domenica 27 marzo 2011

E il viaggio continua... con un premio!

Galline care, sono scassata come un'utilitaria in via di rottamazione e così, anziché essere a Milano con Dani, a Torrechiara con Sandy, o a Casacca, il "paese fantasma" eccezionalmente aperto per la giornata del Fai, con chiunque avesse voluto accompagnarmi, me ne sto in casa davanti al pc. Argh! Guardando le e-mail, però, ho trovato una sorpresa: ci crediate o no abbiamo ricevuto un premio!
Si tratta, se ho capito bene, di una sorta di "catena di Sant'Antonio" telematica in cui un blogger segnala altri 10 blog che segue e così via, permettendo ad altri di conoscerli e, magari, di trovarli interessanti... Ogni blogger segnalato, oltre ad appropriarsi dell'icona che vedete qui, deve a sua volta indicare altri 10 blog, avvertirli del premio e, intanto che c'è, raccontare 10 cose di sè.
Noi siamo state citate da Walter, la guida che ha accompagnato me, Dani e Co a Venezia. Questo è il suo modo di ringaraziarci per aver parlato bene di lui. Ma anche lui non scherza! Ha dato di Hens'Thoughts questa definizione: "intelligenza, sensibilità e ironia in un blog tutto al femminile". Niente male, vero?
Direi che potremmo continuare il gioco. Che ne pensate?
Io, però, sono ancora una principiante del web e non mi vengono in mente 10 blog da inserire in elenco. Intanto, ne metto due: quello del nostro gentile Virgilio veneziano, ovviamente, in cui quasi ogni giorno racconta qualcosa della sua città; e quello della geniale copywriter triestina che si occupa di pari opportunità:
1) L'altra Venezia;
2) Donne in ritardo.
Gli altri, per favore, aggiungeteli voi!
Le 10 cose su di me, che certamente saprete, perché spesso parlo a vanvera, le metterò nei commenti, così anche voi potrete fare lo stesso senza far diventare chilometrico questo post. Il premio, infatti, l'abbiamo vinto tutte e nove: perché l'idea e lo spirito del blog sono nati dalle nostre vacanze e dalle nostre cene insieme, e io, dopotutto, ancora ci credo...

PS: Aggiungo all'elenco il molto irriverente, ma decisamente geniale, vignettista (e autore e attore e...) che ho avuto la fortuna di conoscere per lavoro:
3) Fogliazza's blog.

lunedì 21 marzo 2011

Polvere e sole

"Non essere che polvere e sole, non avere nel cuore che primavera" (Antonio Fogazzaro, Malombra)

Oggi, fidandomi del calendario, del sole e delle violette fiorite in abbondanza nel cortile condominiale (vedi foto), ho osato la bicicletta per andare al lavoro.
Se domani mi sveglio col mal di gola... sapete il perché.
Per la citazione sono stata a lungo incerta tra questa - che avevo trascritto sulla lavagna in camera mia alle superiori - e un'altra che dice così "Buona primavera, per chi vola non c'è frontiera!"; Ok, lo ammetto: è un verso di "Chi fermerà la musica" dei Pooh. Che dire: dal romanticismo letterario al pop, a volte, il passo è breve.

Giacché ci sono, vi comunico anche che, come mi ha fatto osservare giustamente Chiara ieri, quest'anno ricorre il nostro decennale! Si accettano proposte per festeggiarlo degnamente...

giovedì 17 marzo 2011

Buon compleanno!

Quasi quasi stamattina prendo il cappotto rosso, acquistato in un impeto di follia, riesumo la sciarpina bianca rubata a mia madre per scendere in piazza il 13 febbraio, monto sulla mia macchina usata, decisamente verde, e vado a fare un giro. Sarei perfetta!
Tanti auguri, povera, piccola Italia. E tanti auguri anche alle ciose - e sono tante - che in questo periodo compiono gli anni. Per loro (per noi) almeno due certezze (e dico poco!): ne facciamo molti meno di 150 e, come diceva Gaber, se fossimo nate in un altro luogo, poteva andarci peggio...

lunedì 14 marzo 2011

Sirat Al Bunduqiyyah

"Allora hai studiato l'arabo" dice convinta la suorina bianca, ultraottantenne, alla reception del palazzo trasformato in ospizio, appena scopre che ho fatto lettere antiche. Io la guardo perplessa e rispondo che no, veramente solo latino e greco (e me li sto pure dimenticando...). Mi soccorre la guida spiegando che qui, per secoli, l'altrove e l'antico erano in oriente e, probabilmente, lo sono ancora. Anche questa è Venezia: afferrata al volo, incerte fino all'ultimo se saremmo riuscite a partire o no, tra acciacchi vari e previsioni meteo al limite del catastrofico. Ripensandoci, mi viene in mente dove ho già visto il simbolo esoterico, anch'esso orientale, che, raccontava la guida, era visibile fino a pochi anni fa sulla facciata di un palazzo in bilico su un rio, con gli archi rinforzati da gabbie di legno: in un racconto di Corto Maltese che ha due titoli, uno in arabo, che è lo stesso di questo post, e l'altro è la sua traduzione, "Favola di Venezia". Anche lui, in effetti, pareva uscito da un racconto di Pratt: alto, sottile, decisamente innamorato della sua città. Ci ha portate in giro per tre ore attraverso calli, campi e fondamenta incredibilmente semideserti, imbucandosi in giardini segreti e saloni dipinti nascosti in lussuosissimi alberghi, insegnandoci a riconoscere un sandolo travestito da gondola e facendoci osservare i particolari: il bassorilievo con il cammello e il cammelliere che si guardano, sulla facciata della casa di una famiglia di spezieri, il motto beneaugurante sull'architrave di una porta, la ciotola scavata nel basamento delle vere da pozzo per far abbeverare cani e gatti e altre cose ancora.
Ebbene sì. Stavolta ci siamo concesse una visita guidata e devo dire che ne è valsa la pena. Il nostro Virgilio personale, che in realtà si chiama Walter, ci ha lasciate al Ghetto: in un campo circondato da altissime case colorate dove i bambini giocavano a pallone e c'erano persino due ebrei osservanti, con tanto di barba e cappello nero, che parevano messi lì a fare scena, e invece stavano semplicemente conversando tra loro a casa loro. Visto che eravamo in vena, nel pomeriggio altra visita all'interno delle sinagoghe veneziane. E qui, sorpresa, ci siamo sentite raccontare la stessa storia in due modi diversi. Dove la guida che avevamo da poco lasciato esaltava la tolleranza e la liberalità della Serenissima, quella del museo ebraico sottolineava le limitazioni imposte ai suoi correligionari fino al rastrellamento ad opera dei nazisti. Chi aveva ragione? Probabilmente un poco entrambi: è il bello (o il brutto) della storiografia.
Inevitabilmente siamo finite a saccheggiare il bookshop del museo e qui, da una finestra affacciata sull'acqua, abbiamo visto cominciare la pioggia: era ora di tornare a casa. Così ci siamo intruppate anche noi, a malincuore, nei percorsi battuti dai turisti. Per un poco avevamo quasi creduto di appartenere a una razza diversa da quella più odiata (e amata) dagli abitanti di questa meravigliosa città. L'illusione è svanita mentre seguivamo a naso in su i cartelli gialli "Stazione", ma è stata bella, finché è durata. "Ci sono a Venezia tre luoghi magici e nascosti: uno in Calle dell'amor degli amici; un secondo vicino al Ponte delle maravegie; un terzo in Calle dei marrani, a San Geremia in Ghetto. Quando i veneziani (qualche volta anche i maltesi...) sono stanchi delle autorità costituite si recano in questi tre luoghi segreti e, aprendo le porte che stanno nel fondo di quelle corti, se ne vanno per sempre in posti bellissimi e in altre storie". Li troveremo la prossima volta?

martedì 8 marzo 2011

Auguri "classici"

"Alcuni un esercito di cavalieri, altri di fanti/ altri di navi, dicono sia, sulla nera terra,/ la cosa più bella, ma io dico/ ciò che uno ama"
E questa è Saffo. Scusate se, per la festa della donna, mi do ai classici. Li ho frequentati per anni e, anche volendo, è difficile uscirne indenni. Oltretutto questa citazione temo di averla già usata su qualche segnalibro o qualche e-mail che vi ho propinato gli anni scorsi sempre per questa occasione. Che ci volete fare: a me questa poesia piace, non tanto per il contenuto in sé (il frammento prosegue poi facendo l'esempio di Elena, che per amore abbandona patria e famiglia, e si conclude con un accenno ai casi personali della poetessa), ma per questo attacco sorprendente e, in qualche modo, moderno. Certo a nessuno di noi, oggi, spero, cercando esempi su quale potrebbe essere la cosa più bella verrebbero in mente immagini così bellicose; ma Saffo con questo paragone, spazza via d'un colpo la tradizione dei poemi omerici, quelli nei quali è normale leggere pagine e pagine di descrizione di equipaggi di navi, guerrieri schierati e battaglie, in cui l'importanza del singolo - che pure appare in esempi strepitosi - è sempre in qualche modo subordinata a quella della stirpe di appartenenza. Saffo, donna colta e poetessa, si fa una sua scala di valori personale e la propone alle allieve della sua scuola: fanciulle nobili che andavano da lei per imparare ad essere buone mogli, è vero, ma nel frattempo si godevano una parentesi di libertà non disprezzabile per l'epoca (VII a.C.). Tenete conto anche del fatto che, al liceo, si arriva ai lirici dopo diversi mesi di Iliade e Odissea e, in genere, ci si innamora immediatamente di questi autori per tanti motivi: perché scrivono testi brevi, più facili da studiare, e perché emergono figure interessanti, ironiche, struggenti: c'è Archiloco, il soldato-poeta, che dà della guerra una visione dal basso, decisamente antieroica; Alceo, forse il primo ad usare l'immagine della nave in mezzo al mare in tempesta per rappresentare una crisi politica (come farà anche Dante); e poi c'è lei, Saffo: la prima donna della letteratura greca, che ti parla quasi esclusivamente d'amore nelle sue più varie sfumature, quando parlarne non era affatto una cosa banale, ma, anzi, l'inedita affermazione della propria individualità. Impossibile non affezionarsi a lei, soprattutto in anni adolescenziali, quando persino a una acida come me capitava di avere le farfalle nello stomaco. Impossibile non ricordarla oggi, tra la lunga serie di progenitrici che, in qualche modo, ci hanno rese quel che siamo.
Per questo dedico questi versi a tutte voi, ma in particolare alla piccola Lu, che ha inaugurato la seconda generazione delle ciose, augurando anche a lei di avere, quando sarà il tempo, un pollaio di amiche con cui crescere e confrontarsi.