Va bene, confesso, la meta l'ho scelta perché avevo voglia di sentir parlare veneto per motivi che potete immaginare, e perché con Caorle e uno dei suoi campanili ho un conto in sospeso da vent'anni, però Costi, bontà sua, mi ha dato corda, e questa è diventata la nostra vacanza. Ma andiamo con ordine. Lo stesso ordine che ci siamo ritrovate rientrando in camera la prima sera e scoprendo che la proprietaria del B&B non si era limitata a pulire ma si era presa la libertà di sistemare a suo modo tutto quello che avevamo lasciato in giro. In ogni caso Caorle ci ha accolto con i fuochi d'artificio, posticipati di due giorni causa maltempo. Dopo quest'inizio scoppiettante, in sette giorni siamo riuscite a macinare 985 km; d'accordo, almeno una quarantina li avremo fatti perdendoci qua e là, perché, come sapete, le strade cambiano se le si percorre in un senso o nell'altro, di notte o di giorno e, soprattutto, non è facile sapere dove vai se i cartelli ti indicano Venezia e Trieste (meraviglia!), ma non i paesi che stanno nel mezzo. Comunque, abbiamo esplorato in barca la laguna di Caorle, che se è piaciuta a Hemingway non poteva che piacere a noi, e visitato un casone da pesca dove un folcloristico marinaio ci ha offerto un caffè sospetto. Abbiamo visto Aquileia, meravigliosa città romana al confine tra gli imperi d'oriente e occidente, con una basilica paleocristiana che ha per pavimento un tappeto di mosaico.
Ci siamo affacciate a Grado al tramonto, percorrendo una strada col mare da entrambe le parti e parcheggiando, con un po' di patema, a due passi dall'acqua. Poi siamo state a Burano con le case colorate come disegni di bambini, le altane fiorite e le ricamatrici in crocchio nelle piazze - pardon, campi - a ciacolare; da Burano abbiamo raggiunto San Francesco del Deserto: isola monastero su cui si trova la prima chiesa dedicata al frate di Assisi che qui soggiornò di ritorno dalla Terra Santa. Ora ci stanno cinque frati e una cagnetta che si godono un silenzio sovrumano e una vista notevole della laguna. Infine, un po' per ammortizzare il giornaliero del traghetto un po' per timore di affrontare di nuovo le infide vie venete, ci siamo concesse un gelato a Venezia con scalata (senza bandiere!) al campanile di San Marco. Abbiamo attraversato il Piave che mormorava e l'Isonzo di Ungaretti, e passato paesi dai nomi singolari, come Ottava Presa, persi tra i campi di mais. Tra una gita e l'altra abbiamo trovato anche il tempo per prendere il sole, fare qualche bagnetto e persino assistere alla presentazione di due libri serissimi. Alla fine cosa resta? A parte la malinconia del ritorno, un centinaio di foto e un pacco di guide, volantini e scontrini, gli incontri: la signora di Burano che non ci voleva dire il prezzo dei suoi ombrellini ricamati perché era chiaro che non li avremmo comprati; il marinaio del traghetto di linea per Venezia, altissimo, magro, ricciuto ed elegante con l'aria sorniona di chi sa cosa fare; il buffo frate che ci ha accompagnata a San Francesco e proprio il giorno dopo sarebbe stato trasferito. E i particolari, quelli che a casa propria non si notano mai, come le scope appese alle grondaie a Burano o gli enormi fiocchi rosa e azzurri per annunciare le nascite, grandi il doppio di quelli che usano qui. A proposito, visto che mentre ci crogiolavamo al sole e alla brezza del mare Giacomo è venuto alla luce, gli diamo il benvenuto augurandogli che lo stesso sole e la stessa aria leggera lo accompagnino sempre in questo viaggio che molto spesso è tutto tranne una vacanza, ma a volte, grazie al cielo, può assomigliarle. Un abbraccio.
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1 commento:
Grazie per aver condiviso i tuoi pensieri ed esperienze con noi.
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