lunedì 15 febbraio 2021

Il re del presente

Non si nomina il passato. È peccato pressoché mortale affermare che dieci anni fa - forse anche cinque - si facessero (non solo, ma anche) cose più belle: già quelle dell’anno scorso non hanno più significato.
Solo il nuovo importa, che sia migliore o peggiore non conta. Bisogna andare sempre e solo avanti.

Non si dice mai a un cliente che si è data la priorità a un altro cliente, anche se è vero. Anche se la priorità è dettata non da qualche privilegio soggettivo, ma da puri motivi tecnici e pratici. Perché bisogna fingere che ogni cliente sia unico e che noi siamo sempre e solo a sua disposizione: come se fosse un bambino egoista e capriccioso, non una persona adulta che sa bene che nell’organizzazione del suo come dei lavori degli altri è inevitabile porsi delle priorità, avere delle scadenze, dover risolvere rapidamente imprevisti; e possa sentirsi abbandonato, anziché rassicurato, dal fatto che un suo fornitore si comporti esattamente come lui.

Non si parla mai di soldi. Non si può mai dire che ad un prezzo minore corrisponde un servizio più scadente. Bisogna inventarsi giri di parole, perigliose arrampicate sugli specchi, per dire che sì, in effetti, il budget è un po’ risicato però faremo il possibile e la qualità non ne risentirà quasi, forse, più o meno…
Tanto poi ci sarà sempre il coglione che sforerà le ore previste per non consegnare al cliente una ciofeca, e pazienza se non rientra nei costi, perché c’è una dignità da mantenere in qualunque professione. Perché lo sai che quella cosa l’hai fatta tu e ti dispiace se fa schifo, anche se il cliente non avrebbe diritto ad altro che a quello schifo. Lui sì, forse, ma tu no. E nemmeno chi ne dovrà fruire: loro non se lo meritano.

Ma, soprattutto, non si parla del passato.
Il passato è l’inutile e l’innominabile, più degli altri clienti, più dei soldi.
Perché il passato ci rivela che il re del presente è nudo.
E che anche il re del futuro va perdendo consistenza.