mercoledì 10 giugno 2020

Socializzazione e altre storie

Sono viva. Non sto tanto bene, ma sono viva. Riattivo questo blog solo perché ho 'sta cosa che mi preme dentro e se la pubblico altrove mi inimico metà dei miei contatti, ma se non la scrivo da qualche parte non me ne libererò mai più.
Quindi pazientate.
Poi me ne tornerò buona buona in un angolo.
Pronti? Via!
***
Durante il lockdown ho scoperto con estremo piacere il podcast con le registrazioni delle lezioni di Alessandro Barbero.
Avendo la memoria di un criceto, non è che adesso io mi ricordi la vita di Costantino o la battaglia di Caporetto, però una cosa mi è più chiara di prima: oltre che di conoscenze scientifiche, noi, in generale, manchiamo anche di prospettiva storica.
Quindi, non solo mi incazzo quando leggo i dati apparentemente contraddittori circa le ultime ricerche sul Covid, che sembra dicano tutto e il contrario di tutto, alimentando il complottismo, e invece, come mi è stato fatto notare giustamente da un amico scienziato, sono semplicemente studi parziali, che illuminano solo una fetta di verità; ma ho cominciato a incazzarmi anche quando qualcuno parla di necessità di tornare alla normalità.
Che cos'è la normalità?
Gli aperitivi, i viaggi, i centri estivi, le vacanze...
Tutto giusto, tutto bellissimo.
Ma anche la normalità è relativa nel tempo e nello spazio.
Quello che per noi oggi è normale non lo era per i nostri nonni. Quello che per noi qui è normale non lo è per chi vive in molti altri posti del mondo. Ciò che per noi qui e ora è normale non lo è per molte persone che per molte ragioni (malattie, disabilità, fragilità psicologiche e sociali) hanno sempre fatto e continueranno a fare una vita ben diversa dalla nostra.
Quindi attenzione quando invocate la "normalità" per voi e, soprattutto, per i vostri bambini.
Perché la normalità è quella che voi/noi abbiamo costruito attorno a loro credendo, in base alle nostre attuali conoscenze, che fosse la cosa migliore. 
E magari tra qualche decennio scopriremo che anche la "socializzazione", di cui i poveri pargoli sono stati brutalmente privati dalla pandemia, provocando loro danni incalcolabili, in realtà, è un mito. 
E scopriremo che chi alle elementari ha studiato quattro lingue, fatto dieci sport e frequentato centinaia di altri bambini ogni giorno non è diventato più intelligente, ma si trova a vent'anni già stanco, incapace di imparare cose nuove e desideroso di ritirarsi per il resto della vita in un eremo nel mezzo di un bosco.
O magari no. 
Ma visto che oggi non possiamo saperlo, piantiamola di confondere le cose necessarie per loro con quelle che fanno più comodo a noi e allo stile di vita tipico della società occidentale di questo decennio. E di pretendere che tutto possa tornare in fretta "normale" dopo la morte di 33 mila persone.
Amen.