sabato 26 giugno 2010

Rivedrem le foreste imbalsamate...

Come sapete sono mediamente melomane, ovvero, quando posso, senza spendere un capitale e senza fare code antelucane per prendere i biglietti, vado all'opera. Non che non mi facciano ridere certe situazioni surreali e il linguaggio improponibile (vedi sopra) che vorrebbe esser aulico e spesso, suo malgrado, suona comico; ma tant'è: è una passione che devo ai miei genitori e mi piace coltivarla. Per questo erano anni che sognavo di andare, una volta nella vita, all'Arena di Verona. Venerdì, complice un'amica di famiglia, ci sono riuscita. Mi sono seduta anch'io sui gradini di pietra poco anatomici e surriscaldati tra orde di tedeschi in sandali d'ordinanza ad aspettare che calasse il sole e iniziasse lo spettacolo. Ho acceso anch'io la mia brava candelina e sperato che non tirasse il vento a portarsi via le voci. L'acustica, infatti, è quella che è ma l'insieme è notevole. Che opera ho visto? Nel caso non fosse chiaro dalla foto, la prima a cui si pensa quando si immagina un'opera all'Arena di Verona (forse per colpa dei ricordi scolastici delle gite all'Italia in Miniatura...): l'Aida.
Saluti musicali.

mercoledì 23 giugno 2010

Il segreto dei suoi occhi

Ogni tanto fa bene seguire i consigli di un’amica cinefila e andare a vedere qualcosa di diverso dai soliti blockbuster che a me, lo confesso, di solito piacciono, perché hanno il vantaggio di farti passare un paio d’ore in un altro mondo in cui hai la certezza che anche le situazioni più intricate si aggiusteranno: si chiama “giustizia poetica” ed è antica e meravigliosa. Dicevo, però, che ogni tanto è bello incappare in qualcosa di diverso, come “Il segreto dei suoi occhi”: pellicola argentina che ha vinto l’Oscar come miglior film straniero. E’ un bel giallo con intrecciate due storie d’amore e sullo sfondo la confusa situazione politica degli anni ‘70. Che non sia un film americano te ne accorgi dalle facce degli attori: non superdivi patinati (anche se al loro paese sono famosi), ma gente di mestiere con la giusta mescolanza di rughe e fascino; dai ritmi lenti, dalla non eccessiva insistenza sui particolari truculenti e, forse, anche dal modo garbato e dolente di trattare l’amore: quello assoluto e disperato del marito della donna uccisa, che rinuncia alla propria vita per inseguire un’originale vendetta, e quello negato e sospeso dei due protagonisti: la giudice di buona famiglia e il modesto impiegato, fatto di sguardi e discorsi interrotti che, alla fine, dopo 25 anni, troverà il suo compimento ma, beninteso, fuori dal film, come accadeva nelle vecchie commedie...

giovedì 17 giugno 2010

Cose sinistre

Un post brevissimo per riequilibrare un poco la botta di malumore del precedente.
Un paio di giorni fa, buttando un occhio alle domande di un quiz televisivo, ho appreso questa verità fondamentale: da una ricerca di un'università australiana pare che, udite udite, I MANCINI GUIDINO MEGLIO!
Lo so, lo so, anche a me (soprattutto a me...) la cosa puzza un po' di fanta-scienza, ma l'importante è crederci.
Saluti patentati.

lunedì 14 giugno 2010

Cerco un paese innocente

In nessuna/ 
parte
/ di terra/ 
mi posso/ 
accasare
A ogni/ 
nuovo/ 
clima/ 
che incontro/ 
mi trovo/ 
languente/ 
che
/ una volta/ 
già gli ero stato/ 
assuefatto
E me ne stacco sempre
/ straniero
Nascendo/ 
tornato da epoche troppo/ 
vissute
Godere un solo
/ minuto di vita/ 
iniziale
Cerco un paese innocente

E questo è Giuseppe Ungaretti, "un ermetico che si fa capire" secondo la definizione di un illuminato manager d'azienda con cui ho avuto a che fare per lavoro. E' solo per dire che io questo paese continuerò a cercarlo. Anche quando persino le persone più care mi dimostrano che gli ideali vanno bene fintanto che non si devono mettere alla prova e che, per la paura, vera e dolorosa, di restar soli, ci si può anche tappare il naso e accettare qualche compromesso. E va bene. Lo so anch'io che per stare al mondo occorre adeguarsi e che, forse, è meglio così. Lo so che le torri d'avorio prima o poi crollano e starci dentro non paga. Ma perché imporre anche agli altri le proprie decisioni come se fossero le uniche giuste e possibili?
Cerco un paese innocente. In cui si sta insieme semplicemente per il piacere di confrontarsi e conoscersi tra persone libere e limpide le une con le altre. Senza imposizioni dall'esterno, senza sotterfugi, secondi fini e doppi sensi. Io l'ho provata un paio di volte questa sensazione e sarò grata per sempre alle persone a cui la devo anche se, forse, mi hanno rovinato la vita. Dunque da qualche parte questo paese esiste e, finché ne avrò la forza, scusate, non voglio niente di meno.

mercoledì 9 giugno 2010

L'avventura su misura

Galline vagabonde, ieri sera le vostre colleghe danzanti (o presunte tali) sono andate alla cena di fine corso e, chiacchierando con le compagne, hanno scoperto che una di esse, che dall'aspetto esteriore avremmo potuto tranquillamente identificare come una commessa modaiola, in realtà fa l'assistente sociale e d'estate si concede tre settimane di vacanze spartane e avventurose in posti che più spersi non si può. Noi che (esclusa Dani) impieghiamo dai due mesi ai due anni tra la scelta di una meta e l'effettiva - e ansiogena - partenza, l'abbiamo ascoltata ammirate. Però, dopo lo sconforto iniziale nel constatare il mio poco coraggio e le mie molte paranoie, ho cercato di farmene una ragione. Dopotutto non c'è niente di male ad essere viaggiatrici poco esperte e poco avventurose, perché così tutto può diventare un'avventura, anche la Gardesana occidentale con la sua serie interminabile di strette gallerie stillanti umidità e salnitro percorsa sfidando il divieto materno; e non si corre il rischio di stancarsi di superare, un passo alla volta, i propri piccoli limiti, né di sentirsi arrivate o soddisfatte. Vi pare poco, in un tempo in cui le quindicenni son già donne vissute che hanno visto mezzo mondo e provato di tutto e le nostre coetanee son disfatte e melanconiche come poeti maledetti? Teniamocele care, allora, benché a volte sia davvero faticoso, le nostre insonnie da giorno prima del viaggio, il brivido sotto la coda quando sediamo su un'auto per percorrere più di 100 km in una volta sola, l'abitudine di sognare a lungo le mete e immaginarle prima di raggiungerle. E' un modo per non rinunciare alla meraviglia che, diceva Aristotele, è la molla che fa nascere la filosofia...