mercoledì 30 novembre 2011

Tre anni e non sentirli...

Interno, sera. Mentre esco dall'ufficio del mio capo incrocio la contabile che vi si dirige a passi lunghi, sventolando un plichetto di fotocopie contenenti resoconti mensili di non so quali incombenze. Ci incrociamo sulla soglia nell'attimo in cui, rivolta a lui, esclama: "Mi manca giugno!". E io, sospirando: "Eh, anche a me manca tanto! Il sole, il caldo, le giornate lunghissime, le vacanze...". Lei ride, il capo no, e io me ne torno quatta quatta dietro il mio computer.

E' andata così, e un poco me ne dispiace perché avrei voluto qualcosa di più sensato da raccontare nel giorno in cui festeggiamo il terzo compleanno di questo blog. Ma forse va bene lo stesso. Infondo, da quando abbiamo messo il becco per la prima volta in questo piccolo pollaio virtuale, abbiamo sempre fatto così. Non ci siamo scelte un tema, una linea, un pensiero: abbiamo semplicemente deciso di raccontarci anche qui come facciamo quando siamo tra noi, mescolando cose piccole e grandi, serie e, beh, molto meno serie. Anche se, in realtà, non so se ve ne siete accorte, ma quassopra ci capita di scambiarci pensieri e ricordi mai condivisi altrove. Credo sia giusto e naturale: perché con mezzi espressivi diversi si riescono a dire cose diverse o almeno, a vederle da un altro punto di vista. E, a volte, è una ricchezza e un sollievo.
Non avremo scelto, diciamo così, una "linea editoriale" (e, se vi può consolare, sappiate che, per la mia esperienza di lavoro, a volte non la scelgono nemmeno i direttori di giornali), però ci siamo scelte noi, in qualche modo, più o meno dieci anni fa e, scorrendo la colonna di sinistra, scopro sempre con un certo stupore che c'è qualcuno che ha scelto di seguire noi. Anche a loro sono grata, come a voi, perché scegliere, dopotutto, è una delle cose più difficili e meno banali che ci tocca fare nella vita...
Auguri!

giovedì 24 novembre 2011

It's a hard life

Me la concedete, oggi, una piccola divagazione rock?
Il titolo di questo post campeggia sulla lavagna bianca sopra la mia scrivania dai tempi dell'esame di terza media. Ormai è un po' sbiadita, ma impossibile da cancellare. Non è solo una consapevolezza che mi porto dietro da allora e cresce ogni giorno di più. E' anche il titolo di una canzone dei Queen, quella che ha un video strepitoso dove i quattro indossano maschere improbabili. Per la cronaca, la mia preferita era quella da unicorno del bassista: ho sognato per anni di vestirmi così a carnevale!

"My soul is painted like the wings of butterflies
Fairytales of yesterday will grow but never die
I can fly - my friends!"

(The show must go on)
Questa l'avevo scritta con l'uniposca bianco sul fianco del mio zaino di scuola alle superiori.

"You can't turn back the clock,

you can't turn back the tide

Ain't that a shame?"

(These are the days of our lives)
Con questa avevo terminato un raccontino di fantascienza che mi avevano dato per compito alle medie. Credo sia una delle mie canzoni preferite. Se incappo nel video, l'ultimo girato da F., ancora adesso mi commuovo.

L'immagine è la stessa del poster che ho avuto appeso in camera per anni, comprato vergognandomi come una ladra in una cartoleria appena uscita da scuola.

Ecco, così imparate a ricordarmi che 20 anni fa moriva Freddie Mercury: mia insana passione adolescenziale.

martedì 22 novembre 2011

Da Ligabue a Pascoli


Per la serie "Galline famose", un quadro di Ligabue in cui due galletti si azzuffano per far colpo sulla bella gallinella.
A seguire bella poesia bucolica del Pascoli.

Galline

Al cader delle foglie, alla massaia
non piange il vecchio cor, come a noi grami;
che d'arguti galletti ha piena l'aia;
e spessi nella pace del mattino
delle utili galline ode i richiami,
zeppo, il granaio; il vin canta nel tino.

Cantano a sera intorno a lei stornelli
le fiorenti ragazze occhi pensosi,
mentre il granturco sfogliano, e i monelli ruzzano
nei cartocci strepitosi.

Myricae, l'ultima passeggiata

mercoledì 16 novembre 2011

Dentro una poesia

Dani, ti ricordi che bello che era, domenica pomeriggio, il castello di Torrechiara che emergeva controluce dalla nebbia? Ricordi anche che, se non fossimo state in ritardo e non avessimo avuto alle calcagna una fila di auto, sarei stata fortemente tentata di accostare lungo la Provinciale, estrarre la digitale d'ordinanza e fare una foto. Ecco, stamattina dovevo tornare per lavoro da quelle parti ed ero quasi contenta della nebbia, perché speravo che il maniero, che amo in tutte le stagioni, mi concedesse una seconda possibilità. Per questo, quasi quasi ci son rimasta male quando, subito dopo Corcagnano, mi si è parato davanti un bel cielo azzurro e la temperatura s'è alzata da +0,5 a +4,5. In compenso, appena salita sul crinale la vista era magnifica: colline limpide tutt'attorno e una pozza grigia in basso, giusto sopra Parma. E io mi sono ritrovata di colpo dentro una poesia.Questa:
"C’è la nebbia che ci cancella
Nasce forse un fiume quassù
Ascolto il canto delle sirene

del lago dov’era la città"

(G. Ungaretti, Nasce forse)
In effetti la nebbia è una strana cosa per chi non c'è abituato. L'ho capito vedendo lo sguardo sperso e inorridito di una mia compagna di classe delle superiori, capitata da noi in pieno inverno da non ricordo più quale paesino assolato della Puglia.
Alla fine ho tentato ugualmente una foto, ma non rende assolutamente l'idea, un po' perché da me, purtroppo, non è che si può pretendere, un po' perché, anche stavolta, ero ferma sul ciglio di una strada e, ovviamente, in ritardo.

PS: Stamattina (17/11) un altro lago improbabile me lo sono trovato davanti all'ufficio. Tubatura rotta e acqua che gorgogliava da sotto l'asfalto. Impressionante. Mi avrebbero fatto comodo gli stivali di plastica colorata che abbiamo adocchiato domenica al mercato, quando abbiamo giocato a immaginare di acquistare oggetti come scusa per viaggiare. Un maglione spesso due dita con fiocchi di neve fa ridere a Parma, ma è perfetto sulle vette del Trentino. Quanto al luogo dove vorrei testare la tenuta degli stivali di gomma di cui sopra ci arrivate da sole, vero?
Si accettano suggerimenti, invece, su quale capo di vestiario o accessorio potrebbe propiziare, finalmente, un weekend a Torino... giusto perché son due anni che ne parliamo e a Venaria c'è una mostra di Leonardo.
Saluti fugaci.

lunedì 7 novembre 2011

Una guancia di melograno

Dedico questa vignetta di "La casa dorata di Samarcanda" di Pratt a una cara amica che, ho fatto due conti, conosco da quasi vent'anni e imparo ad apprezzare di più ogni volta che abbiamo l'occasione di passare un po' di tempo assieme; alla guida, che ci ha regalato - di nuovo! - tre ore incantate; alla pioggia, che ha fatto danni ovunque ma ci ha miracolosamente risparmiati.
E a una città.
Tutti loro sanno il perché.

venerdì 4 novembre 2011

Galline al cinema


Visto che questo è un blog di ciose, cioè galline, mi è venuta la bizzarra idea di inserire qui le immagini di galline immortalate sul grande schermo.
Chissà perché, la prima che mi è venuta in mente è la povera gallinella che Rocky doveva rincorrere e acchiappare (mentre avrebbe preferito mangiarsela) durante il suo allenamento.
Chi vuole trovarne altre? Se non vi interessa il cinema, vanno bene anche galline in ambito artistico o letterario.

giovedì 3 novembre 2011

La casa del meleto e altre storie

Quando venerdì 28 ottobre il capo c'è piombato in ufficio domandando: "Ma voi avete intenzione di fare il ponte?", io e la mia collega ci siamo guardate in faccia e abbiamo risposto in coro: "Beh, se proprio ce lo chiedi...", ragione per cui nei ben quattro giorni di libera uscita - oltre a spender soldi per rimpinguare il guardaroba invernale con due paia di pantaloni di lana taglia 46 - mi è anche capitato di infilarmi, assieme alla mia auto, nello stretto cancello dello stretto cortile di una palazzina anni cinquanta affacciata sulla trafficatissima via Spezia. Era la prima volta che ci entravo. Non vi sto a spiegare il perché, ma vi assicuro che erano motivi più che leciti. Comunque, mentre misuravo quanto era piccolo il cortile e quante (tante) manovre mi sarebbero servite per uscirne, dentro un casottino di legno, rete e lamiera ho avvistato un crocchio di galline rosse e ben pasciute. Si stringevano tra loro e mi guardavano come solo loro sanno fare: dal sotto in su, piegando la testa da un lato e osservandoti con un solo occhietto tondo decisamente perlpesso. Le ho salutate, rassicurandole delle mie buone intenzioni e ho pensato che, dopotutto, in questi tempi di crisi un pollaio condominiale non sarebbe una cattiva idea. Ho pensato anche che non è la prima volta che mi capita di scovare galline urbane, per lo più in quelle case di campagna inglobate pian piano dalla città, che, anche grazie a loro, tentano una commovente difesa della propria diversità. Mi piacciono quelle case. Ce ne sono diverse dalle mie parti. Se ne stanno basse e scompagnate tra i condomini, circondate da un rimasuglio di giardino. In genere sono abitate da donne anziane rimaste sole, immagino attorniate da parenti che non vedono l'ora che se ne vadano per vendere la proprietà a carissimo prezzo al palazzinaro di turno. Inutile dire che faccio il tifo per loro. In un'altra sono entrata: quella dei proprietari del meleto che, vent'anni fa, vedevo dal balcone di casa, oltre i campi di grano che ora son diventati campi da baseball. Anche il meleto non c'è più. Gli ultimi ceppi contorti erano rimasti nel giardino di quella casa dalle scale strette e dai muri spessi. Pure lì c'era qualche gallina, e crisantemi che fiorivano di questa stagione. Un'altra se ne sta nascosta oltre un alto cancello e un bosco sorprendentemente incastonato tra un condominio e un supermercato. Darei non so cosa per metterci il naso. Un'altra ancora si è riservata un angolo davanti all'enorme mole bianca e imponente della nuova sede della facoltà di medicina; col suo disordine decadente e i gatti pigri nel cortile è quasi un monito per i futuri medici: "Anche se vi fanno studiare e lavorare in casermoni squadrati e asettici, che somigliano più a fabbriche che a ospedali, sappiate che la vita vera resta, dopotutto, un gran casino". Un'altra, anch'essa nascosta da una selva ormai irriconoscibile di alberi da frutto, sta proprio di fronte all'ingresso del cimitero, appena finisce la linea gotica dei chioschi dei fioristi. Deve avere un pollaio ben fornito perché capita - a qualunque ora del giorno - uscendo dopo un mesto giro a ritrovar parenti perduti, di essere accolti dal canto di un gallo: una sveglia potente e gioiosa, che ti riporta tra i vivi lasciandoti, però, il ricordo della terra.