martedì 28 maggio 2013

Ritorni (2003-2013)

"Mai mancante neve di metà maggio
chi vuoi salvare?
Chi ti ostini a salvare?"

(Andrea Zanzotto)

L'ho già detto, lo so: alcuni luoghi ci chiamano e ci appartengono più di altri, per ragioni che a volte è difficile definire.
Camaldoli è uno di questi. E fa quest'effetto a molti, evidentemente, se un manipolo di ex fucini più giovani di noi si sono inventati d'organizzare un convegno per avere una scusa per ritornare; e se uno di questi ex fucini ha deciso addirittura di rimanerci, facendosi monaco.
Di Emanuele, incrociato matricola alle "settimane teologiche" del 2004 e rivisto a Pisa, quando stava per diventare presidente nazionale, avevo perso le tracce, come di altri compagni di cammino di quelli che sono stati tra i migliori anni della mia vita. Ritrovarmelo davanti sorridente all'ingresso del monastero è stata una bella sorpresa e, diciamolo, un segno che anch'io lì dopotutto avevo lasciato qualcosa, che la storia non era ancora finita. Se poi ci aggiungete che ora il responsabile della foresteria, nonché maestro dei novizi, è un parmense, capirete che tutto torna. E anch'io non potevo non ritornare.
Dieci anni fa, come sapete, qualcuno si prese la briga di scrivermi una lettera - una lettera vera, di carta e francobollo - e di stanarmi fino in campagna per invitarmi ad andare lassù; dieci anni dopo è bastata una mail; ma è stato molto più difficile partire: oltre agli anni (e ai chili), sono aumentati gli impegni e le ansie; ma, nonostante tutto (compreso un feroce mal di gola), sono riuscita ad andare.
Certo, lo sapevo che non sarebbe mai stata la stessa cosa; non lo fu nemmeno l'anno dopo, se è per questo, benché sia stata comunque una bella esperienza (vero, Meg?).
Non c'era Chiara a prendermi per un polso ogni volta che mi perdevo per i corridoi e le scale del labirintico (e millenario) edificio; non c'era Vale, grazie alla quale tornai a casa portandomi dietro, oltre a una nuova amica, anche un vago accento veneto, che mi accompagnò per qualche giorno, lasciando i miei un po' perplessi. Non c'erano i nostri cavalieri milanesi e la loro arguta conterranea valchiria bionda, né la dolce Maria (che pure voleva venire) e... non c'è più nemmeno il Laurus color Tantum verde: ora è giallino, perché si son decisi a togliere il colorante, ma pare il sapore sia lo stesso, anche se, ovviamente, io non posso testimoniarlo.
Ad accompagnarmi (e a invitarmi) è stata stavolta Claudia, nove anni più giovane di me, per la quale spero di essere stata una compagna di viaggio almeno decente. Era lei a conoscere le organizzatrici, sue coetanee ed ex presidentesse nazionali; ma qualcuna delle persone che hanno nominato, ritrovandosi e riallacciando il filo dei ricordi, io pure le conoscevo e questo mi ha aiutato a sentirmi meno estranea.
Così, ancora una volta, mi sono seduta sulle alte sedie impagliate della sala del Landino, osservando perplessa e intirizzita un'inedita neve di fine maggio; mi sono riscaldata a suon di tisane col miele (sì, compresa la mitica melissa!); e ho stonato paurosamente tentando di cantare le ore canoniche con i monaci. Ho anche saccheggiato l'antica farmacia dalla quale, per fortuna, hanno tolto lo scheletro di donna che aveva, allora, la mia altezza e la mia età.
E ho ritrovato un po' di pace?
Ci speravo, ma temo di no: mi ci vorrebbe ben altro in questo periodo!
Però sapere che Camaldoli è ancora, e sarà sempre, un luogo dove tornare non da sconosciuti, è comunque una consolazione...

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