Ogni tanto fa bene seguire i consigli di un’amica cinefila e andare a vedere qualcosa di diverso dai soliti blockbuster che a me, lo confesso, di solito piacciono, perché hanno il vantaggio di farti passare un paio d’ore in un altro mondo in cui hai la certezza che anche le situazioni più intricate si aggiusteranno: si chiama “giustizia poetica” ed è antica e meravigliosa. Dicevo, però, che ogni tanto è bello incappare in qualcosa di diverso, come “Il segreto dei suoi occhi”: pellicola argentina che ha vinto l’Oscar come miglior film straniero. E’ un bel giallo con intrecciate due storie d’amore e sullo sfondo la confusa situazione politica degli anni ‘70. Che non sia un film americano te ne accorgi dalle facce degli attori: non superdivi patinati (anche se al loro paese sono famosi), ma gente di mestiere con la giusta mescolanza di rughe e fascino; dai ritmi lenti, dalla non eccessiva insistenza sui particolari truculenti e, forse, anche dal modo garbato e dolente di trattare l’amore: quello assoluto e disperato del marito della donna uccisa, che rinuncia alla propria vita per inseguire un’originale vendetta, e quello negato e sospeso dei due protagonisti: la giudice di buona famiglia e il modesto impiegato, fatto di sguardi e discorsi interrotti che, alla fine, dopo 25 anni, troverà il suo compimento ma, beninteso, fuori dal film, come accadeva nelle vecchie commedie...
mercoledì 23 giugno 2010
Il segreto dei suoi occhi
Ogni tanto fa bene seguire i consigli di un’amica cinefila e andare a vedere qualcosa di diverso dai soliti blockbuster che a me, lo confesso, di solito piacciono, perché hanno il vantaggio di farti passare un paio d’ore in un altro mondo in cui hai la certezza che anche le situazioni più intricate si aggiusteranno: si chiama “giustizia poetica” ed è antica e meravigliosa. Dicevo, però, che ogni tanto è bello incappare in qualcosa di diverso, come “Il segreto dei suoi occhi”: pellicola argentina che ha vinto l’Oscar come miglior film straniero. E’ un bel giallo con intrecciate due storie d’amore e sullo sfondo la confusa situazione politica degli anni ‘70. Che non sia un film americano te ne accorgi dalle facce degli attori: non superdivi patinati (anche se al loro paese sono famosi), ma gente di mestiere con la giusta mescolanza di rughe e fascino; dai ritmi lenti, dalla non eccessiva insistenza sui particolari truculenti e, forse, anche dal modo garbato e dolente di trattare l’amore: quello assoluto e disperato del marito della donna uccisa, che rinuncia alla propria vita per inseguire un’originale vendetta, e quello negato e sospeso dei due protagonisti: la giudice di buona famiglia e il modesto impiegato, fatto di sguardi e discorsi interrotti che, alla fine, dopo 25 anni, troverà il suo compimento ma, beninteso, fuori dal film, come accadeva nelle vecchie commedie...
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