al cliente una ciofeca, e pazienza se non rientra nei costi, perché c’è una dignità da mantenere in qualunque professione. Perché lo sai che quella cosa l’hai fatta tu e ti dispiace se fa schifo, anche se il cliente non avrebbe diritto ad altro che a quello schifo. Lui sì, forse, ma tu no. E nemmeno chi ne dovrà fruire: loro non se lo meritano.<br /><br />Ma, soprattutto, non si parla del passato. <br />Il passato è l’inutile e l’innominabile, più degli altri clienti, più dei soldi.<br />Perché il passato ci rivela che il re del presente è nudo.<br />E che anche il re del futuro va perdendo consistenza.</p><p></p>Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-74694651593446102012020-11-20T00:36:00.002+01:002021-02-16T11:37:56.414+01:00Les jeux sont faits<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgR_IbEhpWqRkQLyPMPMARTgvemAZCyrusLUH2pWlZA74XcfJZn8yXJRGMjyhqRWLsn6jNAQrvU9rf75oi3ioLqj3ADoysTmvpIQIJympeXxQJS2su31Lfb-FM13znJFHqnVXyV5GWp8zWE/s564/Gamification.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="510" data-original-width="564" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgR_IbEhpWqRkQLyPMPMARTgvemAZCyrusLUH2pWlZA74XcfJZn8yXJRGMjyhqRWLsn6jNAQrvU9rf75oi3ioLqj3ADoysTmvpIQIJympeXxQJS2su31Lfb-FM13znJFHqnVXyV5GWp8zWE/s320/Gamification.jpg" width="320" /></a></div>Sto facendo le bozze a un corso online sulla sicurezza sul lavoro. E ne ho concluso quanto segue. <br /><br />1. Se le stesse cose presentate nel corso con ricco corredo di simpatiche animazioni - che, in teoria, dovrebbero servire a tener desta l'attenzione ma, in
realtà, fanno solo venire voglia di mandare avanti veloce (peccato che
il sistema lo impedisca) - le avessero semplicementre SCRITTE, con i loro bravi titoli, sottotitoli,
qualche elenco puntato e qualche immagine, sarebbero state altrettanto
chiare e molto più veloci da imparare.<br />Senza contare la possibilità, utilizzando un supporto cartaceo, di sottolineare, prendere appunti ecc. <br /><br />2. La sicurezza sul lavoro, in sè una cosa egregia e necessaria, sta raggiungendo livelli di complessità assolutamente surreali: in pratica, chiunque di noi, se applicasse le norme alla lettera, non potrebbe fare il proprio mestiere.<p></p><p>L'impressione che ricavo sia dalla forma in cui è "somministrato" il corso, sia dal suo specifico contenuto, dunque, è la stessa: da anni i mezzi di informazione e di comunicazione ci trattano come se fossimo tutti dei bambini pigri e capricciosi, incapaci di stare attenti per più di due minuti e privi di buon senso: individui da stupire e blandire, da convincere e irretire, piu che soggetti a cui spiegare e con cui dialogare.</p><p>E mi verrebbe da dire - anche alla luce delle cronache recenti - che forse non hanno tutti i torti: perché le folle di negazionisti del covid e di seguaci del felpato di turno certo mettono in dubbio l'intelligenza e la capacità critica di molti. </p><p>Però sarebbe troppo facile e anche autoassolutorio risolverla così: ci sono tanti scemi al mondo ed io, quindi, se voglio insegnare loro qualcosa o obbligarli a rispettare una norma, mi devo adattare al loro livello. <br /><br />Mi chiedo, invece, se, al contrario, questo continuo gioco al ribasso, questa semplificazione estrema dell'apprendimento e dell'informazione, che devono essere sempre proposti come una cosa facile e divertente, non siano una delle cause e non una conseguenza di questa situazione. <br /><br />Questo post è il festival delle subordinate!<br />Ecco, immagino che proprio la sua forma contenga in sè la mia risposta alla domanda di cui sopra; ma nel caso non fosse sufficientemente chiara, posso fare io pure uno sforzo di semplificazione: la gamification, nonostante i suoi nobili intenti, è una ca*ata pazzesca! <br /><br /></p>Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-30465329667640606152020-09-07T23:05:00.003+02:002020-09-08T00:26:02.764+02:00L'instagrammer di Voghera<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOJ1aJkOAOHwINht2Hl51Kevk4ztYuV0fFZFkrLVQcEfAFoLqt6bIgCVJgAcb-C8W4YQgGNVh7JHmcbfppNJcKA3nNkGy5PknUWHSeNFNtPC5V8KmLqcEZymptTcw-CjledxyN5fo_mLNH/s2048/Francisco_Jose%25CC%2581_de_Goya_y_Lucientes_-_The_sleep_of_reason_produces_monsters_%2528No._43%2529%252C_from_Los_Caprichos_-_Google_Art_Project.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1354" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOJ1aJkOAOHwINht2Hl51Kevk4ztYuV0fFZFkrLVQcEfAFoLqt6bIgCVJgAcb-C8W4YQgGNVh7JHmcbfppNJcKA3nNkGy5PknUWHSeNFNtPC5V8KmLqcEZymptTcw-CjledxyN5fo_mLNH/s320/Francisco_Jose%25CC%2581_de_Goya_y_Lucientes_-_The_sleep_of_reason_produces_monsters_%2528No._43%2529%252C_from_Los_Caprichos_-_Google_Art_Project.jpg" /></a></div>Leggo i commenti indignati di chi, giustamente, si scaglia contro l’ignoranza esibita alla manifestazione dei negazionisti: persone che qualcuno chiamerebbe capre, se quel qualcuno non fosse, ahimè, d’accordo con loro…<br />Io mi chiedo, però, da dove venga tutta questa ignoranza e se sia corretto liquidarla semplicemente come tale.<br /><br />Si presume, infatti, che queste persone abbiano assolto l’obbligo scolastico e sappiano leggere e scrivere. Quindi, forse, dietro questa ignoranza c’è una responsabilità della scuola, che ha abdicato da tempo alla sua funzione di formare cittadini e mira piuttosto a formare giovani lavoratori, con qualche sapere tecnico-pratico in più e molte capacità logico-critiche in meno.<br /><br />Si presume che queste persone, sapendo leggere e scrivere e possedendo di certo uno smartphone e un televisore e forse anche un computer, abbiano accesso a varie fonti di informazione. E penso, quindi, all’enorme responsabilità delle testate giornalistiche più importanti, che ospitano pubblicità ingannevoli e clickbaiting sui loro siti; che non verificano le fonti e non correggono le bozze, infarcendo i loro pezzi di errori di forma e contenuto, e rendendoli, di fatto, indistinguibili per un lettore medio da ciò che si trova nei siti di bufale, nati e costruiti per essere tali.<br /><br />Si presume che queste persone abbiano un medico di famiglia, che magari li visita per telefono, li tratta con sufficienza e dà loro risposte evasive, spingendoli, senza rendersene conto, tra le braccia del primo pseudoscienziato che promette loro salute a caro prezzo.<br /><br />Si presume che abbiano avuto a che fare con vari tipi di funzionari pubblici, ottenendo attese infinite, risposte non chiare, una burocrazia farraginosa che, nata per garantire correttezza di procedure e rispetto delle leggi, finisce invece per respingerli ed essere percepita come inutile e ostile. Stessa cosa potrebbe dirsi della politica tradizionale…<br /><br />Quindi, prima di deprecare l’ignoranza altrui, farei un bell’esame di coscienza e mi chiederei: cosa ho fatto per fomentarla? Cosa ho fatto per arginarla?<br />Perché persino io, nel mio piccolo, ogni volta che per disattenzione, fretta, abitudine trasmetto un messaggio trasudante luoghi comuni e stereotipi e contenente scorrettezze di forma o contenuto, contribuisco ad abbassare il livello generale della comunicazione tra individui e a far sì che sempre più persone, le quali fino a qualche anno fa avrebbero avuto strumenti sufficienti per affrontare il mondo, oggi non riescano più a comprendere la differenza tra un giornalista e un imbonitore, un politico e un capopopolo, un medico e un santone.<br /><br />L’ignoranza non è un blocco di granito da scalfire, ma una palude in cui tutti possiamo sprofondare piano piano senza accorgercene anche con una laurea in tasca.<br />Pensiamoci, prima di puntare il dito contro il prossimo e di sentirci tanto al di sopra di quella che un tempo era la proverbiale casalinga di Voghera ed oggi è diventata l’instagrammer di Mondello.<p></p><p>---</p><p>La pandemia mi ispira lo sproloquio. Anche per questo, oltreché per molte e ben più drammatiche ragioni, auguratevi e auguriamoci che finisca! <br /><br /></p>Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-28569476066798462112020-08-18T20:46:00.002+02:002020-09-07T23:14:01.980+02:00L'eroina (no, non quella)<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNmEhAZpQZcWPnh2TWYL6S_dj4MyDmWgmPSYoc_pZ_RvV9m-NtQ55sH1sONgNmvgithxJ0wLwbsbo5NkrsxtKb5F96TLuOWDesGoyeqb_EPbT67LpTDjLwDvB-s5ujDqYGCsnu49FgFq8h/s879/la-storia-infinita-g.900x600.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="879" height="219" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNmEhAZpQZcWPnh2TWYL6S_dj4MyDmWgmPSYoc_pZ_RvV9m-NtQ55sH1sONgNmvgithxJ0wLwbsbo5NkrsxtKb5F96TLuOWDesGoyeqb_EPbT67LpTDjLwDvB-s5ujDqYGCsnu49FgFq8h/w320-h219/la-storia-infinita-g.900x600.jpg" width="320" /></a></div>Leggevo poco fa un racconto di Pavese nel quale (tanto per cambiare) una donna spegne con la sua "carnalità" i desideri metafisici dell'uomo (che poi, nella realtà, spesso accada il contrario potrebbe essere oggetto di lunghe - e polemiche - discussioni). E ho realizzato, con un certo dispiacere, che qualcosa di simile accade anche in Inviti superflui di Buzzati: racconto che amo profondamente e di cui posso citare le prime righe a memoria (è molto probabile che anche qui io le abbia già citate). <p></p><p>Il problema è che, quando lessi il racconto la prima volta (e le successive), non mi sfiorò nemmeno l'idea che, in quanto donna, io avessi motivo di identificarmi con la scostante coprotagonista della storia. Io ero, ovviamente, lo scrittore, che immagina mondi di fiaba oltre i vetri appannati delle case. </p><p>Io ero, fin dai tempi in cui mi si leggevano le favole, l'eroe, non la strega cattiva, né la principessa da salvare. E che l'eroe fosse, nove volte su dieci, un maschio, era una cosa che mi preoccupava molto poco. </p><p>Adesso, che ho un'altra età e un'altra consapevolezza e che anche attorno a me si respira (per fortuna) un'altra aria, questa rappresentazione spesso negativa e quasi sempre stereotipata della donna mi appare in una luce più chiara e molto più fastidiosa. Come mi appaiono fastidiosi i versi di certe canzoni di Tozzi che da bambina cantavo a squarciagola: tu puoi pure camminare, ma non dare per scontato che io ti segua; e se mi abbracci mentre stiro, non è detto che non ti ritrovi una bella scottatura triangolare sulla fronte; e, soprattutto, scoiattolo impaurito lo vai a dire a qualcun altro, echeccavolo! </p><p>Ma anche in quel caso, beninteso, io ero il cantante, non la sua innamorata ingenua, passiva, paziente e magari pure cornuta.</p><p>Ero Bastiano, non l'algida Imperatrice e nemmeno Donna Aiuola, tanto materna da essere inquietante. Ero Frodo, non Arwen (e nemmeno Aragorn: fin troppo figo per i miei standard)...</p><p>Di contro, non sono mai stata Rossella, né Emma, né Anna (a pagina quindici già facevo il tifo per il treno); no, non sono mai stata nemmeno le donne della Austen, perché, pur comprendendo e apprezzando la loro ironia, sensibilità, intelligenza, già da adolescente facevo una dannata fatica a immedesimarmi in una vita fatta quasi solo di balli, mondanità e attesa di un amore decente, figuriamoci ora!</p><p>E quindi?
E quindi sarei curiosa di sapere a quante altre donne è capitato e capita tuttora di riconoscersi nei personaggi maschili dei romanzi e dei racconti (e dei film e dei fumetti e delle canzoni...) e se e come e quanto questo le ha turbate o le turba. E sarei curiosa di sapere a quanti maschi, invece, è capitato di identificarsi in personaggi femminili e se questo ha provocato loro qualche turbamento.</p><p>Immagino che il primo caso sia più frequente del secondo, perché per secoli - e ancora oggi - le parti migliori (più varie, dinamiche, divertenti, avventurose) nei film, nei libri, e pure nella vita, sono riservate agli uomini, mentre ai personaggi femminili tocca spesso il ruolo di spalla. E se/quando le donne sono protagoniste, ancora non riescono del tutto a levarsi di dosso un lungo retaggio di ruoli, reazioni, sentimenti stereotipati, che forse già in passato le rendeva meno amabili e meno adatte all'identificazione, figuriamoci ora! </p><p>Ben vengano, dunque, tutti questi fermenti culturali volti a una rappresentazione più veritiera della vasta gamma del maschile e del femminile e di tutto ciò che sta nel mezzo, anche se sarà una strada dannatamente lunga e faticosa: perché gli stereotipi sono comodi e le distinzioni nette sono ottimi espedienti narrativi, da cui è difficile staccarsi, soprattutto in un tempo in cui si tende a semplificare per vendere.</p><p>Solo due cose temo. Una sta già accadendo: è il revisionismo fatto sull'onda dell'emotività, che preferisce condannare anziché comprendere e storicizzare gli errori del passato. Che io ricordi, Dante non ha detto cose carine su ebrei, musulmani e omosessuali: che facciamo? Contestualizziamo o sostituiamo nei programmi scolastici la Divina Commedia con un moderno romanzetto mediocre ma politicamente corretto?</p><p>La seconda credo potrebbe verificarsi in una fase più avanzata del processo che attualmente è ancora agli inizi: ovvero, quella di arrivare ad avere eroi fatti su misura con cui identificarsi senza alcuno sforzo di immaginazione.</p><p>Provo a spiegarmi meglio: ben vengano protagonisti di libri, film, fumetti di ogni sesso, colore, stazza, orientamento, carattere; ma non vorrei mai che questa infinita varietà portasse le persone ad identificarsi solo con ciò che trovano più simile a sé. Perché anche questa, credo, sarebbe un'enorme sconfitta del potere creativo ed educativo dell'immaginazione, che consiste proprio nel valicare i confini di generi e ruoli per trovare altri modi di rappresentare sé stessi e rapportarsi con il diverso.</p><p>Perché non è detto che pur vedendo rappresentate nei libri e nei film più protagoniste donne grasse e bruttine di mezza età io debba per forza immedesimarmi con loro. Potrei farlo, se, oltre al sesso e all'aspetto fisico, troverò in quel tal personaggio altre affinità. Oppure potrei trovarne di più, che ne so, con un ventenne di colore, pugile di mestiere... E, viceversa! </p><p>Perché lì sta il bello: rappresentare la varietà dovrebbe favorire la libertà di scelta delle singole persone, non ingabbiarle in una nuova, solo un po' più vasta, omologazione. </p>Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-42039986836455193222020-06-10T12:43:00.003+02:002021-02-16T11:38:13.828+01:00Socializzazione e altre storie<div data-contents="true">
<div class="" data-block="true" data-editor="601hq" data-offset-key="dp79d-0-0">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmTaUkpfdnrgf-AMEUzHv5D1fzBDJcwSCt-UPyElqxzg2qYU5rvB8cl2fq92khQcbC5BNr9QYuUZ0hc2rp0fI77lLG_B5EMrYQ8fCkkjntERNRXiu8BpVAEvk0qTJLLvPINTlBxfhwPPkQ/s1600/marco_cavallo.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmTaUkpfdnrgf-AMEUzHv5D1fzBDJcwSCt-UPyElqxzg2qYU5rvB8cl2fq92khQcbC5BNr9QYuUZ0hc2rp0fI77lLG_B5EMrYQ8fCkkjntERNRXiu8BpVAEvk0qTJLLvPINTlBxfhwPPkQ/s320/marco_cavallo.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="dp79d-0-0">
<span data-offset-key="dp79d-0-0"><span data-text="true">Sono viva. Non sto tanto bene, ma sono viva. Riattivo questo blog solo perché ho 'sta cosa che mi preme dentro e se la pubblico altrove mi inimico metà dei miei contatti, ma se non la scrivo da qualche parte non me ne libererò mai più.</span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="dp79d-0-0">
<span data-offset-key="dp79d-0-0"><span data-text="true">Quindi pazientate.</span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="dp79d-0-0">
<span data-offset-key="dp79d-0-0"><span data-text="true">Poi me ne tornerò buona buona in un angolo.</span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="dp79d-0-0">
<span data-offset-key="dp79d-0-0"><span data-text="true">Pronti? Via!</span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="dp79d-0-0">
<span data-offset-key="dp79d-0-0"><span data-text="true">*** </span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="dp79d-0-0">
</div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="dp79d-0-0">
</div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="dp79d-0-0">
<span data-offset-key="dp79d-0-0"><span data-text="true">Durante il lockdown ho scoperto con estremo piacere il podcast con le registrazioni delle lezioni di Alessandro Barbero.</span></span></div>
</div>
<div class="" data-block="true" data-editor="601hq" data-offset-key="9mdqq-0-0">
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="9mdqq-0-0">
<span data-offset-key="9mdqq-0-0"><span data-text="true">Avendo la memoria di un criceto, non è che adesso io mi ricordi la vita di Costantino o la battaglia di Caporetto, però una cosa mi è più chiara di prima: oltre che di conoscenze scientifiche, noi, in generale, manchiamo anche di prospettiva storica.</span></span></div>
</div>
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<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="bq1e7-0-0">
</div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="bq1e7-0-0">
<span data-offset-key="bq1e7-0-0"><span data-text="true">Quindi, non solo mi incazzo quando leggo i dati apparentemente contraddittori circa le ultime ricerche sul Covid, che sembra dicano tutto e il contrario di tutto, alimentando il complottismo, e invece, come mi è stato fatto notare giustamente da un amico scienziato, sono semplicemente studi parziali, che illuminano solo una fetta di verità; ma ho cominciato a incazzarmi anche quando qualcuno parla di necessità di tornare alla normalità.</span></span></div>
</div>
<div class="" data-block="true" data-editor="601hq" data-offset-key="9v5e6-0-0">
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="9v5e6-0-0">
</div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="9v5e6-0-0">
<span data-offset-key="9v5e6-0-0"><span data-text="true">Che cos'è la normalità?</span></span></div>
</div>
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<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="dldaa-0-0">
<span data-offset-key="dldaa-0-0"><span data-text="true">Gli aperitivi, i viaggi, i centri estivi, le vacanze...</span></span></div>
</div>
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<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="9cjmv-0-0">
<span data-offset-key="9cjmv-0-0"><span data-text="true">Tutto giusto, tutto bellissimo.</span></span></div>
</div>
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<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="26cfe-0-0">
<span data-offset-key="26cfe-0-0"><span data-text="true">Ma anche la normalità è relativa nel tempo e nello spazio.</span></span></div>
</div>
<div class="" data-block="true" data-editor="601hq" data-offset-key="co2oe-0-0">
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="co2oe-0-0">
<span data-offset-key="co2oe-0-0"><span data-text="true">Quello che per noi oggi è normale non lo era per i nostri nonni. Quello che per noi qui è normale non lo è per chi vive in molti altri posti del mondo. Ciò che per noi qui e ora è normale non lo è per molte persone che per molte ragioni (malattie, disabilità, fragilità psicologiche e sociali) hanno sempre fatto e continueranno a fare una vita ben diversa dalla nostra.</span></span></div>
</div>
<div class="" data-block="true" data-editor="601hq" data-offset-key="8i0ca-0-0">
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="8i0ca-0-0">
</div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="8i0ca-0-0">
<span data-offset-key="8i0ca-0-0"><span data-text="true">Quindi attenzione quando invocate la "normalità" per voi e, soprattutto, per i vostri bambini. </span></span></div>
</div>
<div class="" data-block="true" data-editor="601hq" data-offset-key="3s9mb-0-0">
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="3s9mb-0-0">
<span data-offset-key="3s9mb-0-0"><span data-text="true">Perché la normalità è quella che voi/noi abbiamo costruito attorno a loro credendo, in base alle nostre attuali conoscenze, che fosse la cosa migliore. </span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="3s9mb-0-0">
<span data-offset-key="3s9mb-0-0"><span data-text="true">E magari tra qualche decennio scopriremo che anche la "socializzazione", di cui i poveri pargoli sono stati brutalmente privati dalla pandemia, provocando loro danni incalcolabili, in realtà, è un mito. </span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="3s9mb-0-0">
<span data-offset-key="3s9mb-0-0"><span data-text="true">E scopriremo che chi alle elementari ha studiato quattro lingue, fatto dieci sport e frequentato centinaia di altri bambini ogni giorno non è diventato più intelligente, ma si trova a vent'anni già stanco, incapace di imparare cose nuove e desideroso di ritirarsi per il resto della vita in un eremo nel mezzo di un bosco.</span></span></div>
</div>
<div class="" data-block="true" data-editor="601hq" data-offset-key="445mo-0-0">
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="445mo-0-0">
<span data-offset-key="445mo-0-0"><span data-text="true">O magari no. </span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="445mo-0-0">
<span data-offset-key="445mo-0-0"><span data-text="true">Ma visto che oggi non possiamo saperlo, piantiamola di confondere le cose necessarie per loro con quelle che fanno più comodo a noi e allo stile di vita tipico della società occidentale di questo decennio. E di pretendere che tutto possa tornare in fretta "normale" dopo la morte di 33 mila persone.</span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="3poai-0-0">
<span data-offset-key="3poai-0-0"><span data-text="true">Amen. </span></span></div>
</div>
<div class="" data-block="true" data-editor="601hq" data-offset-key="b3mar-0-0">
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="b3mar-0-0">
<span data-offset-key="b3mar-0-0"><br data-text="true" /></span></div>
</div>
</div>
Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-75057994600310643632016-08-24T23:44:00.000+02:002016-08-24T23:56:35.353+02:00Quam minimum credula postero<div data-contents="true">
<div class="" data-block="true" data-editor="eptcj" data-offset-key="59ihu-0-0">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEib3oSVE3T2mvok-uhQ6b6qRT3vCD0JQ104YbMRyl-2mOSU2vrhyphenhyphenQO1NERrl1dnLe2Pu12WmOeDB-MyInD9_75NRR6zFt1s8bVs9NvonchilvUUJKXDOWhX6WBUt_VXEs8_xjonl7bW21HX/s1600/old-ruined-house-roman-rodionov.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEib3oSVE3T2mvok-uhQ6b6qRT3vCD0JQ104YbMRyl-2mOSU2vrhyphenhyphenQO1NERrl1dnLe2Pu12WmOeDB-MyInD9_75NRR6zFt1s8bVs9NvonchilvUUJKXDOWhX6WBUt_VXEs8_xjonl7bW21HX/s320/old-ruined-house-roman-rodionov.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="cnk8m-0-0">
<span data-offset-key="cnk8m-0-0"><span data-text="true">Nel mio caso non è spensieratezza: semmai il suo esatto contrario.</span></span></div>
</div>
<div class="" data-block="true" data-editor="eptcj" data-offset-key="2u5p2-0-0">
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="2u5p2-0-0">
<span data-offset-key="2u5p2-0-0"><span data-text="true">E' quando ti fai la doccia alle due di notte anche se vorresti solo buttarti sul letto perché pensi che magari domani qualcuno dei tuoi starà male e non avrai tempo, e ti toccherà andare in giro coi capelli sporchi: cosa che ti fa sentire ancor più a disagio di quanto tu già normalmente non ti senta.</span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="2u5p2-0-0">
<span data-offset-key="2u5p2-0-0"><span data-text="true">E' quando ricarichi il telefono anche se ancora ha due tacche anziché una, perché se dovesse servirti per un'emergenza e ce l'avessi scarico ti sentiresti maledettamente in colpa.</span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="2u5p2-0-0">
<span data-offset-key="2u5p2-0-0"><span data-text="true">E' quando nemmeno ci provi a prenotare una vacanza per la paura di doverla mandare a monte all'ultimo momento per qualche guaio familiare - che non è una remota eventualità ma una quasi ovvia certezza: perché qui si vive in trincea nel corso di una tregua armata - sapendo che in quel caso la rabbia e la delusione sarebbero più devastanti del presunto svago.</span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="2u5p2-0-0">
<span data-offset-key="2u5p2-0-0"><span data-text="true">E'
quando ti mandi i lavori più urgenti alla mail di casa, che non è detto
che il giorno dopo tu riesca ad andare in ufficio e, nel caso, puoi
riuscire a combinare comunque qualcosa e a limitare i danni.</span></span><br />
<span data-offset-key="2u5p2-0-0"><span data-text="true">E' quando arrivi a pensare che grazie al cielo non hai né un figlio né un marito a cui imporre senza volere la sofferenza di una qualche malattia per la quale sarebbero costretti ad assisterti per amore o per dovere... o per un'inscindibile mescolanza tra i due, divenuti ormai indistinguibili l'uno dall'altro, ed entrambi svuotati di senso.</span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="2u5p2-0-0">
<span data-offset-key="2u5p2-0-0"><span data-text="true"> </span></span><span data-offset-key="2u5p2-0-0"><span data-text="true">E' allora che smetti di cogliere l'attimo e sai che, in realtà, è lui a cogliere te, come vuole e quando gli pare, e, di solito, con inopportuna malagrazia.</span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="2u5p2-0-0">
<span data-offset-key="2u5p2-0-0"><span data-text="true">E anche Orazio lo sapeva. Il motto che da tempo viene usato in contesti motivazionali per spingere le persone a prendere in mano la propria vita, in realtà, cala come un epitaffio al termine di una poesia in cui si parla di futuro incerto e inverni impietosi; e che invita a confidare di più in un bicchiere di vino che nei propri progetti.</span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="2u5p2-0-0">
<span data-offset-key="2u5p2-0-0"><span data-text="true">Disgraziatamente io sono pure astemia...</span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="2u5p2-0-0">
<span data-offset-key="2u5p2-0-0"><span data-text="true"><br /></span></span></div>
</div>
</div>
Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-44264802220577170632016-03-08T12:17:00.002+01:002016-03-08T19:26:36.139+01:00Lotto marzo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-wAqzYyUE4DxNiR08b65fgn75eLuoNU-QbCJA59OFrynA64p-tuwepM18GPVr7OQvhk_TWJ99UUz3SQMJZ1eiNIj2_Lq2v1jrWnrFynrI3kMW3h2q1G3B3GCKS8rwYxQnP7y1Hclf6M1c/s1600/Rosie-the-Riveter.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-wAqzYyUE4DxNiR08b65fgn75eLuoNU-QbCJA59OFrynA64p-tuwepM18GPVr7OQvhk_TWJ99UUz3SQMJZ1eiNIj2_Lq2v1jrWnrFynrI3kMW3h2q1G3B3GCKS8rwYxQnP7y1Hclf6M1c/s320/Rosie-the-Riveter.jpg" width="247" /></a></div>
A volte nei venti minuti che mi portano al lavoro succedono molte cose, piccole, ma dannatamente significative, che raccontano meglio di un approfondimento serale su qualche canale tv il mondo in cui viviamo.<br />
Oggi, ad esempio, ho perso l'autobus. E questa non è una novità. Mentre arrancavo imbacuccata e rassegnata per prenderne un'altro la cui fermata dista qualche centinaio di metri in più da casa mia, vedo un'anziana coppia di coniugi attraversare traballando la strada.<br />
Apro una parentesi: qualcuno mi spiega per quale motivo la maggior parte dei vecchi attraversano le strade di sbieco, guardando sistematicamente dalla parte sbagliata e percorrendo più spazio e impiegando più tempo per mettersi al sicuro sul marciapiede opposto?<br />
Comunque, dicevo, li guardo con un misto di tenerezza e apprensione finché non raggiungono l'altro lato della strada, ma non faccio in tempo a sospirare di sollievo che vedo con la coda dell'occhio - ormai li ho quasi superati, camminando al mio solito passo da bersagliera per evitare di perdere anche l'altro autobus - che l'uomo fa dietro front, ritorna in strada e, proprio sulla linea di mezzeria, si china pericolosamente a raccogliere qualcosa. Capisco che è un rametto di mimosa, caduto probabilmente alla signora mentre si reggeva al suo braccio nel periglioso attraversamento.<br />
Il recupero ha qualcosa di eroico e cavalleresco e mi vengono in mente scene da film o da romanzo: dame che gettano candidi fazzolettini dalle torri per farli raccogliere dagli amati in calzamaglia e cappello piumato.<br />
Quando vedo una macchina avvicinarsi al vecchietto piegato in due in mezzo alla strada tremo; ma per fortuna la macchina si ferma. Non solo: il finestrino si abbassa e ne escono la faccia e la mano di un giovane, armato di smarphone che dice al vecchietto, il quale si sta lentamente rialzando dalla scomoda posizione: "No, no, aspetti che le faccio una foto!"<br />
Allibisco. Anche il vecchietto è così spiazzato da obbedire: posa il rametto di mimosa a terra e compie di nuovo il gesto di raccoglierlo, col giovane che si premura di improvvisarsi regista e dargli indicazioni sulla posizione migliore per l'inquadratura.<br />
Non ho tempo per assistere al finale della scena, ma spero di cuore che tutti gli involontari protagonisti ne siano usciti illesi. E mentre riprendo a macinare a testa bassa e sciarpa sul naso la distanza che mi separa dalla sospirata fermata del bus, penso che non so se vorrei insultarlo o abbracciarlo l'autista-fotografo. Certo lo insulterei perché di fatto ha messo a rischio l'anziano signore, bloccandolo in mezzo alla strada e facendolo chinare di nuovo - il colpo della strega è dietro l'angolo! - solo per una foto, che, oltretutto, è un falso, perché pretende di immortalare un gesto già passato. D'altra parte lo capisco, perché anch'io sono rimasta colpita dalla scena tenera e gentile, tanto da provare a raccontarla. E anche il mio racconto, in qualche modo, è un falso: perché tutto s'è svolto in una manciata di secondi, io l'ho visto camminando in fretta e, per quanto abbia cercato di riportarlo fedelmente, qualcosa per forza m'è sfuggito e l'ho ricostruito a senso. E a scriverlo come a leggerlo occorre più tempo che a vederlo e si perde molto dell'immediatezza e dello stupore del momento; ma tant'è: mi sembrava giusto provarci.<br />
Alla fine quel benedetto autobus l'ho preso, compiendo anch'io un periglioso attraversamento di strada a filo di macchine, mentre l'enorme bestia rossa era già prossima alla fermata.<br />
Non ho fatto in tempo a sedermi e a sfoderare l'immancabile libro, compagno indispensabile alla mia sopravvivenza sui mezzi pubblici, che ho assistito a un altro paio di piccole perle di umanità.<br />
Una donna di colore ha aiutato una giovane e magrissima mamma dagli occhi a mandorla a caricare sull'autobus il passeggino col suo bimbo. Poco dopo, quando già le porte stavano per chiudersi, è etrata una signora con un mazzo di fiori - rose e mimose mi pare di ricordare - che, dopo essersi seduta nel primo posto libero, s'è subito alzata per lasciar posto a una elegante ottantenne che sfoggiava una sfavillante e candida permanente.<br />
Vedere donne di varie razze e varie età che si aiutano così, semplicemente e spontaneamente, senza stare a guardare le differenze, ma solo perché è la cosa giusta da fare, proprio l'8 marzo è indubbiamente una cosa che rincuora.<br />
Poi arrivo in ufficio, mi collego ai vari social che uso "anche" per lavoro e pubblico i miei personali controauguri per la festa della donna. Il succo del messagio era questo: è inutile parlare di emancipazione femminile finché anche gli uomini non impareranno ad emanciparsi dal ruolo di potere e privilegio nel quale si crogiolano da millenni. E' durissima, lo so, ma molti potrebbero scoprire di sentirsi più liberi e felici una volta usciti dagli stereotipi. O forse no?<br />
Infatti, appena pubblicata questa cosa su Twitter, un perfetto sconosciuto, che aveva cominciato a seguirmi qualche giorno fa, si è immediatamente cancellato dai miei follower. E l'entusiasmo collezionato nel tempo di una passeggiata e di un viaggio in autobus è mestamente tramontato.<br />
Auguri, eh! <br />
<br />
<br />Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-72144723219595330462015-12-08T23:58:00.000+01:002015-12-08T23:58:14.073+01:00Grovigli<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvTOhHBdU__Pd6gMInUALshy-ygcJIBi-UKHGAuZzGDGeuhg0E6akGKflHIJjoFd9a8AMx48_Z1hy3VrXgHtOhRzbTkhNhDQ9Ztmx2PaBmHzNxB5snTPNHP0WlxtpZNzBAUtMfZZSlfwCH/s1600/LuciGomitolo.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="199" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvTOhHBdU__Pd6gMInUALshy-ygcJIBi-UKHGAuZzGDGeuhg0E6akGKflHIJjoFd9a8AMx48_Z1hy3VrXgHtOhRzbTkhNhDQ9Ztmx2PaBmHzNxB5snTPNHP0WlxtpZNzBAUtMfZZSlfwCH/s320/LuciGomitolo.jpg" width="320" /></a></div>
E' l'Immacolata e fare il presepe è praticamente inevitabile, anche se l'umore non è dei migliori e la mia dotazione di speranza gioca da tempo una serrata partita a carte con le preoccupazioni, che, ultimamente, calano carichi pesanti sul tavolo. Comunque sia, ho fissato la base di legno sulla cassapanca, l'albero sull'asse, e posizionato a grandi linee la carta verde-marrone stropicciata e le casette.<br />
Adesso me ne sto, piantata davanti a quello che è, di fatto, un piccolo mondo in costruzione, con in mano un lungo filo di lucine, ovviamente aggrovigliato. Le lucine sono accese, perché non c'è niente di peggio che scoprire che non funzionano una volta finito di districarle, e perché così è un po' più facile distribuirle tra albero e presepe cercando di non lasciare buchi d'ombra troppo estesi.<br />
Le lucine mi brillano tiepide nelle mani, spuntando in ogni direzione dal grosso filo scuro e ritorto. Se le guardo troppo a lungo e chiudo gli occhi, me le ritrovo identiche e persistenti dietro le palpepre.<br />
Questa è la parte del lavoro che detesto di più. Perciò mi fermo sempre un momento a valutare attentamente la faccenda prima di cominciare; perché capite bene che mettersi a imprecare come un camionista mentre si fa il presepe è assai poco raccomandabile...<br />
Quindi prendo un bel respiro, mi accoscio di nuovo di fronte al costruendo paesaggio e mi accingo a districare la matassa. E ogni volta che il filo sfida le leggi della fisica, producendosi in nodi impossibili, o una lucina non ne vuol sapere di starsene buona a illuminare una casetta, ma s'infila sotto una zolla di muschio, o mi ritrovo un lumino blu, anziché giallo o rosso, là dove intendevo piazzare un fuoco per gli sventurati pastori, per non dir parolacce penso.<br />
Penso che sto maneggiando luce. E che quel groviglio di lampadine di cui è difficile trovare un senso, potrebbe essere un modo come un altro di immaginarsi l'anima: punti di bene luminoso che spuntano dopo lunghi tratti di buio-male o buio-sofferenza, strettamente interconnessi gli uni agli altri, incomprensibili e inestricabili; ma è solo con questo intrico che, con infinita pazienza, si può provare ad illuminare quel mondo in miniatura che è la nostra stessa vita.<br />
Buone feste!Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-27567529077818489002015-10-27T11:47:00.001+01:002015-10-27T11:47:41.333+01:00Nani, giganti e... farfalle<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijYrmtw278WdapwkH_c0YbyM45IFujJe8t_m14YqfJ0ssJpG-w7lU6l8L5yr2Lyk4R4Y1RmjQHvycmu4uLmZAyvGmXwhkLxuWZJ1nhx26WYzN0NIosYys6GijmsS9lDn0jEahyz6WlR__z/s1600/MelottiCalvino.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijYrmtw278WdapwkH_c0YbyM45IFujJe8t_m14YqfJ0ssJpG-w7lU6l8L5yr2Lyk4R4Y1RmjQHvycmu4uLmZAyvGmXwhkLxuWZJ1nhx26WYzN0NIosYys6GijmsS9lDn0jEahyz6WlR__z/s320/MelottiCalvino.jpg" width="268" /></a></div>
Avete mai provato la sensazione, di fronte ad un testo o a un'opera d'arte, di essere presi e trafitti con uno spillo come le proverbiali farfalle da collezione?<br />
Non saprei come altro spiegare la sensazione di stupore quasi doloroso che ho provato leggendo questo pezzo di Calvino, che parla delle opere di Melotti (e non solo di quelle, evidentemente...).<br />
E il titolo di una delle opere dell'artista a cui lo scrittore si riferiva - cercata sul web per curiosità - mi ha definitivamente inchiodato.<br />
Questo sanno fare i grandi.<br />
Questo non saprò mai fare io; ma grazie a loro sopravvivere è un po' meno faticoso.<br />
E mi basta. Spero.<br />
<br />
Saluti latitanti, ma, credetemi, è meglio così! Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-17631081072585091972015-06-24T19:31:00.002+02:002015-06-24T19:32:26.509+02:00Scatoloni<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghH9CsLmiortSTnIlfsO30ZBSszMYS2zsrQnOOq4yVRej1SDfvLUIq66fE1kpgNBpqrk_x48rTEcpTdKzQ3GaZ9Zs__FHYVhLQ2J0nHu1ACWmwkFmnGBx8z7HV6JWtPacuCXlTC3eQnzTn/s1600/P6213147.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghH9CsLmiortSTnIlfsO30ZBSszMYS2zsrQnOOq4yVRej1SDfvLUIq66fE1kpgNBpqrk_x48rTEcpTdKzQ3GaZ9Zs__FHYVhLQ2J0nHu1ACWmwkFmnGBx8z7HV6JWtPacuCXlTC3eQnzTn/s320/P6213147.JPG" width="226" /></a></div>
22. Sempre stata una frana con i numeri: li dimentico, li inverto, non so maneggiarli se non scrivendoli o aiutandomi con le dita come e peggio dei bambini. Però con il 22 ho un paio di conti in sospeso.<br />
22 sono gli anni che avevo nel 2000 e, per una curiosa coincidenza - se così vogliamo chiamarla - 22 erano gli anni che, da piccola, avevo appioppato, chissà perché, al mio migliore amico immaginario, il quale a quell'età, secondo la mia fervida fantasia, era già laureato, lavorava in un museo e, occasionalmente, insegnava pure: beata innocenza!<br />
22, infine, sono le estati passate in campagna nella casa gialla di cui anche qui più volte vi ho parlato.<br />
E 22 resteranno, visto che ora sul cancello compare la scritta "vendesi", bianca su sfondo rosso, come neve sulla carne viva dei miei più cari ricordi.<br />
Molte persone sono già venute a vederla: vicini di casa in processione con tutta la famiglia, parmigiani in fuga dalla città per la gioia del loro cane, persino un'aspirante artista in cerca di uno studio suggestivo, il quale, ovviamente, ha puntato subito il balconcino di sassi d'angolo, con la sua scala sbilenca e l'edera, che fa tanto Romeo & Giulietta.<br />
Grazie al cielo, finora, non ne ho incontrato quasi nessuno. Quel che vi ho appena descritto, infatti, proviene dai resoconti di mia madre che, al contrario di me, è brava a raccontare a voce qualunque cosa - da un film alla tormentata telefonata con qualche amica in cerca di consigli - con una precisione e una vividezza davvero notevoli.<br />
Grazie al cielo, dicevo, perché davvero non avrei saputo come comportarmi.<br />
Buonsenso vorrebbe che io accompagnassi in giro per le stanze i potenziali acquirenti a mo' di guida turistica, magnificandone con un sorriso a 30 denti (+ un ponte!) le caratteristiche, utilizzando il pacchetto standard di aggettivi che ci si aspetta in queste occasioni: ampio, abitabile, accogliente, funzionale. E forse ci riuscirei anche (ci sono quasi riuscita una volta); ma quel che vorrei davvero dire a chi abiterà la mia casa dopo di me - perché è giusto che le case siano abitate - sarebbe qualcosa del tipo: guardatevi intorno e pensate quel che volete di queste quattro mura, ma sappiate che qui dentro ci sono 22 estati della mia vita più qualche rara ma memorabile giornata d'inverno; che avevo 14 anni la prima volta che ho messo piede in questo cortile, e ricordo ancora la canzone che suonava nel mio walkman, perché diceva "E i giardini con le rose come sognavamo noi": la presi come una profezia, alla quale mi sono aggrappata per 22 anni. Poi basta.<br />
Vorrei dire che tra questi tavoli e queste poltrone sono passata dai compiti per le vacanze agli esami d'università; che, per quanto vi parrà incredibile, sono persino riuscita a incastrare un computer con lo schermo enorme e una stampante in quel loculo colorato che ho chiamato per 22 anni la mia camera, e ci ho scritto alcuni capitoli della mia tesi; che oltre le creste magnificamente incastrate di questa valle ho visto, letteralmente, sorgere l'alba del nuovo millennio in compagnia di un manipolo di amici che ora si sono dispersi, ma non per questo mi sono meno cari. Ed ero qui anche l'anno dopo, mentre crollavano le Torri Gemelle. E, anche se immagino non vi importi, è in questo cortile che ho parcheggiato per la prima volta la mia prima automobile. Pioveva, ovviamente, ma non ha importanza: non avete idea di quanto si delizioso il rumore della pioggia sui coppi; e quanto sia bella la luna che ti entra in camera dall'alto nelle notti serene.<br />
Ci ho festeggiato anche un paio di compleanni quassù, in primvera, con i residui di una nevicata tardiva aggrappati ai versanti in ombra; e, in autunno, ho imparato a mie spese (e a quelle dei miei sventurati ospiti) che le caldarroste stentano a cuocere sul barbecue.<br />
Nella terrazza oltre il portico ho passato innumerevoli 10 d'agosto a farmi venire il torcicollo contando stelle cadenti, storpiando i versi del Pascoli ed esprimendo desideri irrealizzabili.<br />
E ho cantato tanto, sia assieme alle amiche dotate di chitarra (benedette loro!) sia in solitaria, con o senza lo stereo di sottofondo, facendo le pulizie, asciugandomi i capelli al sole - la sedia precariamente piantata nel ghiaino e una vecchia copia di Topolino aperta sulle ginocchia. Il fatto che tra i vicini di casa io per anni abbia avuto un cantante d'opera e due insegnanti di conservatorio non bastava a scoraggiarmi. Ora non canto quasi più nemmeno sotto la doccia.<br />
Ci ho preso il sole e la grandine. Ho acceso il camino e la stufa anche in pieno agosto - termosifoni nemmeno a parlarne nella casetta delle vacanze - imparando a riconoscere addosso a me e agli altri l'esatto odore che lascia un buon fuoco di legna sugli abiti (biancheria compresa) e sui capelli.<br />
E' grazie a questa casa che so esattamente che sapore hanno i pomodori mangiati appena colti, ancora tiepidi di sole e che ho imparato a impastellare e friggere larghe foglie di salvia e fiori di zucchina.<br />
Ok, è grazie (o a causa) a questa casa che ho scoperto che le mamme scorpione trasportano sul dorso i loro figlioletti appena nati: una visione tenera e raccapricciante insieme, difficile da dimenticare; e ho scoperto quando possono diventare grossi e corpulenti i ragnacci di cantina; ma mi è anche capitato di ritrovarmi un pavone in cortile, che ci guardava assiso su un mucchio di ghiaia con aria supponente. Un'altra volta è toccato a un coniglio color nocciola comparire all'improvviso, sgranocchiare con discrezione un paio di foglie di lattuga e poi andarsene senza ringraziare, per non dire delle innumerevoli generazioni di gatti più o meno domestici, semistanziali o di passaggio, tra cui l'indimenticabile Milk: un incrocio di siamese biondo dagli occhi blu, bello come un divo del cinema e altrettanto espressivo e capriccioso.<br />
Da qui sono partita le poche volte che gli amici sono riusciti a trascinarmi in discoteca; da qui sono partita per un paio di epici concerti, da uno dei quali sono tornata alle sei di mattina...<br />
In questa casa ho avuto il permesso di dipingere su muri, cuscini e copricamini e ho passato ore a disegnare, a leggere e ad annoiarmi; ma anche a cimentarmi in ogni sorta di lavoro faticoso e sporchevole. E ancora non ho finito: ora è tempo di guardarsi attorno, svuotare cassetti e riempire scatoloni. Decidere cosa salvare e cosa abbandonare ad un incerto destino.<br />
E contando che quasi tutto quello che c'è in questa casa è arrivato qui da altre case e da altri traslochi (le precedenti abitazioni che affittavamo in campagna, gli appartamenti dei nonni e delle prozie svuotati dopo la loro dipartita), quasi ogni pezzo - già scampato ad altre dolorose selezioni - è già di per sè un distillato di storie e di ricordi: i quadri di mamma e dello zio, la credenza e il tavolo della nonna, le ciotoline acquistate dai miei da giovani, i miei quaderni delle elementari e persino la ricevuta del pagamento della quota d'iscrizione alla prima settimana teologica di Camaldoli del 2003, spuntata a sorpresa da un album da disegno.<br />
Questo e molto altro ci sarebbe da raccontare a chi si prenderà la mia casa. Perché ogni casa è un mondo, e nessun mondo può essere descritto da un rogito e da una manciata di planimetrie, nè tantomeno essere rinchiuso in una decina di scatoloni sigillati con un groppo in gola.<br />
Per fortuna ho ancora sufficiente buonsenso per non dire tutte queste cose ai potenziali acquirenti; ma, evidentemente, non non ne ho abbastanza per evitare di scriverne qui.<br />
Forse perché le parole, dopotutto, sono molto più capienti degli scatoloni.<br />
<br />Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-72536292923625417362015-05-27T17:35:00.000+02:002015-05-27T17:47:34.326+02:00Le lampade dello scrittore<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsBI1ajz2rLJQBuw8X67Ffc1ImS7sPjwD2hzUqYJ01P2Jvg8FFnF6iP2HZJWSboOscAfJMtNLkLGUMY9x6Ucr4I-1CAN06kylHRjWPySiTRwn3YdPl55sAFeJQzMFZ4JxkUKpVLSbPN96m/s1600/P5203124.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsBI1ajz2rLJQBuw8X67Ffc1ImS7sPjwD2hzUqYJ01P2Jvg8FFnF6iP2HZJWSboOscAfJMtNLkLGUMY9x6Ucr4I-1CAN06kylHRjWPySiTRwn3YdPl55sAFeJQzMFZ4JxkUKpVLSbPN96m/s200/P5203124.JPG" width="150" /></a></div>
Con i suoi tavoli massicci e le larghe sedie in legno chiaro, il perlinato a mezza parete, le vecchie stampe e gli specchi dietro il bancone deserto, il vecchio bar ha un'aria indecisa tra la birreria tedesca, l'osteria emiliana e il circolo di paese. E' chiuso solo dallo scorso autunno, ma, non fosse per il calendario del 2014 alla parete e la foto di Papa Francesco, potrebbe essere benissimo un cimelio degli anni '50-'60 nel quale io e il mio capo entriamo con circospezione, seguendo un nostro cliente, che ha acquisito la licenza per riaprirlo a breve, e un altro signore che non ho ben capito che ci stia a fare: un architetto? un giornalista? un esperto di storia locale? Comunque sia si guarda attorno con aria degna di un Vittorio Sgarbi particolarmente maldisposto, additando muri da ridipingere e discutendo del potenziale colore di cuscini e tovaglie; ma il suo palese disgusto, che trova concordi anche gli altri due uomini, riguarda soprattutto le lampade che pendono dalle travi del salone principale ai lati di un grosso mastello di legno appeso proprio al centro.<br />
Evito di dirlo ad alta voce, però quelle lampade sono la prima cosa che ho notato entrando e a me piacciono molto. Sono un po' grevi e non c'entrano nulla con il resto dell'arredo, d'accordo, ma sono clamorosamente liberty e sia il vaso in ceramica sia i tiranti in metallo sono uno diverso dall'altro, decorati a fiori e frutti su un fondo che varia dal verde salvia al petrolio.<br />
Capitemi, fanno troppo D'Annunzio e Gozzano per non piacermi: sembrano uscite dal salotto di nonna Speranza, nate per illuminare pappagalli impagliati e campane di vetro. <br />
Non so dire se siano davvero un cimelio della Belle Epoque o siano stati rifatti in stile chissà quando da qualche artigiano per assecondare i gusti di qualcuno dei precedenti gestori o forse, addirittura, del primo proprietario, che era un famoso scrittore il quale tentò, con scarsa fortuna, di mettersi a fare anche l'oste in un paese perso nelle bassure del Parmense, a pochi chilometri da dove era nato.<br />
Le mura del bar sono ancora dei figli, custodi gelosi della memoria del padre, tanto che l'oste teme possano mettergli i bastoni tra le ruote nel caso voglia fare cambiamenti radicali: spera di attirare i giovani eliminando un po' di vecchiume. Da una parte glielo auguro, e me lo auguro: dato che, essendo un nostro cliente, se gli affari gli vanno bene è prevedibile avrà più bisogno di noi; dall'altra, non posso non pensare che l'unica cosa che può attirare qualcuno in questo piccolo baretto perduto è proprio il fascino della memoria: non quella immobile dei cimeli che prendono polvere o dei monumenti, ma quella dei luoghi che, per chissà quale miracolo, si conservano appena in disparte dallo scorrere del tempo.<br />
Questo posto è bellissimo proprio perché inattuale: è un'osteria da briscole e vino nero in quartini di vetro spesso, o addirittura in scodelle, non da spritz ed happy hour; e piacerà, credo, solo a chi saprà capirlo.<br />
E non basterà aggiungere tovaglie e cuscini e mettere asettici neon al posto delle infelici lampade liberty per ridargli vita. Perché il suo spirito risplende anche in quelle lampade.<br />
E se anche nessuno dopo di noi, che per caso abbiamo fatto in tempo a vederle, saprà che c'erano, ne sentirà, in qualche modo, la mancanza.<br />
Mentre continuiamo a esplorare le stanze facendo progetti per il futuro, un uccellino entrato dal tubo della stufa ci svolazza disperato sulla testa per poi abbattersi per l'ennesima volta sulle grandi vetrate in cerca di una via di fuga. Quando finisce a zampe all'aria su una panca, poco lontano da un suo compagno già stecchito, l'oste lo acchiappa e lo libera in cortile: chissà se sopravvivrà alla brutta esperienza.<br />
Esco anch'io in cortile, calpestando lastroni di cemento sconnessi tra i quali cresce un'erba umida e grassa di primavera. Faccio il giro della casa in cerca delle rose che s'affacciavano prepotenti dalle finestre dentro il locale in penombra. Le trovo a far compagnia a una siepe fiorita di ligustro: insieme fanno l'aria dolcissima. E penso che l'anima di questo luogo somiglia un poco a quell'uccellino confuso, fragile e ferito: c'è il rischio concreto che muoia e a nessuno pare che importi; ma io l'ho vista e non la potrò dimenticare: è fatta di nebbia e uomini intabarrati dai lunghi baffi neri che imprecano forte in dialetto, di preti dalle grosse scarpe infangate e sindaci con il fazzoletto rosso; ma, soprattutto, è fatta di parole: quelle con cui lo scrittore famoso ha descritto questi luoghi e che da questi luoghi vengono e ritornano e trovano casa, se c'è qualcuno disposto ad ascoltarle.<br />
Comunque sia, una di quelle strane lampade io me la sarei portata volentieri a casa, così, giusto per salvarla dall'imminente naufragio. Le avrei trovato un angolino tra un mobile Ikea e uno ereditato dalle prozie, tra un vaso del Mercatone e una sedia imbottita della nonna: non sarebbe stata l'unica cosa incongrua e spaiata nel mio economico arredamento per metà fai da te e per metà di recupero; e, forse, non ci sarebbe stata neppure male, il che, come direbbe il suo probabile primo proprietario "è bello e istruttivo".<br />
Saluti vintage! Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-68388244259764571472015-05-13T14:58:00.002+02:002015-05-13T14:58:54.624+02:00Fare storie<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjeTeD4lc_GvEPioQIYrsz5VOS4c5vua0hsvUwgbUlKscQQcoe-fXKL4oQHbpYQnoH3GoXQcF5nQnlvnZHGiA7AMI1mJXtMWZV522P5jLXPmGDxyYwfV8ufmieBTPyxnx7ecro9NtrP88Aj/s1600/tumblr_lkhw4mIwln1qanvevo1_500.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjeTeD4lc_GvEPioQIYrsz5VOS4c5vua0hsvUwgbUlKscQQcoe-fXKL4oQHbpYQnoH3GoXQcF5nQnlvnZHGiA7AMI1mJXtMWZV522P5jLXPmGDxyYwfV8ufmieBTPyxnx7ecro9NtrP88Aj/s200/tumblr_lkhw4mIwln1qanvevo1_500.jpg" width="200" /></a></div>
<i>"We're all stories in the end. Just make it a good one!"</i><br /> (Doctor Who)<br />
<i>“Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla”</i> <br />(A. Baricco, Novecento)<br />
<br />
Non amo particolarmente Baricco, ma Novecento è uno di quei libri che ogni tanto riprendo in mano e del quale, ogni tanto, assicurandomi d'esser sola in casa, mi concedo di leggere brani ad alta voce.<br />
Ho scoperto di amare molto il Dottor Who: folle alieno millenario che viaggia nello spazio e nel tempo a bordo di un'astronave che, come un essere umano, è assai più grande all'interno. Il Dottore ha due cuori, è armato di un cacciavite col quale non uccide, ma apre porte vere e immaginarie ed è solito affermare che, nei suoi duemila anni di vita e milioni di incontri, non ha mai conosciuto nessuno che non fosse importante...<br />
Amo le storie, ovviamente; ma questo già lo sapevate.<br />
Riflettevo ieri notte, mentre mi aggiravo goffamente per il bagno preparandomi per andare finalmente a dormire, che ci sono due espressioni contenenti la parola "storie" che usiamo in contesti apparentemente diversissimi, ma che, a guardar bene, hanno qualcosa in comune.<br />
Pronti per l'ennesimo delirio? Allora, via!<br />
"Non fare storie!"<br />
Si dice ai bambini che fanno i capricci e accampano scuse per non fare, o almeno rimandare, qualcosa di sgradito. Temo mi sia stato detto molte volte in passato, ma l'accusa mi calzerebbe a pennello anche adesso, perché è esattamente ciò che sto facendo ora...<br />
Sarebbe un rimprovero, certo, ma, in fin dei conti riconosce ai bambini la capacità (e il diritto!), di costruirsi a suon di bugie più o meno creative, una realtà alternativa migliore di quella in cui stanno imparando faticosamente a vivere e in cui ci sono regole che, benché siano necessarie per rapportarsi agli altri in modo corretto e per crescere bene, sono sentite in qualche modo come limitanti e coercitive. E ubbidire va bene, è giusto, ma vediamo almeno di opporre un minimo di resistenza: quel tanto che basta per mantenere intatta la nostra combattiva dignità di esseri umani, piccoli finché si vuole, ma oscuramente consapevoli fin dall'inizio della nostra unicità.<br />
Inutile dire che ero piuttosto brava ad accampare storie, soprattutto quando si trattava di andare a mangiare (ora il problema non si pone più, purtroppo...) o a dormire (in questo caso, invece, il problema persiste), e che ho dato del filo da torcere ai miei genitori e me ne dispiace.<br />
"Ho una storia con...".<br />
A differenza della precedente, questa frase non mi ha mai riguardato di persona, ma mi piace molto, perché credo che chi la usa senta, in qualche modo, che il suo legame con una persona ha raggiunto un livello ben diverso da "Esco/mi vedo con..." o altre espressioni del genere assai più prosaiche.<br />
Avere una storia implica l'intenzione di raccontarsi l'un l'altro il passato e percorrere assieme il presente per costruire momenti degni di essere ricordati in futuro.<br />
E se è vero che le storie finiscono, chiunque abbia una certa dimestichezza con i libri, sa che anche dopo la parola "fine", dopo averli riposti - con sollievo o con rammarico - su un ripiano più o meno remoto della libreria, non saremo mai più le stesse persone che eravamo prima di leggerli.<br />
Perché la "storia" va al di là del piano fisico ed anche di quello mentale (o sentimentale?) e diventa - perdonate l'azzardo - qualcosa di esistenziale: noi siamo il nostro stesso libro sul quale scriviamo, ma altre persone hanno il diritto di aggiungerne capitoli più o meno lunghi; che questi siano scritti a matita o con l'inchiostro indelebile non importa, perché da qualche parte c'è qualcuno che sa decifrare anche i più intricati palinsesti...<br />
Noi siamo storie, dunque: innocenti, creative e imprevedibili come le bugie dei bambini; profonde e struggenti come i racconti degli amanti; violente, dolorose, intricate e incomprensibili come "la storia", materia temibile che, in teoria, si dovrebbe imparare a scuola e servire per farci un'idea un po' più chiara del mondo in cui siamo capitati.<br />
Già, la Storia, quella che andrebbe scritta con la s maiuscola per distinguerla dalle nostre singole storie, ma che di esse, di fatto è formata, come sapeva bene la Morante quando diede al suo romanzo più celebre un titolo talmente banale da essere vero e, dunque, indimenticabile.<br />
Storie, come quelle che cerco di scrivere per lavoro tentando di rendere interessante un prodotto, spiegare l'uso di uno strumento scientifico o invogliare a leggere il resoconto di un convegno, invitare a partecipare a un evento, a visitare una mostra o ad andare a mangiare proprio in quel ristorante sperso in un remoto paesino di campagna.<br />
Storie, come quelle che tento di imbastire da sei anni quassù parlando fin troppo di me, ma sapendo che c'è dietro tutto questo c'è un noi.<br />
Chi scrive spera sempre che qualcuno legga. Non è questione di mancanza di pudore o modestia, ma una semplice necessità.<br />
Chi sa di essere una storia, infondo, spera la stessa cosa.<br />
Grazie, allora, a chiunque c'è già entrato e a chi vorrà far parte dei prossimi capitoli!Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-68573788951659139632015-04-02T18:05:00.000+02:002015-04-02T19:43:47.692+02:00Lassù<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiva0w7tTNg34GNb2q_oppevHE2aL1lgtJAbZJ_oXwloTBIBrLpVRi70ijadBZeZx_jJFedPnvZ4WNdppRv6pZvUoMM9IoiS5DvRThggy8Q3QYZ6-nMwEg1xK8Buq-w1PQ9deQJGKpcxh3T/s1600/P4013102.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiva0w7tTNg34GNb2q_oppevHE2aL1lgtJAbZJ_oXwloTBIBrLpVRi70ijadBZeZx_jJFedPnvZ4WNdppRv6pZvUoMM9IoiS5DvRThggy8Q3QYZ6-nMwEg1xK8Buq-w1PQ9deQJGKpcxh3T/s1600/P4013102.JPG" height="150" width="200" /></a></div>
Salgo al volo sull'autobus ed evito per un pelo di sedermi su un aeroplano.<br />
Ok. Non sono impazzita. Non del tutto, almeno.<br />
L'eroplano era, ovviamente, un giocattolo di proprietà di un bimbetto bellissimo che, dopo avermi fulminato con un'occhiata, mi ha puntato addosso un ditino perentorio affermando che no, accanto a lui non potevo sedermi, però, se proprio volevo, c'era un posto libero di fronte, vicino a sua madre, lei pure giovane e bella.<br />
Ho obbedito senza fiatare, sorridendo ad entrambi, e già sapevo che qualcosa sarebbe accaduto.<br />
Gli antichi davano un valore sacrale agli incontri fatti per strada. E io li ho studiati abbastanza a lungo da sapere che, spesso, avevano ragione. <br />
Quando il lungo e nuovissimo filobus doppio ha scavalcato il ponte di Mezzo, infilandosi per via D'Azeglio, infatti, il bambino, con lo stesso ditino appiccicato al vetro ha indicato un grosso edificio in mattoni pieno di archi e spigoli e ha chiesto: "Chi ci abita lassù?"<br />
Io e sua madre ci siamo girate entrambe e abbiamo visto che stavamo passando accanto alla chiesa dell'Annunziata.<br />
E' successo qualche giorno fa, e, come sapete, la mia memoria è alquanto inaffidabile, ma vi garantisco che il bambino ha detto proprio "lassù".<br />
"Beh, ci abita un signore" ha tentato la madre, "anzi, Il Signore" ha proseguito, voltandosi verso di me con un'occhiata complice.<br />
"E abita tutto da solo in una casa così grande?" ha replicato, implacabile, il bambino.<br />
"Sì e no" ha risposto, ineccepibile, la madre: "ci sono tante persone che lo vanno a trovare..."<br />
"Anche le femmine?" ha chiesto il bambino.<br />
Ho rivolto alla madre uno sguardo talmente stupito che lei s'è sentita in dovere di spiegare a me, perfetta sconosciuta, che: "Sai com'è: abbiamo abitato per un anno in Iran", spalancandomi così, con una sola frase, un'insapettata finestra sulle loro vite (perché sono andati laggiù? lavoro? coppia mista? dei parenti?) e, in generale, sulle "vite degli altri": infatti, se un bambino così piccolo ha assimilato e ricorda con vividezza le differenze tra maschi e femmine in vigore in alcuni Paesi, significa che queste sono decisamente palesi e radicate e che, al di là di ogni giudizio - o pregiudizio - dobbiamo tenerne conto.<br />
In generale, io non so dare l'età alle persone, e ancor meno ci riesco con i bambini; ma so per certo che quello che mi sedeva di fronte era in età prescolare, ma era entrato con entrambi i piedi nella temibile fase dei "perché". Quindi, assimilata con un minimo di perplessità l'idea che anche le bambine potessero entrare in chiesa, ci ha rovesciato addosso un'altra perla inaspettata: "E, quel signore, possono andare a trovarlo solo le persone buone?"<br />
Altro sguardo complice tra me e la madre, che ha risposto, convinta: "No, in realtà, proprio tutti possono entrare: anche le persone cattive, anzi, soprattutto loro!"<br />
"Perché?" <br />
"Beh, perché, così, magari, diventano un po' meno cattive..."<br />
E fu così che un bambino, dotato di quella curiosità quasi preveggente che solo i piccoli e i folli possiedono, e sua madre, provenienti da chissà dove, con chissà quale credo e quale storia alle spalle, nel giro di poche fermate mi hanno regalato una perfetta lezione di teologia.<br />
Non dovrei dirlo, lo so, ma è per momenti come questi che, nonostante dubbi, delusioni, paure, e un'ormai cronica, e davvero poco cristiana, mancanza di speranza, mi ostino a credere ancora.<br />
Mi auguro sia sufficiente.<br />
E, già che ci siamo, Buona Pasqua a tutti!Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-17182404761795722062015-02-10T18:25:00.001+01:002015-02-11T01:29:45.068+01:00Eredità<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEho79aoZkSV719hjgktyagcX_EA1yuFzLAhC6l39LfawuCdtw1cPg4ZuJx-YmF6dlCeFCQSk_ExW2xfBm6CK8bpd02dZngpINrAA3CZazAR2HFdTthbiunbrypLC-oj8-r_1_JK4DnQVdtm/s1600/BookButter.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEho79aoZkSV719hjgktyagcX_EA1yuFzLAhC6l39LfawuCdtw1cPg4ZuJx-YmF6dlCeFCQSk_ExW2xfBm6CK8bpd02dZngpINrAA3CZazAR2HFdTthbiunbrypLC-oj8-r_1_JK4DnQVdtm/s1600/BookButter.jpg" height="178" width="200" /></a></div>
<i>"<span style="background-color: white; color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 19px;">Buttare i libri di chi muore in qualche modo è cancellare tutti i sentieri che quella persona ha percorso. A Bari è successo. Buttati nei cassonetti, ma molte persone hanno iniziato a rovistare per prenderne qualcuno. Per donare a quelle parole nuova vita.</span><span style="background-color: white; color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 19px;"> </span></i><br />
<span style="background-color: white; color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, 'lucida grande', tahoma, verdana, arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 19px;"><i>Immagine malinconica ma al contempo vitale, perché i libri sono preziosi e vanno salvati dalla monnezza. Perché i libri non si buttano. Si regalano, si donano, si vendono... a pensarci bene, se un giorno dovessero buttar via la mia personale biblioteca, significherà aver buttato via tutto ciò che sono stato."</i> (Roberto Saviano)</span><br />
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<span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="background-color: white; font-size: 14px; line-height: 19px;"><br /></span></span></div>
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<span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="background-color: white;"><span style="font-size: 14px; line-height: 19px;">L'ho voluto in casa mia il cofanetto di legno scuro con i pochi libri ereditati dalle prozie. Alcuni sono dei mattonazzi di autori ormai dimenticati editi negli anni Trenta; altri hanno nei risvolti di copertina le note critiche scritte di pugno dal prozio Luigi (vizio del gioco, ma penna ineccepibile...) o dal nonno: mi basta passare un dito sull'inchiostro sbiadito della loro scrittura elegante per commuovermi fino alle lacrime.</span></span></span></div>
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<span style="background-color: white;"><span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="font-size: 14px; line-height: 19px;">Tempo fa l'ho salvata anch'io la biblioteca di un morto - buona parte, almeno - mentre altri, giustamente, si preoccupavano dei mobili d'epoca e dei gioielli: c'erano cataloghi di mostre e musei, guide di luoghi del mondo dove non metterò mai piede, classici assortiti, qualcosa di Biagi, l'antologia di Spoon River (profetica…), parecchia roba della Allende. Ed è stata un'esperienza intima e devastante come poche altre nella mia vita.</span></span></span></div>
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<span style="background-color: white;"><span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="font-size: 14px; line-height: 19px;">E non importa il fatto che, probabilmente, non avrò il tempo né la volontà di leggere tutti i libri che ho ereditato. Non so nemmeno se riuscirò a leggere quelli che ho comprato io stessa e riposto senza aprirli sullo scaffale in attesa di tempi migliori che difficilmente arriveranno.</span></span></span></div>
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<span style="background-color: white;"><span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="font-size: 14px; line-height: 19px;">Importa il fatto che il primo mobile della mia casa a cui ho pensato sia stata la libreria. E che, pur non essendo, ovviamente, come me l'ero immaginata, dopo un </span></span></span><span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="font-size: 14px; line-height: 19px;">anno sia già quasi piena.</span></span></div>
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<span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="font-size: 14px; line-height: 19px;">Non è snobismo, per carità! La libreria non è uno status symbol; ma è esattamente quel che dice sopra Saviano: è la vita, il suo senso, i suoi desideri e i suoi sogni messi in fila pazienti in attesa di non si sa cosa sugli scaffali dei giorni. </span></span></div>
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<span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="font-size: 14px; line-height: 19px;">E' la migliore metafora con cui posso raccontare ciò che sono: un'accozzaglia di generi e stili messi a caso e spolverati raramente. Scuola, svago, lavoro, educazione al sentimento e all'immaginazione, evasione, droga leggera e antidoto alla mancanza d'amore. C'è molto in quegli scaffali. Non tutto, ovvio, solo quanto basta per raccontare l'ennesima storia che non interessa a nessuno.</span></span></div>
<div>
<span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="font-size: 14px; line-height: 19px;">E sapete che c'è? Che anch'io, come Saviano (quasi coetanei, e diversissimi), mi sono posta il problema di che fine faranno i miei libri dopo di me. </span></span></div>
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<span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="font-size: 14px; line-height: 19px;">I libri. Non l'auto, non la casa, non i pochi soldi e la bigiotteria maleassortita. I libri. E i quadri. E - se vogliamo dirla tutta - anche queste boiate che scrivo qui e altrove. </span></span></div>
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<span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="font-size: 14px; line-height: 19px;">Perché sono la cosa migliore di me e vorrei che potessero piacere e servire a qualcuno.</span></span></div>
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<span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="font-size: 14px; line-height: 19px;">Vorrei solo che non andassero persi. Perché di persa ci sono già io.</span></span></div>
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<span style="color: #141823; font-family: Helvetica, Arial, lucida grande, tahoma, verdana, arial, sans-serif;"><span style="font-size: 14px; line-height: 19px;">E basta e avanza.</span></span></div>
Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2215150790725025776.post-23469963230842752672015-01-29T11:57:00.002+01:002015-01-29T12:25:15.510+01:00Opinioni di un clown<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiLyGIL3G4jDzJ56VdtJxrY70XbJh2WNb-u9GY3dilBP_Fn1qZt2tOschc1fmEXLazWK93YLQzAF7fdUozQ8rPyMjAc_gHf4KiAPSTsmGdV3S3sqf82bH73pclmVPd1Tar19PxPFoZNpBW/s1600/AshesToAshes.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiLyGIL3G4jDzJ56VdtJxrY70XbJh2WNb-u9GY3dilBP_Fn1qZt2tOschc1fmEXLazWK93YLQzAF7fdUozQ8rPyMjAc_gHf4KiAPSTsmGdV3S3sqf82bH73pclmVPd1Tar19PxPFoZNpBW/s1600/AshesToAshes.jpg" height="200" width="168" /></a></div>
<div style="text-align: left;">
Più di una persona mi ha detto che, quando le piglia il malumore, va a leggersi quel che scrivo su Facebook per tirarsi su. La cosa, ovviamente, un po' mi stupisce, un po' mi lusinga, un po' mi impegna a continuare a fissare per iscritto le cose buffe e/o strane che mi capitano e condividerle con gli altri, perché, diamine, se questo serve per far sorridere qualcuno anche solo per un attimo a me pare sia incredibilmente bello…</div>
A pensarci, anche in tempi pre-telematici, mi sono sempre divertita a mettere su carta il lato buffo degli avvenimenti: dai resoconti improbabili delle gite al diario che ho tenuto per anni d'estate in campagna. Per un tacito accordo preso con me stessa, le mie mestizie raramente sono finite tra le pagine di quei vecchi quaderni di scuola attaccati l'uno all'altro con lo scotch. Così, poiché ho una pessima memoria, rileggendoli pare che le mie estati dai 14 ai 30 anni siano state particolarmente felici e avventurose, perché anche accalcarsi in sei su una Fiat Uno per andare a pattinare o portare la pioggia ogni santa volta che si tentava di andare in piscina, prese per il verso giusto, possono trasformarsi in avventure...<br />
Su quel diario non scrivo più dal 2008. E non è un caso. Pochi giorni fa l'ho portato via dalla casa ormai in disuso e l'ho ficcato tra i topolini e i fumetti della mia libreria: un gesto talmente definitivo da farmi ancora male.<br />
Dal 2009 ho cominciato a sproloquiare qua dentro. In questo caso, il tono è stato assai più altalenante e ai tentativi (non so quanto riusciti) d'esser divertente o, perlomeno, piacevole, s'è alternata l'espressione del mio più sincero malumore; ma pur sempre intrappolato entro gli schemi - per me decisamente salvifici - delle convenzioni proprie della scrittura, che impongono di essere in grado di dare un'ordine razionale persino ai pensieri più malinconici e contorti: altrimenti si rischia l'incomprensibilità. Ora faccio fatica a scrivere anche qui. E non è un caso.<br />
Nel 2008 mia madre si fece un mese d'ospedale, durante il quale la malattia progressiva che la assilla da trent'anni ha fatto passi da gigante, sbattendomi in faccia chiaramente quale sarebbe stato il mio futuro di figlia unica e single. Ora lo stesso concetto, che ho provato per anni ad ignorare, m'è stato ribadito con, se possibile, maggior chiarezza dal mese d'ospedale che s'è fatto mio padre prima di Natale. E, ogni volta, è più difficile uscirne, e ci vuole più tempo a tirarsi su per i capelli e convincersi, in qualche modo, che la tua vita stia andando da qualche altra parte che non sia solo a ramengo.<br />
E anche la scrittura, che per me è sempre stata un'ancora di salvezza, una terapia al mio senso d'inutilità e d'impotenza, diventa ogni volta un po' più difficile.<br />
Dal 2013 sproloquio anche su Facebook. Mi sono iscritta, volutamente, in giorno assurdo: quello in cui persino il Papa ha deciso che "grazie, scusate, ma per me può bastare così: avanti un altro!".<br />
E, ancora una volta, su uno strumento in qualche modo più facile e immediato, mi è venuto naturale percorrere, per quanto possibile, la strada dell'ironia: sempre meglio far ridere che far piangere, dopotutto. Meglio questo del niente, finché mi riuscirà. Finché la vita non mi elargirà un'altra mazzata sufficientemente grossa da togliermi anche le forze di scrivere le tre righe di uno status, visto che le 30-40 righe di un post già mi riescono peggio del solito.<br />
Ma pazienza. E benedetta sia ogni volta che riesco a indossare sopra il mio - già sufficientemente buffo e grosso - il naso rosso da clown e regalare a qualcuno (e anche un po' a me stessa) un momento di serenità: è l'unica preghiera che ancora riesco a fare.<br />
Soltanto che è vero quello che si dice dei clown. E darei non so cosa per non esserlo.<br />
<br />Crihttp://www.blogger.com/profile/05481445886572731587noreply@blogger.com0