E' uno sport che a noi ciose, in genere, piace praticare sia in vacanza, sia quando si passeggia, specialmente nelle sere d'estate: sbirciare in casa d'altri.
Non è che siamo curiose... è che proprio ci viene naturale, quando ci piove dall'alto la luce di una finestra aperta, dare un'occhiata.
Ad attrarci sono, prima di tutto, le librerie (più grandi sono, più proviamo istintiva simpatia per gli ignoti proprietari), ma anche i non pochi soffitti affrescati che si scorgono nelle case del centro, meglio se corredati di ricchi lampadari, che ci fanno subito ballo in maschera con noi calate nell'improbabile parte delle Cenerentole col 38/39 di piede.
Ci piacciono gli stucchi e le tappezzerie vecchia Inghilterra, ma anche le camere minuscole, colorate e caotiche degli studenti universitari fuorisede, che ci parlano di una vita che noi non abbiamo provato e che forse ora, superati i trent'anni, ci accorgiamo che c'è mancata e che, forse, oggi saremmo meno paurose e più indipendenti.
Ci piacciono i portoni che s'aprono su stretti corridoi dai quali, anche nel più torrido luglio, sale un'ondata di umido e frescura dalle cantine, che ci vien facile immaginare antiche e misteriose; oppure le cancellate eleganti, da cui si scorgono scorci di giardini segreti nel bel mezzo della città.
E ci piacciono, ovviamente, le cucine, da cui scendono fino in strada un rassicurante acciottolio di stoviglie e odore di pietanze estere o nostrane da tentare di indovinare a naso; ma anche la musica nota o ignota, sia che provenga da un cd sia, meglio ancora, suonata dal vivo da qualche parte dietro una finestra che non riusciamo a individuare per via dell'eco che la fa rimbalzare da un lato all'altro dei borghi più stretti.
Ci piacciono, inutile dirlo, i fiocchi rosa e azzurri sulle soglie, che ci fanno pensare a una culla, a notti insonni e felicità.
Perché a sbirciare in casa d'altri ci si sente un po' meno sperduti e la città di case, strade e negozi diventa città di persone che, per quanto diverse e sconosciute, dopotutto, non sono poi tanto distanti da noi.
Ora a me questo sport viene particolarmente facile praticarlo, trasferita controvoglia a lavorare in una viuzza del centro, con il palazzo di fronte a quattro metri dalle finestre dell'ufficio.
Così, ogni giorno, vedo le scaffalature piene di faldoni di un altro ufficio; un grande letto con un lenzuolo bianco coperto di lettere nere come una storia d'amore da scrivere ogni giorno, e la scrivania piena di penne e di libri sottolineati di una studentessa, che mi ricorda tanto me stessa una decina d'anni fa e, osservandola, anch'io mi sforzo di sentirmi un po' meno sperduta.
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