lunedì 9 maggio 2011

Ho fatto un... Giro

Ieri ho fatto un giro al Giro. Non accade tutti i giorni che il traguardo del Giro d'Italia ti capiti in città, lungo la strada che fai ogni mattina per andare a lavorare. Metti poi che passi di domenica, in una giornata di sole e che tu abbia trascorso mezza giornata a lavare golf, per terminare, una buona volta, il cambio di stagione e abbia assoluto bisogno di staccare un po'. Che fai? Vai a dare un'occhiata, anche se sei tra le persone meno sportive dell'orbe terracqueo. E come vai a vedere il Giro se metà delle strade sono bloccate? Ovvio: in bicicletta. Anche se hai una vecchia pseudolandese senza cambio che, dopo il frontale fatto l'anno scorso con un ragazzotto in bici elettrica, ogni tanto cigola e spernacchia perché la ruota dietro non è più tanto rotonda. E provate entrambe - tu e la bicicletta - un po' di vergogna incrociando amatori azzimati a bordo di due ruote luccicanti e auto d'appoggio colme di tecnologici pezzi di ricambio.
Essendo poco esperte di manifestazioni sportive, vi potrebbe anche capitare di arrivare quando i ciclisti sono ancora a 20 km dal traguardo e il pubblico è rado; e di riuscire, perciò, ad avventurarvi fin davanti alla tribuna delle premiazioni e piazzarvi lì, parcheggiando la bici alle vostre spalle, contro il muro del convento delle Carmelitane, così anche lei, poverina, può godersi lo spettacolo. Peccato che nel giro di pochi minuti tra te e la bicicletta si materializzino file di curiosi pigiati tra il muro e le transenne e la tua bici scompaia alla vista. E' un momento di apprensione, ma i corridori, che viaggiano all'inverosimile velocità di 50 km all'ora, sono già entrati in città e persino tu ti fai prendere dall'entusiasmo. Ci sono papà con bambini sulle spalle, ragazzi che spiegano alle morose il significato delle maglie, rispettabili signore di mezza età con maglietta e cappellino rosa e... occhiali da sole a forma di bicicletta! In effetti il sole picchia e anche tu ti attrezzi con occhiali da sole e, visto che non hai un cappellino, ricicli il foulard che hai al collo. Così finisci per assomigliare alla Dama Bianca con il naso di Coppi. Devi ammettere che è divertente. Cominciano ad arrivare le auto e le moto di scorta e ti rendi conto che, fino a quel momento, stavi guardando nella direzione sbagliata. Finalmente vedi i ciclisti. E' un lampo. Non ne conosci nemmeno uno e non sai se applaudirli o fotografarli. Fai le due cose insieme e il risultato è che solo una delle foto è da salvare. Solo quando salgono sul palco per le premiazioni, assieme alle solite inutili modelle e al sindaco più abbronzato di loro (sia dei ciclisti sia delle modelle), scopri che ha vinto un italiano. Applaudi di nuovo e speri che lo schizzo dello champagne non ti raggiunga. Bene. E' finita: puoi tornare a casa. No, non puoi. La tua bicicletta è incastrata in mezzo alla folla e fatichi a raggiungerla. Quando ci riesci ti rendi conto che non puoi spostarla di un millimetro. Ti ci siedi sopra rassegnata e ti sfiorano le maledizioni di chi cerca di passare e si ritrova il manubrio nel diaframma (o più giù, a seconda dell'altezza). Rimpiangi di non esserti messa una maglietta giallo Parma per mimetizzarti con il muro. Aspetti che la folla si diradi. Appena si apre un varco ti ci infili. Inforchi il tuo mezzo di locomozione e decidi di rincasare percorrendo a ritroso un pezzetto della strada che han fatto i ciclisti. Stanno già smantellando. Schivi un enorme camion che raccoglie transenne, ti chiedi come diavolo hanno fatto a non cadere sul pavé sconnesso di Via d'Azeglio e ti accorgi che stai pedalando liscia, leggera e più velocemente del solito. Bella cosa l'autosuggestione!

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