venerdì 30 luglio 2010

Archi paralleli e concolori


Senza parole (ma con citazione dantesca).
Parma, 29 luglio 2010, ore 20.00 circa.

PS. Scusate, non c'entra nulla con le righe precedenti, ma non mi va di moltiplicare i miei post (ne scrivo già anche troppi), quindi aggiungo qui una pensiero. Ringrazio Dani per avermi segnalato il bell'articolo articolo di Covacich (un altro triestino, accidenti! Il Friuli mi tenta oggi come mi tentava un mese fa il Trentino... e questo mi preoccupa) sulla strage di Duisburg (a chi interessa ecco il link: http://archiviostorico.corriere.it/2010/luglio/26/nel_Tunnel_co_9_100726024.shtml). Lo scrittore sostiene che, dopotutto, è naturale - e prezioso - credersi immortali da giovani. Temo abbia ragione: io non l'ho mai creduto, per questo, forse, a volte, sono così stanca...

PPS. Costi, ti prego, pubblica la saga degli sms fantasy. Questo blog ha urgente bisogno di qualcosa di allegro!

venerdì 23 luglio 2010

La pazienza dei bagnasciuga a Ferragosto

La mattina è iniziata molto male e mi consolo come posso con un post fatto di parole di altri, perché le mie, oggi, meno le uso meglio è. Sono le parole che mi sono risuonate in testa lo scorso weekend quando, finalmente, ho rivisto il mare. Cominciamo.

"Puoi dire sempre 'mia' di una città di mare" (Marco Paolini, Bestiario italiano)
"Le Cinque terre sono un atto di fede" (Paolo Rumiz, L'Italia in seconda classe)
"Fine si può scrivere sulla carta, ma non sul mare" (Roberto Piumini, La sposa nel faro)
"E il mare è cenerino/ trema dolce inquieto/ come un piccione" (Giuseppe Ungaretti, Levante)

Anche il titolo del post è una citazione di "Due parti di idrogeno per una di ossigeno" dei Mercanti di liquore, ascoltata per la prima volta ieri a tarda notte. Grazie a F.

giovedì 15 luglio 2010

Le ciose del terrore

Avevo dimenticato il titolo
So che tra le ciose il cinema horror non è apprezzato (e questa è una cosa sana, del resto), io invece ammetto che fin da piccola ho provato una gran curiosità per questo filone cinematografico, accompagnata anche da una bella fifa se riuscivo a scorgere qualche scena, magari dell'"Esorcista", quando lo trasmettevano tardi in tv. Questa sorta di attrazione/repulsione per i film del terrore è materia di psicoanalisi e non mi va di lambiccarmicisivi troppo.
Circa sei anni fa ho scoperto una manna: ai Giardini di San Paolo, allo scoccare di ogni torrida estate, parte la rassegna gratuita (!!!) "I giardini della Paura", dove vengono proiettati e "riesumati" film horror vecchi e nuovi, d'autore e non, spesso e volentieri splatter e schifidi, che richiamano immancabilmente frotte di gente, prevalentemente giovani, che vanno a occupare ben prima che il film cominci tutti i posti disponibili, incuranti degli olezzi canini che si sono accumulati durante il giorno.
Il bello di questa rassegna consiste nello scenario suggestivo e misterioso in cui si svolge e nelll'atmosfera informale che fa prorompere in risate o applausi il pubblico intero di fronte a scene di film esagerate e comiche che hanno per vittime personaggi veramente improvvidi e goffi. Del resto il senso dell'ironia accompagna spesso questo genere cinematografico.
Vengo al punto, la rassegna è partita anche quest'anno e ieri sera è stato proiettato il gustoso film di Sam Raimi "Drag me to Hell". Mercoledì prossimo (21 luglio, ore 21.30) ci sarà invece un film del 1962 "I racconti del terrore", tratto da E.A. Poe.
Quale ciosa coraggiosa e un po' incosciente oserà presentarsi all'appuntamento?

martedì 13 luglio 2010

meglio tardi che mai

Ci sono? Mi vedete? Son entrata anch'io o sto parlando al vento? Se mi sentite, mi presento: son Daniela, credo l'ultima ciosa a iscriversi nel blog, questo non per mancanza di interesse, bensì per catastrofica carenza di capacità tecnico-informatiche. Ma infine la Cri mi ha irretito, ed eccomi qui... Ora non so bene che dire, ma penso che interverrò ancora prima o poi, quando avrò visto quache film interessante o sarò stata in un posto nuovo, o semplicemente per attenuare le sfuriate della Cri, o per scriverne di mie! Per ora vi saluto, molto orgogliosa di me per il fatto che mi state leggendo, vero?

E' complicato, fulgida stella!

Lo scorso weekend ho fatto il pieno di film romantici e, quel che è peggio, è che ho pure contribuito a sceglierli. Da entrambi, però, diversissimi tra loro per storia, ritmo e stile e ambientati in epoche lontane, sono uscita con lo stesso amaro in bocca. "Bright Star", della Champion è un drammone dalla confezione elegante, ma dalla storia inconsistente che racconta l'amore platonico e tragico tra il poeta John Keats e la sua musa agli inizi dell'Ottocento. "E' complicato", invece, è la classica commedia americana con protagonista la sempre brava Meryl Streep colta da un imprevisto ritorno di fiamma per l'ex marito. Da dove viene, allora, l'amaro in bocca? Soprattutto dal comportamento, molto tipico, di due personaggi maschili: l'amico di Keats che lo ospita, lo deride per la sua passione impossibile e poi... seduce e mette incinta la servetta (un classico!); e il marito della Streep (cioè del personaggio che lei interpreta), che non si fa problemi a ritornare con lei nonostante abbia sposato una donna più giovane perché, infondo, la considera sempre roba sua. E' questa idea dell'amore come possesso che non riesco proprio a tollerare: un'idea che pare valicare i secoli e che entra di prepotenza anche nella cronaca recente, zeppa di uomini che ammazzano le loro ex. Perché? Forse perché mentre le donne si sono evolute, si sono rese consapevoli del loro valore e della loro dignità di persone, che va oltre il ruolo di mogli e di madri, si ha spesso l'impressione che gli uomini, sotto sotto, siano rimasti fermi all'età della pietra; e che dietro il più elegante dei corteggiatori ci sia sempre il prode cacciatore, che nasconde tra le rose un nodoso bastone con cui tramortirti per bene, caricarti sulle spalle, rinchiuderti nella sua caverna e poi sussurrarti sensuale "Tu sei mia": un complimento che, dopotutto, è una minaccia. Sto esagerando? Lo spero di cuore! Ma se i film romantici mi fanno quest'effetto forse è meglio che mi decida ad accompagnare Dani a vedere un horror...

PS: Ieri sera una cassiera del supermercato mi ha chiesto se ero veneta. E no, basta! E' una persecuzione!

martedì 6 luglio 2010

Era una notte che pioveva

Care galline, sappiate che è solo per dovere di cronaca che mi accingo a scrivere questo post, ma ne avrei fatto volentieri a meno. Come alcuni già sanno, una buona percentuale di noi ha trascorso una mini vacanza in Val di Fassa. Siamo rincasate ieri sera e, tutto sommato, dovrei dire che è andata bene: abbiamo visto paesaggi d'aria e luce, percorso sentieri da cui potevi immaginare di veder sbucare da dietro una curva Heidi, Annette, o Cappuccetto Rosso; ammirato boschi di velluto e cime tanto arcigne quanto attraenti; scoperto che il ladino ha qualche affinità con il parmigiano; gustato specialità locali e non (sperimentando gli effetti collaterali del brodo al brandy); e, soprattutto, siamo tornate a casa sane e salve; e la cosa non era affatto scontata, visto che guidavo io. Però, dal momento che la vacanza, almeno per me, era soprattutto una scusa per ascoltare dal vivo Marco Paolini e che lo spettacolo, in pratica, non l'abbiamo visto, mi concederete un po' di magone. Dopo nemmeno 15 minuti dall'inizio del prologo, i nuvoloni, che ci avevano accompagnato per tutta la lunga e faticosa ascesa fino al rifugio del Vajolet, hanno cominciato a rovesciarci addosso acqua, grandine e fulmini, costringendo anche l'imperturbabile attore, che fino ad allora se ne era rimasto tranquillo su un masso in giacca e camicia (mentre noi eravamo intabarrati in plaid e k-way), a interrompere il racconto. Il rientro alla base è stato buio, umido, freddo e complicato con tanto di attraversamento di una scaletta gettata a mo' di ponte su un tratto di strada inondato da un ruscello (con Costi che continuava a ripetere: "quando lo racconterò a casa non ci crederanno"). Un'avventura da ricordare,insomma. Però, quella serata me l'immaginavo un po' diversa: la coccolavo da mesi e l'ho inseguita superando le complicazioni che pare non possano fare a meno di presentarsi ogni volta che metto il naso fuori di casa. Infondo chiedevo soltanto un'ora d'incanto con un attore che sa evocare mondi con le parole e ha uno strano fascino che prescinde dall'età, dalla bellezza e forse persino dalla simpatia (pare infatti che non abbia un buon carattere, ma anch'io non scherzo...). Quindi, nonostante tutti non facciano altro che ripetermi, giustamente, che è stata una bella esperienza fatico un po' a convincermene. Forse perché quel piccolo sogno sfuggito a un passo dal realizzarsi è andato ad ingrossare le fila già ben nutrite delle delusioni; e la rabbia sciocca per una cosa futile è, in fin dei conti, un grido di ribellione contro la teoria che, nella vita, bisogna solo portare pazienza. Passerà e, tra qualche giorno, non sobbalzerò più se qualcuno mi nominerà l'Alaska, i cani da slitta e Jack London. Nel frattempo non dite che non vi ho avvertiti...