lunedì 31 maggio 2010

Chiamatemi Ernestina

Carissime,
per l'ennesima volta il capo mi ha detto che gli ricordo sua nonna. Ora, la cosa non è del tutto un complimento né propriamente un offesa. Pare, infatti, che nonna Ernestina, che lo ospitava a Bologna nei suoi anni da universitario bohemien, fosse una donna solida e paziente, un punto di riferimento, insomma; e questo non può che lusingarmi. Ma, come tutte le nonne era anche rigida e brontolona e, soprattutto, vecchia! Contando che io ho 15 anni meno del mio capo la faccenda risulta un poco surreale. Quel che è peggio è che non è la prima volta che mi capita una cosa del genere: alle elementari i compagni mi chiamavano "la nonna", per via di certi foulard che mia madre mi infliggeva per scampare alle otiti. Mentre un paio d'anni fa un attore cinquantenne che, bontà sua, si prestò a interpretare un salumiere-gourmet un po' folle per un laboratorio didattico, alla fine della rappresentazione, quando mi intromisi sulla scena portando i "diplomi" di fine corso da distribuire ai bambini, lui, forse per vendicarsi del ruolo che gli era toccato, mi presentò come la sua bisnonna: uno dei personaggi strampalati che comparivano nel racconto. Insomma, pare sia una persecuzione o, meglio, un destino. Effettivamente mi rendo conto di essere nostalgica, smemorata, timorosa dei cambiamenti e assai più attratta dal passato che dal futuro come si dice che siano i vecchi. Poi, a differenza di quel che, invece, si dice dei giovani, credo di aver smesso a cinque anni di credermi immortale... Dunque rassegniamoci. Però, per favore, nonostante l'attacco alla Melville per fare un po' di scena, non chiamatemi Ernestina!

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