mercoledì 29 febbraio 2012

Dire, fare... baciare

Questa è Salut, (Saluto) di Renzo Pezzani, da Bornisi, che mi ostino a non restituire a Dani...

J en bräz dal to fög,
l’è pan dla to tera,
j en storii contädi
a la nostra manera;
l’è cör dal to cör,
l’è un dì dla to smana.
Gh’è denter al sangov
dla genta pramzana.
Gh’è denter l’odor
dla campagna pu s’cetta,
la voza dla donna
ch’at däva la tetta.
- J en così – at dirè
ch’a säv’n anca primma…
Mo gh’ vreva qualcdon
ch’j a dziss con la rimma…


Ovvero: "Sono braci del tuo fuoco,/ è pane della tua terra,/ sono storie raccontate/ alla nostra maniera;/ è cuore del tuo cuore,/ è un giorno della tua settimana./ C'è dentro il sangue/ della gente parmigiana. C'è dentro l'odore/ della campagna più schietta,/ la voce della donna/ che ti dava la tetta./ Sono cose - dirai -/ che si sapevano anche prima.../ ma ci voleva qualcuno/ che le dicesse con la rima.../

Questi sono alcuni stralci da Filò di Andrea Zanzotto. La traduzione è tratta dell'antologia Poesie 1938-1986, che staziona da un po' sul mio comodino, perché, confesso, mi ci son piantata.

Vecio parlar che tu à inte ‘l tò saòr
Un s’cip del lat de la Eva...
Cioé: "Vecchio parlare, che hai nel tuo sapore/ un gocciolo del latte di Eva..."

None e mame le è ‘ndate, quele che te inventéa,
nòvo petèl par ogni fiòl in fasse...

"Nonne e mamme sono andate, loro che ti inventavano/ nuovo petél (ndr: il linguaggio con cui si parla agli infanti) per ogni figlio in fasce..."

Ma da ‘ste poche brònzhe de qua dò,
dai fià dei filò de qua dò,
si i fii, i fii
del insoniarse e rajonar tra lori se filarà,
là su, là par atorno del ventar de le stele
se inpizharà i nostri mili parlar e pensar nòvi
inte ‘n parlar che sarà un par tuti,
fondo come un basar...

"Ma dalle poche braci di quaggiù,/ dai fiati dei filò (ndr: le riunioni nelle stalle a filare e chiacchierare) di quaggiù,/ se i fili, i fili/ del sogno e della ragione tra loro si fileranno, / lassù, nei dintorni del tirar vento di stelle/ si accenderanno i nostri mille parlari e pensieri nuovi/ in un parlare che sarà uno per tutti,/ fondo come un baciare..."

Non so a voi, ma a me fa impressione (una bella impressione!) che due poeti parecchio diversi abbiano usato due immagini simili per parlare della loro lingua madre, quella che hanno imparato da piccoli: per loro è stata il dialetto, per noi, chiaramente, l'italiano.
L'uno usa l'immagine concretissima della "tetta", l'altro parte scomodando Eva, ma poche righe dopo, cita madri e nonne: la lingua è come il latte e sono le donne le sue prime custodi.
L'uno intitola la sua raccolta "bornisi": una parola stupenda, che indica le braci che restano sotto la cenere; l'altro spera che un giorno, dalle braci rimaste nei fuochi accesi per il filò, rinascano una lingua e un pensiero nuovi.
La lingua è un fuoco nascosto che, se conservato e ravvivato, illumina ricordi e pensieri. "Scrivere è una funzione del capire", dice Meneghello nelle note ai Piccoli maestri.
Lo so che sono monotona. E' che, quando conosco persone che parlano correntemente tre o quattro lingue un po' le invidio, ma mi verrebbe da chiedergli in che lingua pensano. E non so se è giusto - anche se certamente è un bene - che bambini piccolissimi apprendano più lingue contemporaneamente, senza averne una che possano dire propria.
Probabilmente sbaglio e anzi, proprio perché ogni lingua apre un mondo, più se ne sanno più il pensiero può spaziare, accogliere più sfumature e abbracciare la molteplicità, oggi imprescindibile alla vita.
Eppure non mancano i segnali di un impoverimento del linguaggio, che corrisponde a un impoverimento delle relazioni interpersonali. Ho letto, non ricordo più dove, che ricercatori hanno trovato una relazione diretta tra l'aggressività degli adolescenti e la loro incapacità di esprimere i loro sentimenti. Non solo per problemi emotivi, ma anche linguistici: conoscono poche parole e non sanno come usarle correttamente.
Insomma, ben venga lo studio delle lingue, ma forse almeno una bisognerebbe farla propria e approfondirla tanto che possa diventare, come dice Zanzotto con un'altra immagine bellissima, "profonda come un bacio". E per farlo non basta una vita!

Va bene, lo ammetto: potevo trovare una scusa meno balzana per giustificare il fatto che non mi iscrivo ai corsi d'inglese quando qualcuno me li propone, anche se me lo sto dimenticando. Vergogna!
Poi non volevo perdere l'occasione di pubblicare un post in questo giorno un po' speciale.
E questo m'è venuto in mente. Saluti bisestili!

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