martedì 8 dicembre 2015

Grovigli

E' l'Immacolata e fare il presepe è praticamente inevitabile, anche se l'umore non è dei migliori e la mia dotazione di speranza gioca da tempo una serrata partita a carte con le preoccupazioni, che, ultimamente, calano carichi pesanti sul tavolo. Comunque sia, ho fissato la base di legno sulla cassapanca, l'albero sull'asse, e posizionato a grandi linee la carta verde-marrone stropicciata e le casette.
Adesso me ne sto, piantata davanti a quello che è, di fatto, un piccolo mondo in costruzione, con in mano un lungo filo di lucine, ovviamente aggrovigliato. Le lucine sono accese, perché non c'è niente di peggio che scoprire che non funzionano una volta finito di districarle, e perché così è un po' più facile distribuirle tra albero e presepe cercando di non lasciare buchi d'ombra troppo estesi.
Le lucine mi brillano tiepide nelle mani, spuntando in ogni direzione dal grosso filo scuro e ritorto. Se le guardo troppo a lungo e chiudo gli occhi, me le ritrovo identiche e persistenti dietro le palpepre.
Questa è la parte del lavoro che detesto di più. Perciò mi fermo sempre un momento a valutare attentamente la faccenda prima di cominciare; perché capite bene che mettersi a imprecare come un camionista mentre si fa il presepe è assai poco raccomandabile...
Quindi prendo un bel respiro, mi accoscio di nuovo di fronte al costruendo paesaggio e mi accingo a districare la matassa. E ogni volta che il filo sfida le leggi della fisica, producendosi in nodi impossibili, o una lucina non ne vuol sapere di starsene buona a illuminare una casetta, ma s'infila sotto una zolla di muschio, o mi ritrovo un lumino blu, anziché giallo o rosso, là dove intendevo piazzare un fuoco per gli sventurati pastori, per non dir parolacce penso.
Penso che sto maneggiando luce. E che quel groviglio di lampadine di cui è difficile trovare un senso, potrebbe essere un modo come un altro di immaginarsi l'anima: punti di bene luminoso che spuntano dopo lunghi tratti di buio-male o buio-sofferenza, strettamente interconnessi gli uni agli altri, incomprensibili e inestricabili; ma è solo con questo intrico che, con infinita pazienza, si può provare ad illuminare quel mondo in miniatura che è la nostra stessa vita.
Buone feste!