
Dopotutto è una prova di vastità anche quella che ho visto domenica pomeriggio, assistendo a una gara di wheelchair hockey, cioè hockey giocato in carrozzina, tra la squadra di Parma e quella di Modena. Chi di voi si immagina una partitella tra persone variamente malmesse che han trovato un modo per passare il tempo sbaglia: sono sportivi veri, accaniti e leali, capaci di dare più di una lezione ai blasonati e strapagati calciatori. Sui loro mezzi elettrici, con tanto di rostro da Ben Hur per acchiappare la pallina (in realtà si chiama stick), incutono anche un po' di timore e molta ammirazione, per la loro capacità di superare con intelligenza e dignità i limiti imposti da una natura matrigna. Alla fine c'è anche il terzo tempo, come a rugby, nel quale la squadra di casa eccelle sempre, indipendentemente dai risultati in campo. Vero Moki?
A proposito di parmigiani. Ne approfitto per fare un appello agli sceneggiatori che ambientano spot pubblicitari o fiction dalle nostre parti. Ma santo cielo! Cosa vi costa mandare gli attori a fare un corso accelerato alla "Famija Pramzana" o noleggiare un coach da una qualsiasi delle compagnie dialettali cittadine? Va bene che nel resto d'Italia nessuno ci farà caso, ma per noi è una tortura sentire sorci appassionati di formaggio con una cadenza che riassume il peggio dei dialetti locali senza assomigliare a nessuno o le sorelle Fontana (da Traversetolo) parlare in bolognese.
Arvedros, galline, e... non pestate merle, anche se, pare, portino fortuna!