venerdì 30 settembre 2011

Sulla bellezza

Non penso sia semplicemente "bello ciò che piace" ma che quello della bellezza sia un concetto universale non necessariamente legato all'estetica. L'autoritratto di Rembrandt (Londra, National Gallery), per fare un esempio, non è bello perchè il soggetto rispecchia i nostri (?!) canoni estetici ma perchè trasmette un'emozione facilmente percepibile da chi l'osserva.
Più in generale, grazie ad una tecnica eccellente l'Artista riesce a trasferire nella sua opera una parte di quel Sentimento che ci accumuna: l'impatto con questa emozione all'inizio ci turba, poi ci disorienta e infine ci riconcilia con noi stessi (... e il naufragar m'è dolce in questo mare...) così che alla fine quando esclamiamo "che bello", in realtà non ci stiamo riferendo al quadro ma piuttosto a quella parte di noi stessi che grazie ad esso è affiorata.
Questa voleva essere solo una piccola riflessione, lo so bene che sul tema del bello si potrebbero scrivere miliardi di tesi di laurea!

lunedì 26 settembre 2011

L'abitudine alla bellezza

Un paio di settimane fa, a Roma, immobile davanti alla Fornarina di Raffaello, con un principio d'occhi lucidi, ho pensato alla malasorte capitata ai quadri appesi nella stessa stanza di lei - pudica e maliziosa, ironica e sensuale, insomma bellissima - destinati loro malgrado a essere osservati distrattamente o neppure degnati d'uno sguardo da turisti affamati di capolavori. Poverini. Non sono brutti e, se fossero altrove, in un museo di provincia, sull'altare di una chiesa di paese o sul muro d'una collezione privata catalizzerebbero gli sguardi e sarebbero, giustamente, valutati quel che meritano. Il fatto è - riflettevo sabato saltabeccando per i musei di Ferrara con Valentina, rivista dopo due anni - che noi italiani siamo abituati alla bellezza. Persino una piccola città come Parma offre almeno una decina di chiese degne di nota e altrettanti musei, per non parlare di piazze, monumenti e singoli scorci perlomeno pittoreschi.
Siamo così abituati da esser costretti a scegliere cosa guardare e cosa ignorare, in base a canoni estetici che ci son stati trasmessi da altri e abbiamo fatto nostri, magari arricchendoli con un poco d'esperienza e gusto personale. Siamo così abituati che, infondo, non ce ne importa più di tanto. Forse è per questo che siamo in grado di tollerare le orribili periferie che circondano le città, le aree industriali, i centri abitati senza centro: fatti soltanto di case, negozi e capannoni allineati lungo le strade. Perché sappiamo che a un certo punto finiscono e che, volendo, abbiamo mille possibilità per rifarci gli occhi.
Ne abbiamo visti di orribili, attraversando la provincia torinese dirette verso la Sacra di San Michele: ancora più straordinaria dopo l'anonimato di questi luoghi senz'anima. E guardando la Val di Susa dalla terrazza del "culmine vertiginosamente santo" ci è venuto naturale pensare che, se l'avessero costruita oggi, magari affidandola a qualche "archistar", di sicuro sarebbe costata di più, sarebbe stata più brutta e avrebbe resistito di meno. Eh già perché è evidente che anche quando i nostri amministratori si riempiono la bocca di grandi nomi e fingono di progettare la città del futuro i risultati, il più delle volte, ci lasciano delusi e non reggono il confronto, non dico con una cattedrale medievale o un palazzo neoclassico, ma nemmeno con una casuccia di pietra tirata su a suon di esperienza dai contadini o con qualche bella fabbrica liberty dei primi del '900.
E' solo questione di prospettiva? Abbiamo succhiato col latte il culto per l'antico e il nuovo, anche se ben fatto, ci appare sempre un po' squallido; mentre tra qualche secolo, magari, le comitive si fermeranno a naso in su ad ammirare i resti di un outlet.
E' possibile ma non mi convince. Sospetto, invece, che la mancanza di bellezza viaggi di pari passo con la mancanza di lungimiranza di un'intera classe di politici e imprenditori di cui abbiamo, proprio nella nostra città, parecchi esempi emblematici.
Certo, anche il patrizio romano che pagava a sue spese un mosaico nella basilica della sua città - e ci faceva mettere la targa col suo nome - lo faceva per dimostrare la sua potenza e la sua ricchezza e per racimolare consensi per farsi eleggere a qualche magistratura superiore; ma, visto che le sue pietre, spesso, sono giunte fino a noi, di sicuro non lesinava in qualità dei materiali e della manodopera. Badava alla sostanza, non solo all'apparenza e aveva, diremmo oggi, una visione di lungo periodo: voleva che i suoi pronipoti potessero passeggiare sul suo mosaico, non che durasse entro e non oltre le prossime elezioni. Univa, insomma, all'utile e al bello un'idea d'eternità. Anche il contadino che tirava su la casa ad occhio e ad esperienza la faceva non solo per sé, ma per crescerci i suoi figli e i suoi nipoti. Chissà, forse è proprio da quest'idea che nasce una bellezza capace di andar oltre il valore economico e superare le mode.
D'altronde guardatela bene la Fornarina: ha un bel nasone, le spalle cadenti, i seni piccoli ed è, di sicuro, più grassa di me. A Miss Italia non l'avrebbero presa, ma sfido chiunque, dopo 500 anni, a dire che è brutta!

venerdì 16 settembre 2011

Corrispondenze

"Le parole non dette
rimangono attaccate ai muri
non più abitati
dallo sguardo degli uomini."

(Paolo Rumiz, Le dimore del vento)

Sarò breve. Ci credete?
Non so voi, ma a me, quando capita di trovare curiose corrispondenze di pensieri, parole, sentimenti con persone lontane e diverse da me per età, origine, mestiere, esperienze, quasi quasi mi commuovo...
La foto è l'edificio accanto alla tomba di Cecilia Metella lungo l'Appia antica a Roma, scattata tre anni fa in un meraviglioso pomeriggio di cicale.
Son stata breve, visto?

giovedì 8 settembre 2011

Martedì 11 settembre 2001,


nel primo pomeriggio, mi sono rintanata nello studio di mio padre per cominciare a correggere delle bozze ritirate in mattinata dallo studio editoriale con cui collaboro tutt'oggi.

Si trattava di un saggio sulla jihad islamica, la guerra santa dell'Islam contro l'Occidente: argomento molto complesso e da far tremare i polsi, infatti io, che ero all'inizio della mia attività di correttrice di bozze, ho pensato bene di isolarmi per concentrarmi meglio.

Intanto al piano di sotto mia madre e mia sorella, davanti alla TV, assistevano in diretta alla drammatica dimostrazione delle teorie di cui io, ignara di tutto, stavo leggendo.

Loro mi hanno poi detto di non avere avuto il coraggio di venirmi a chiamare perché sapevano bene della fascinazione che io ho subito fin da piccola per l'America e per New York in particolare. Un legame che si nutriva di romanzi letti, telefilm guardati, del poster con lo skyline appeso in camera, e della passione per il cinema di Woody Allen, tanto che ad ogni compleanno il mio desiderio espresso davanti alla candelina era: "Voglio andare a New York!"

E alla fine ci sono andata, grazie all'ospitalità di conoscenti, nell'autunno successivo al mio esame di maturità, e ho voluto vedere tutti quei posti per cui New York è New York, salendo anche fino in cima alla Torre Sud del WTC.

Che cosa si prova quando si realizza un sogno? Senz'altro gioia e soddisfazione, ma poi anche un certo senso di vuoto perché un sogno realizzato è un sogno in meno da sognare, scusate il gioco di parole, e da quando ci sono stata l'America ha smesso per me di essere un mito, si è "normalizzata".

Però quel pomeriggio quando poi son scesa e mia madre mi ha detto criptica: "C'è del brutto…", e tutto si era già compiuto, le Torri già crollate, ricordo che, dopo aver pensato che era fantascienza, mi sono sentita ferita e offesa in prima persona, ma soprattutto piena di rabbia, di paura e di odio verso i responsabili e verso la cultura che li aveva formati…

Mi ci è voluto del tempo per capire che quella era la reazione auspicata dai terroristi, che la risposta migliore invece era coltivare un atteggiamento di apertura verso gli altri, di integrazione degli immigrati e di tutti coloro che per qualche motivo sono diversi da noi. New York, in fondo, e anche il WTC erano un bellissimo esempio di convivenza pacifica, e tra i pompieri che quel giorno andarono controcorrente rispetto alla gente in fuga dalle Torri c'erano anche numerosi islamici.