mercoledì 29 settembre 2010

L'età della ragione (e sentimento)

Ebbene, ci siamo. Tra pochi giorni sarà ufficiale: anche l'ultima ciosa farà il grande salto e questo diventerà un blog di sole trentenni. Paura? Ma no, l'importante è non far troppo caso al fatto che veline e calciatori, che fino a poco tempo fa erano nostri coetanei, ora sono tutti più giovani e, soprattutto, non aver letto nè "I colloqui" di Gozzano, dove la trentina viene definita "inquietante, torbida d'istinti/ moribondi", nè, peggio ancora, "Ragione e Sentimento", dove uno sventurato colonnello trentacinquenne - peraltro uno dei personaggi migliori del romanzo, che sto faticosamente terminando di leggere costretta a casa dall'influenza - viene definito vecchio e, per questo, senza speranze di una buona sistemazione. Se si riesce a superare tutto questo, ci si può sempre far forti al pensiero che ormai dovremmo avere raggiunto, una buona volta, l'età della ragione. Un'età in cui sentimenti quali l'amicizia e l'amore dovrebbero essere divenuti forse meno frivoli e appassionati ma più veri, saldi e profondi. Auguri Meg...

martedì 21 settembre 2010

Poesia involontaria

"E' in camera tua il sole?"
"No, è andato in bagno. Non lo vedi che esce dalla porta?"


Versi malcombinati di un poeta ermetico? Personificazione neopagana degli elementi naturali? Allucinazione collettiva?
No, semplicemente un dialogo tra me e mia madre, osservando il giro del sole da una finestra all'altra che, cambiando inclinazione, ahimè, annuncia l'autunno.
Del resto se a Heidi sorridevano i monti, il sole ha ben diritto di fare un po' di toeletta mattutina!

PS. La foto è un tramonto a Grado: due minuti di contemplazione estatica prima di renderci conto che eravamo a 90 chilometri dal B&B e che, dopo il tramonto, si sa, viene la notte e, nella notte, è più facile perdersi...

lunedì 13 settembre 2010

Letteratura!

Ieri ho incontrato un mio compagno di università che non vedevo da anni. Era una strana creatura: roseo, pingue e forbito come un gentiluomo dell'Ottocento. Oggi è meno pingue, più stempiato e fa un lavoro che non c'entra nulla con i suoi studi (e questo è normale), ma lo stile è più o meno lo stesso. A lui devo uno dei momenti più surreali del mio percorso accademico. E' andata così. Ci ritrovammo in quattro gatti a seguire un corso facoltativo con l'assistente del professore di greco, creatura altrettanto notevole: giovane, minuto, timido e appassionato. Quando ci propose di fare una ricerca ciascuno su un diverso epigramma di Callimaco, nessuno ebbe il coraggio di dirgli di no. Così iniziammo a scartabellare tra i volumi della biblioteca d'istituto - sparsa in varie stanzette - alla ricerca di materiali. Devo confessare che, abitando vicino all'università, molto raramente mi era capitato di fermarmi a studiare in istituto e ancor più raramente mi era capitato di utilizzarne la biblioteca; quindi i primi giorni non trovavo nulla: non sapevo dov'erano i vocabolari, dov'erano i lessici e le antologie; ma lui sì! E quindi, perché girare a vuoto quando potevo chiedere? Alla fine, esasperato, mi prese per un polso e mi fece fare un tour illustrandomi l'intero contenuto e l'esatta disposizione della biblioteca. Un giorno che stavamo entrambi litigando sui rispettivi epigrammi - lui, rigoroso, andava in cerca dell'etimologia di ogni parola, io, anarchica, mi ero lanciata in una disquisizione sull'origine della poesia secondo gli antichi (tecnica pratica? ispirazione divina?) - mi si avvicinò con aria cospiratoria dicendo: "Vieni con me! Ho scoperto una cosa...". Conoscendolo come persona affidabile mi azzardai a seguirlo. Mi ritrovai nella più remota delle stanzette della biblioteca: praticamente un sottotetto male illuminato nel quale il nostro, felice come un bambino, mi rivelò di aver ritrovato l'intera collezione dei classici della Loeb che non era segnata nel catalogo. Non era cosa da poco, visto che i simpatici libretti hanno la traduzione a fronte in inglese e comprendono anche titoli poco noti che potevano servirci per la ricerca. Cominciammo a sfogliarne qualcuno. Proprio quando eravamo entrambi chini sulle paginette di non so quale autore si spalancò la porta ed entrò il giovane assistente, che rimase sulla soglia con un'espressione di assoluto imbarazzo. Ci mettemmo un attimo a capire il perché: una stanzetta buia, un ragazzo e una ragazza vicini che guardano lo stesso libro... Così, anche noi, pur senza averne, ve l'assicuro, alcun motivo, restammo incapaci di proferire verbo. Poi, visto che è in certe situazioni che si riconoscono i veri uomini, fui io a riprendermi per prima e a spiegare come stavano le cose. Finimmo, con sollievo, a ragionare di edizioni critiche.
Se ci ripenso mi viene ancora da sorridere, soprattutto perché, anche se non ce lo siamo mai detti, sono certa che tutti e tre, nei dieci secondi di silenzio, abbiamo pensato la stessa cosa: Dante! Canto V dell'Inferno. Paolo e Francesca! Eravamo, allora, troppo intrisi di letteratura per non fare subito il collegamento, per non dare, anche contro la nostra volontà, anche contro la realtà dei fatti, ai nostri gesti più banali un'aura d'eternità. Il chè, scusate, a me sembra bellissimo...

lunedì 6 settembre 2010

Si va per santuari...

Ovvero: come imbucarsi in gite parrocchiali altrui. Non è difficile, basta avere un'amica che organizza il pellegrinaggio e si trova con la corriera mezza vuota che telefona a un'amica che a sua volta... Insomma, è più o meno così che Costi, Dani e io, in quest'ultimo scampolo d'estate, siamo finite ad ingrossar le fila (ed abbassare la media d'età) di una comitiva diretta a S. Luca, Fonte Avellana, Loreto, Portonovo e Ancona.
La prima tappa bolognese è stata una piacevole sorpresa: abbiamo visitato finalmente la chiesa sul colle, vista sempre solo dal treno. Siamo entrate all'ora del risveglio, tra pochi pellegrini assonnati, patiti del jogging che annaspavano per l'interminabile portico che la collega alla città, un buffo prete vecchio e secco che pareva uscito da un film western e giardinieri che tosavano aiuole profumate di menta. Poi un lungo tuffo fino all'appennino marchigiano con tornanti quasi alpini fino all'eremo citato da Dante e descritto (stavolta non è colpa mia, la meta non l'ho scelta io) da Rumiz. Il fiorentino ne ha cantato l'asprezza selvaggia, il triestino ne esaltava il silenzio, noi ci siamo ritrovate nel mezzo di una comitiva di laziali caciaroni, ma, dentro le mura spesse due metri dell'antica chiesa e sotto gli archi bassi del chiostro il tempo riesce ancora a fermarsi e l'incanto rimane. Io, poi, amo a prescindere i monasteri camaldolesi, peccato che, a quanto pare, l'amore non sia ricambiato: scendendo verso Loreto sul pullman traballante mi ha preso una nausea che non ricordavo dai tempi della corriera Camaldoli-Bibbiena. Per questo, più che per un eccesso di devozione, appena arrivata ho provato l'intenso desiderio di baciare la terra.
La città del santuario la sera è silenziosa e spopolata come un qualsiasi paesino dell'entroterra, con l'unica differenza della cupola illuminata che la sovrasta e racchiude lo scrigno barocco nel quale, ancor più bella per contrasto, si cela la casa nuda di Maria, che - angeli a parte - pare sia proprio quella. Portonovo è un paese invisibile, con ville nascoste tra gli alberi e la spiaggia di ciottoli chiari di un fascino (e di una trascuratezza) già meridionale, su cui si affaccia una chiesa romanica semplice e luminosa che, purtroppo, abbiamo potuto vedere solo da lontano, coi piedi a mollo nell'acqua tiepida, perché in restauro. Ancona è in salita, come la Genova di Caproni, con vestigia romane e rinascimentali incastrate tra i capannoni del porto. Il suo duomo la guarda dall'alto con il campanile staccato dal corpo della chiesa, come quello di Caorle, secondo una tradizione orientale che percorre tutto l'Adriatico. Prima di ripartire abbiamo anche fatto in tempo a vedere una sposa elegantissima, la quale probabilmente non saprà mai che, poco prima del suo arrivo, mentre il quartetto d'archi provava marce nuziali e un estemporaneo (spero) "farfallone amoroso, un sagrestano per poco non si accapiglia con le fioriste che finivano di sistemare gli addobbi. Siamo tornate verso le dieci piuttosto cotte e, mentre Costi e Dani si consolavano pensando di avere tutta la domenica per riprendersi, a me già montava l'ansia per la settimana di fuoco che mi aspetta e gli effetti benefici del pellegrinaggio sono spartiti in un istante, ma almeno mi sono tolta la soddisfazione, dopo anni, di cantare in corriera.
Come sempre un grazie alle mie inossidabili e pazienti compagne d'avventura e... a quando (e dove) la prossima gita?

mercoledì 1 settembre 2010

Ritenta: sarai più fortunato! (?)

Galline! Avete per caso letto la Gazzetta di ieri? Se sì immagino già saprete dove io desidererei essere il prossimo 10 gennaio (sempre ammesso e non concesso che...) e immagino vi si saranno drizzate le piume temendo che, ancora una volta, vi avrei lanciato un appello per chiedervi - se volete - di accompagnarmi. Infatti così è. Stavolta, per lo meno, dovrebbe essere più vicino, meno ripido e al coperto...