lunedì 12 novembre 2012

Rosso smeraldo

Vi avviso: questo sarà un post sconclusionato, a cominciare dal titolo che però, per una volta, non è mio. Lo svarione cromatico, che, in realtà, ha qualcosa di poetico, è di Costi, che così ha descritto il colore intenso e luminoso di una pianta in veste autunnale avvistata in quel di Fontanellato.
Cercava di convincermi - mentre si assaggiavano con Dani, Moki e altra bella gente, pietanze multietniche a una cena di beneficenza - che, infondo, anche l'autunno ha il suo fascino, nonostante il freddo, la pioggia la nebbia e il buio che ti prende a tradimento a metà pomeriggio, ma, per una volta, non ne aveva bisogno: infatti ero reduce da un lungo giro in Valtaro per motivi di lavoro e, dopo 160 km tra boschi verdi, gialli, rossi e marroni, montagne con nuvole basse e squarci di sole abbagliante e fiume grigio azzurro e luccicante, me ne sono quasi convinta anch'io.
Finito il lavoro mi sono concessa una divagazione a Compiano, dove mi sono resa conto di non essere mai stata in vita mia. Era ora di pranzo e il paese era perfettamente deserto, fatta eccezione per un paio d'operai intenti a restaurare il castello e del prete che sgranava rosari facendo avanti e indietro per la sua chiesina in penombra. Ho passeggiato da sola per le stradette di ciottoli bianchi e neri in salita facendo finta di non avere mal di schiena, godendomi la luce di una strepitosa giornata novembrina, l'odore di legna bruciata, gli scorci di panorama tra le case e la bella sensazione di tempo altro e sospeso, che in Italia ti coglie appena esci dalle città (o anche dentro, a volte) e ti inoltri in luoghi sufficientemente antichi e silenziosi.
Vanno bene anche certi carrugi di Genova, sui quali si aprono a sorpresa vecchissimi antri polverosi di corniciai e restauratori, tra una bottega, un pub e un viavai vario e un filino equivoco.
"Hai idea di dove stiamo andando?" Mi ha chiesto a bruciapelo l'attore che mi accompagnava. Avevamo appena finito il primo dei tre laboratori che ci spettavano al Festival della Scienza ed eravamo in libera uscita. "Assolutamente no!" ho risposto. Tanto era la seconda volta che ci capitava di viaggiare insieme e già lo sapeva che sono in grado di perdermi ovunque.
"Laggiù c'è il mare". Ha indicato divertito, prima di ricominciare a zigzagare a sentimento con me al seguito per la città vecchia. Mi sono goduta la strana compagnia e il momento surreale, fingendo di non avere mal di gola.
Appartiene a quella categoria di persone con cui mi capita a volte di avere a che fare e con le quali so di non avere praticamente nulla in comune, ma poiché fanno mestieri interessanti e hanno molto letto, molto viaggiato e molto vissuto, starei volentieri ore a chiacchierare... se mi facessero un po' meno paura!
Prima della passeggiata (terminata al porto: aria gelida e tramonto rosazzurro dietro la Lanterna), siamo riusciti anche a visitare, in compagnia della fotografa che ha immortalato il nostro lavoro (il suo, più che altro...), la mostra di McCurry che, credo, meriti tutta la sua fama. Di fronte ai ritratti di vecchi e bambini scovati ai quattro angoli della terra (compresa la "celebre" ragazzina afgana dagli occhi verdissimi, ritrovata poi donna e rifotografata quasi vent'anni dopo), l'attore ha giustamente osservato che i visi più insignificanti e gli sguardi più inespressivi appartenevano a quelli dei pochi occidentali: segno che forse la nostra presunta civiltà non giova all'evoluzione della specie.
Retrocedendo a questo modo, dovrei anche raccontare della famigerata castagnata in campagna, accompagnata da chiacchiere, dolcetti e persino da una chitarra; ma è passato tanto tempo che ormai non vale la pena di dilungarci troppo.
Non mi resta che ammettere che aveva ragione Costi: era meglio far le caldarroste sul camino piuttosto che sul barbecue (vedi foto di Dani); ringraziare le partecipanti e dare a tutti la ricetta dei pattonini di papà, che hanno riscosso un discreto successo:
300g di farina di castagne;
3 o 4 cucchiai di zucchero;
la scorza grattugiata di un limone;
acqua tiepida q.b.
Sciogliete lo zucchero nell'acqua tiepida e mescolatelo alla farina di castagne quanto basta per ottenere una pastella liscia e piuttosto liquida, diciamo un po' meno di quella delle crepes. Se fa grumi, mettetevi il cuore in pace e passatela con un colino... Incorporate la scorza di limone e friggete a cucchiaiate in olio bollente.

Buon appetito, arrivederci e, visto che ci siamo, auguri a Simona!

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