mercoledì 9 giugno 2010

L'avventura su misura

Galline vagabonde, ieri sera le vostre colleghe danzanti (o presunte tali) sono andate alla cena di fine corso e, chiacchierando con le compagne, hanno scoperto che una di esse, che dall'aspetto esteriore avremmo potuto tranquillamente identificare come una commessa modaiola, in realtà fa l'assistente sociale e d'estate si concede tre settimane di vacanze spartane e avventurose in posti che più spersi non si può. Noi che (esclusa Dani) impieghiamo dai due mesi ai due anni tra la scelta di una meta e l'effettiva - e ansiogena - partenza, l'abbiamo ascoltata ammirate. Però, dopo lo sconforto iniziale nel constatare il mio poco coraggio e le mie molte paranoie, ho cercato di farmene una ragione. Dopotutto non c'è niente di male ad essere viaggiatrici poco esperte e poco avventurose, perché così tutto può diventare un'avventura, anche la Gardesana occidentale con la sua serie interminabile di strette gallerie stillanti umidità e salnitro percorsa sfidando il divieto materno; e non si corre il rischio di stancarsi di superare, un passo alla volta, i propri piccoli limiti, né di sentirsi arrivate o soddisfatte. Vi pare poco, in un tempo in cui le quindicenni son già donne vissute che hanno visto mezzo mondo e provato di tutto e le nostre coetanee son disfatte e melanconiche come poeti maledetti? Teniamocele care, allora, benché a volte sia davvero faticoso, le nostre insonnie da giorno prima del viaggio, il brivido sotto la coda quando sediamo su un'auto per percorrere più di 100 km in una volta sola, l'abitudine di sognare a lungo le mete e immaginarle prima di raggiungerle. E' un modo per non rinunciare alla meraviglia che, diceva Aristotele, è la molla che fa nascere la filosofia...

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