giovedì 8 settembre 2011

Martedì 11 settembre 2001,


nel primo pomeriggio, mi sono rintanata nello studio di mio padre per cominciare a correggere delle bozze ritirate in mattinata dallo studio editoriale con cui collaboro tutt'oggi.

Si trattava di un saggio sulla jihad islamica, la guerra santa dell'Islam contro l'Occidente: argomento molto complesso e da far tremare i polsi, infatti io, che ero all'inizio della mia attività di correttrice di bozze, ho pensato bene di isolarmi per concentrarmi meglio.

Intanto al piano di sotto mia madre e mia sorella, davanti alla TV, assistevano in diretta alla drammatica dimostrazione delle teorie di cui io, ignara di tutto, stavo leggendo.

Loro mi hanno poi detto di non avere avuto il coraggio di venirmi a chiamare perché sapevano bene della fascinazione che io ho subito fin da piccola per l'America e per New York in particolare. Un legame che si nutriva di romanzi letti, telefilm guardati, del poster con lo skyline appeso in camera, e della passione per il cinema di Woody Allen, tanto che ad ogni compleanno il mio desiderio espresso davanti alla candelina era: "Voglio andare a New York!"

E alla fine ci sono andata, grazie all'ospitalità di conoscenti, nell'autunno successivo al mio esame di maturità, e ho voluto vedere tutti quei posti per cui New York è New York, salendo anche fino in cima alla Torre Sud del WTC.

Che cosa si prova quando si realizza un sogno? Senz'altro gioia e soddisfazione, ma poi anche un certo senso di vuoto perché un sogno realizzato è un sogno in meno da sognare, scusate il gioco di parole, e da quando ci sono stata l'America ha smesso per me di essere un mito, si è "normalizzata".

Però quel pomeriggio quando poi son scesa e mia madre mi ha detto criptica: "C'è del brutto…", e tutto si era già compiuto, le Torri già crollate, ricordo che, dopo aver pensato che era fantascienza, mi sono sentita ferita e offesa in prima persona, ma soprattutto piena di rabbia, di paura e di odio verso i responsabili e verso la cultura che li aveva formati…

Mi ci è voluto del tempo per capire che quella era la reazione auspicata dai terroristi, che la risposta migliore invece era coltivare un atteggiamento di apertura verso gli altri, di integrazione degli immigrati e di tutti coloro che per qualche motivo sono diversi da noi. New York, in fondo, e anche il WTC erano un bellissimo esempio di convivenza pacifica, e tra i pompieri che quel giorno andarono controcorrente rispetto alla gente in fuga dalle Torri c'erano anche numerosi islamici.

3 commenti:

Cri ha detto...

Bellissimo post, Dani, davvero.
Sono rientrata da poco da una riunione di lavoro "condita" da una scossa di terremoto; ma niente in confronto alla "scossa" che tutti quanti ci siam presi allora. Tanto che ancora ci ricordiamo dove eravamo e cosa facevamo. Proprio in vista del decennale i media ci marciano a raccogliere testimonianze. E forse, per una volta, non è nemmeno sbagliato: siamo spesso così egoisti che la storia - quella che, secondo gli antichi, dovrebbe impedirci di compiere errori già commessi in passato - ce la ricordiamo soltanto quando ci tocca personalmente.
Condivido completamente ciò che dici sia a proposito dei desideri a lungo coltivati e soddisfatti, sia a proposito della necessità - faticosa, certo - di mantenersi aperti agli altri e di non cercare sempre altrove un nemico.
Io ero in campagna e stavo ricopiando dagli appunti di un amico (scritti in bella calligrafia con la stilografica blu!) le lezioni di latino che mi mancavano. E, visto che ero miracolosamente sola in casa, mi ero concessa di farlo sul tavolo della sala con la televisione accesa...

Anonimo ha detto...

Ebbene sì, sono io, la fata turchina del gruppo.. FINALMENTE!
sENTITO IL TERREMOTO OGGI POME? Che città col brivido, ragazzi!

Cri ha detto...

Eh, sentito sì! Ero all'ultimo piano del Vescovado: che se sta in piedi da un millennio, di sicuro regge, però ha le travi in legno e vibra che è un piacere...
Per fortuna ero insieme a gente dall'invidiabile aplomb, che, di fatto, mi ha impedito di spaventarmi troppo.