Come sapete sono mediamente melomane, ovvero, quando posso, senza spendere un capitale e senza fare code antelucane per prendere i biglietti, vado all'opera. Non che non mi facciano ridere certe situazioni surreali e il linguaggio improponibile (vedi sopra) che vorrebbe esser aulico e spesso, suo malgrado, suona comico; ma tant'è: è una passione che devo ai miei genitori e mi piace coltivarla. Per questo erano anni che sognavo di andare, una volta nella vita, all'Arena di Verona. Venerdì, complice un'amica di famiglia, ci sono riuscita. Mi sono seduta anch'io sui gradini di pietra poco anatomici e surriscaldati tra orde di tedeschi in sandali d'ordinanza ad aspettare che calasse il sole e iniziasse lo spettacolo. Ho acceso anch'io la mia brava candelina e sperato che non tirasse il vento a portarsi via le voci. L'acustica, infatti, è quella che è ma l'insieme è notevole. Che opera ho visto? Nel caso non fosse chiaro dalla foto, la prima a cui si pensa quando si immagina un'opera all'Arena di Verona (forse per colpa dei ricordi scolastici delle gite all'Italia in Miniatura...): l'Aida.
Saluti musicali.
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