"Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante che tutti loro facevano, poi non si mosse più. Il verso e la vista del cadavere lo fecero rabbrividire. Molti col passare del tempo s’erano abituati, non ci facevano più caso; ma lui no. Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle di un bianco nauseante, e senza squame." (F. Brown, Sentinella)
Darei non so cosa per sapere che pensi, bambina dagli occhi di velluto, che mi guardi mentre parlo in una lingua a te ignota e cerco di stanarti dall'angolino nel quale ti sei rifugiata, innalzando una barricata di giocattoli.
L'unica parola di italiano che conosci è il tuo nome, che suona incongruo appiccicato alla tua personcina minuta e serissima, palesemente straniera, non tanto per l'aspetto o il vestito, quanto per lo sguardo indecifrabile e per l'inespugnabile silenzio.
Sei piovuta qui chissà come dal Pakistan e tuo fratello maggiore, che ti porta appresso malvolentieri, non si è degnato d'insegnarti nulla del mondo nel quale anche lui s'è trovato a vivere. Lui sfoga il suo senso di sradicamento e inappartenenza con un piglio prepotente da gangster in miniatura. E tu?
Tu che sei piccola, e femmina, invece, mi osservi in modo sorprendente, mentre io, accovacciata tra dinosauri e pezzi di lego, accompagno le parole con i gesti cercando di spiegarmi.
Mi aspettavo curiosità, attenzione da te, come accade di solito quando un adulto si rivolge a un bambino piccolo, sorridendogli e parlandogli. Lo so che non mi capisci, ma ai bambini spesso non importa: intuiscono dal tono e dallo sguardo molto più di quanto possono sapere e, di solito, è facile con loro entrare in relazione in qualche modo.
Invece, a sorpresa, nel fondo dei tuoi occhi leggo qualcosa che sta tra l'indifferenza e la rassegnazione: non mi respingi, ma non mi sorridi e non mi parli.
Che ti hanno detto di noi, piccolina? Che siamo creature strane e diverse, con cui è inutile, se non pericoloso creare legami? Come si dirà in pakistano "non parlare con gli sconosciuti"?
E se ti hanno insegnato così, perché l'hanno fatto? Da quali esperienze di rifiuto, miseria, dolore, è nata questa diffidenza che di sicuro ti è stata trasmessa, perché non credo sia naturale per una della tua età, che avrebbe il diritto di essere fiduciosa e spontanea con gli altri.
Invece tu preferisci continuare a giocare in silenzio con i tuoi dinosauri che, in teoria, hanno un aspetto assai meno rassicurante di me. O forse no?
Ho letto da poco in "Ebano" di Kapuscinki, che nell'Africa nera le mamme minacciano i bambini che non vogliono dormire dicendo loro che, se non fanno i bravi, arriva l'uomo bianco e se li porta via.
Han detto qualcosa del genere anche a te? Ti hanno detto che sei qui solo per sfruttare un po' la ricchezza di questo occidente sfruttatore per poi tornartene alla tua terra, al tuo vero mondo, tanto diverso e tanto lontano, e che perciò non ti serve farti degli amici?
Allora perché ti hanno dato un nome italiano? Se non è desiderio d'integrazione, forse è solo un nascondiglio dietro il quale far passare il più inosservato possibile il tuo essere straniera?
Oppure non ti hanno detto niente, perché sei solo un fagotto occhiuto tra le mani di adulti che ti portano dove vogliono, ti mettono in un cantuccio e ti dicono di star buona? Chissà, magari i tuoi hanno già deciso a chi darti in sposa. Ma, dopotutto, non è questo che mi spaventa, perché anche noi, qui, piccolina, che ci illudiamo di scegliere da soli i nostri amori, facciamo ugualmente un gran numero di danni.
Quello che m'inquieta è il sospetto che il tuo sguardo precocemente freddo e serio, che mi sento scendere in gola e poi giù, fino al cuore, sia un'accusa: siamo noi quelli da cui stare in guardia, gli incomprensibili, i malvagi. E, visto quel che accade sempre più spesso ai migranti che arrivano nel nostro Paese, bambina mia, temo tu abbia ragione.
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2 commenti:
Cri brava, la sorellina di Adel, proprio un fagotto trasportato di qua e li là. Rosanna
Esattamente lei! Grazie Ros. Mi fa un po' pena e un po' rabbia...
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