Vabbè, sapete più o meno che lavoro faccio; e sapete anche che per (brutto) carattere tendo a prendere tutto un tantino sul personale; tipo che, a luglio del 2010, quando grandinò sul Vajolet durante uno spettacolo di Paolini, mi arrabbiai ferocemente con Giove Pluvio, o chi per esso, e dopo dodici anni ancora non mi è passata...
Fatta questa premessa, potete ben capire quanto fisicamente male mi faccia vedere e ascoltare le robe squallide prodotte dai consulenti di comunicazione dei politici di ogni schieramento, nel corso di questa deliziosa campagna elettorale.
Ora, delle due l'una:
- O sono tutti degli improvvisati, assunti per via di raccomandazioni o conoscenze o appartenenze, che si limitano a dare una mano di colore alle robe partorite da chi li paga.
- O sono dei professionisti capaci che, vuoi perché devono campare (e lo sappiamo che il mondo del lavoro non è esattamente rigoglioso), vuoi perché "Sì, dai, guadagnamo dei bei soldi facili e poi si vedrà"; o ancora perché "Leghiamo l'asino dove vuole il padrone, che non si sa mai", a un certo punto decidono di spegnere il cervello ed evitare qualunque tentativo di mediazione con i loro committenti; anche solo avvertirli - per il loro stesso bene - che dicendo quella cosa c'è il 99% di probabilità di tirarsi la zappa sui piedi.
In realtà, esiste anche una terza ipotesi: quella che siano proprio loro a inventarsi slogani infelici, loghi imbarazzanti e grafiche che le saprei fare meglio io (no, fidatevi, non è un complimento!).
Ma a questa terza opzione non voglio nemmeno pensare.
Già per le prime due provo un poco di vergogna, ma posso capirle: che tutti siamo stati degli "improvvisati", che hanno imparato il mestiere sbagliando e riprovando (e ancora sbagliano, ci mancherebbe!); e tutti siamo scesi o scendiamo a compromessi, e a volte, in coscienza, non possiamo fare altro.
La terza, invece, mi dà davvero l'orticaria. E non perché io mi ritenga più brava o migliore di loro: al contrario! Proprio perché essendo consapevole dei miei limiti, mi prende il terrore di potere, prima o poi, per abitudine, stanchezza, esasperazione (tutte cose molto umane), arrivare a fare anch'io le stesse cose.
Nel caso, ringrazierò chiunque mi acchiappi per un polso e mi dica: "Ma sei sicura?".