"We're all stories, in the end. Just make it a good one!"
(Doctor Who)
Perdonatemi il titolo da Maria de Filippi!
Latito, lo so, e me ne scuso. O forse non dovrei? Magari è un sollievo per gli sventurati lettori. Fatto sta che mi secca non mantenere gli impegni, anche quelli non scritti come quello di portare avanti questo blog. Il fatto è che avere una tv e una rete adsl a propria completa disposizione istigano a perdersi tra strane scoperte in streaming e seconde serate.
Comunque sia non perdiamoci in prologhi. Stanotte (ieri notte per chi legge) parliamo di uomini.
Smettete di ridere, per favore! Benché questa frase pronunciata da me suoni un ossimoro, proviamo ad essere seri.
Mi ha molto colpito, nel commento di Chiara (grazie!) al post precedente, l'aver scoperto che suo marito è un nostro lettore. La cosa mi fa piacere, ovviamente, ma un po' mi impensierisce, in senso buono, però.
Mi sono sempre chiesta, fin dall'inizio di questa avventura, in che modo un blog scritto da donne potesse essere letto dagli uomini. E, poiché l'idea generale è che, laddove si scrive e si parla alle donne gli argomenti principali debbano essere vestiti, trucchi, scarpe, pettegolezzi, cucina, bambini e uomini (preferibilmente belli, ricchi e famosi), non necessariamente in quest'ordine, vado particolarmente fiera del fatto che, negli anni, in questo pollaio le cose siano andate un po' diversamente.
Abbiamo parlato di ricordi, di viaggi, di libri, di film, musica; condiviso dubbi, riflessioni, esperienze e qualche sana sciocchezza. Insomma, abbiamo fatto un bel minestrone che di certo non è servito a rendere il nostro blog popolare: per quello era meglio specializzarsi in qualcosa di più definito e appetibile; ma non credo che questo ci sia mai importato. E le 10-15 (ma a volte anche 2 o 3) visite giornaliere sono più che sufficienti, anzi, a me personalmente stupiscono ancora...
Certo, abbiamo parlato anche di cucina, ma senza indossare i panni di una Parodi Padana. Abbiamo parlato di bambini (figli, alunni, amici) senza però infiocchettarli, ma mescolando all'indubbia tenerezza una dose massiccia di senso di responsabilità nei loro confronti, non solo in quanto madri, maestre, donne, ma in quanto persone adulte con cui questi piccoli si sono trovati a confrontarsi.
E abbiamo persino, come dicevo, parlato di uomini. Ho parlato di uomini. A volte anche molto male. E immagino che qualcuno degli sparuti lettori dell'altra metà del cielo si sarà pure seccato: "Eccola qui, l'ennesima zitella frustrata che se la prende con gli uomini perché non se la sono mai filata; e va in cerca di qualcosa che non esiste così è sicura di non trovarlo perché ha una dannata paura di mettersi in gioco". Sapete che risponderei a un lettore del genere? "Hai ragione, caro, e ne sono consapevole; ma non è tutto".
Perché, ripercorrendo gli oltre 250 (!) post accumulati qui dentro, mi sono resa conto che di alcuni ho parlato anche bene o, almeno, ho desiderato descriverli qui per fissarli nella memoria e per ringraziarli di avere incrociato in qualche modo la mia strada.
Ci sono i due cavalieri milanesi, anche detti "il diavolo e l'acqua santa"; l'informatico che passa con nonchalance dal codice html alle citazioni di poesie e canzoni, l'attore che mi perse, protettivo, per i carugi di Genova, l'intrigante veneziano (la definizione è un prestito da Hugo Pratt, che a lui piacerebbe), lo zio pittore, la cui memoria mi sono portata nella casa nuova assieme a un paio dei suoi quadri, il mio primo amico d'infanzia, compagno di piratesche battaglie giocate sul parquet delle rispettive camerette; mio padre, ovviamente, e il mio capo, che nomino tanto spesso che a qualcuno è persino venuto in mente possa esserci qualcosa sotto. Sappiate che questo mi addolora.
Da nove anni a questa parte è l'uomo con cui trascorro il maggior numero di ore la settimana e, oltre alle imprese di lavoro, inevitabilmente, abbiamo affrontato insieme momenti di gioia e di tristezza, discutendo, scherzando, litigando, o confessandoci a vicenda a cuore aperto, come persone adulte che, nel tempo, hanno imparato a fidarsi un poco l'una dell'altro. E questo è quanto. E il fatto che sia uomini sia donne fatichino a capire una cosa così semplice mi spaventa e mi rende ancor più cauta e chiusa di quanto vorrei essere.
E, tralasciando volutamente le citazioni di attori, scrittori ed altri personaggi che hanno animato questo blog, ma sempre più con il loro talento che con la loro eventuale (e pur gradita) avvenenza, l'elenco potrebbe continuare, perché di certo ho dimenticato qualcuno.
Mi sono divertita a cercare di render giustizia ai loro gesti e alle loro parole, forse più di quanto non mi diverta quando descrivo una donna, perché, probabilmente, questo è uno dei pochi mezzi che ho per muovere qualche passo, a mio modo, in un universo a me piuttosto sconosciuto.
Ho parlato di loro come colleghi, amici, fratelli, ma soprattutto, come persone. E se con gli uomini a volte è davvero difficile capirsi, con le persone che sanno cogliere la comune umanità dell'altro, fatta di forza e fragilità, si può sempre trovare il modo di comunicare e convivere. Questo per me è l'importante. Spero lo sia anche per loro.
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