giovedì 13 marzo 2014

Incespicando

Così, in punta d'anima e matita,
si snoda, incespicando, la mia vita.

Non so cos'è: un distico? Via, non facciamo rivoltare Ungaretti e compagni nella tomba!
Comunque sia mi si è appiccicato addosso ieri sera sull'autobus e non se n'è più andato. Così ho pensato bene (o male?) di dedicarvelo.
Ma niente paura: l'ultima volta che ho pubblicato qualcosa del genere è stato tre anni fa. Prometto che lascerò passare almeno altrettanto tempo prima di riprovarci.
Saluti e rime baciate!

giovedì 6 marzo 2014

Angry chickens!

Un'altra gallina letteraria, fanciulle piumate, da aggiungere alla nostra personale collezione di "colleghe" immortalate in libri, film, quadri e canzoni. In realtà si tratta di un pollo, ma non stiamo qui a cercare il pelo nell'uovo, su!
Scusate se ultimamente latito (ma potreste sempre rimediare anche voi, vero?!) e quando non latito mi do ai titoli anglofoni, millantando conoscenze che non ho; ma stavolta non ho resistito alla tentazione di parafrasare il famoso videogioco.
Basta con le premesse. Ecco la citazione.

"Era nervosa, aveva bevuto troppo, e i suoi occhi avevano la fissità un po' irosa di quelli di un pollo".
(John Fante, Chiedi alla polvere)

Siete mai state guardate da una gallina? Immagino di sì. A me è capitato spesso, soprattutto quand'ero bambina, e devo dire che la descrizione di Fante è perfetta: c'è qualcosa di buffo, infatti, in quell'occhiata dal sotto in su con il capo piegato un po' da un lato; ma c'è anche una certa fierezza, tanto che vien facile immaginare che, mentre tu guardi incuriosita lei ("Toh, una gallina!"), lei faccia più o meno lo stesso con te ("Toh, un essere umano"), ma viene anche il sospetto che lei, in realtà, stia pensando: "Va bene, sei grande e grossa, ma non credere di potermi fregare: non sono un'oca io, dopotutto!"
Tornando al libro, diciamolo: il protagonista, nonché narratore interno della storia, mi sta cordialmente antipatico, con le sue frustrazioni da aspirante scrittore squattrinato e nullafacente e, ancor di più, con il suo modo di interagire con le donne che, non si sa bene come, hanno la strana abitudine di entrargli in camera di notte senza nemmeno che lui glielo chieda, salvo poi essere trattate con qualcosa che sta tra l'idealizzazione sensual-letteraria e il più becero maschilismo.
Ok, mi rendo conto che è una recensione molto parziale e limitata di una delle opere più celebri della letteratura americana e ammetto che leggerlo mi ha incuriosito; ma a parità di amori strampalati, devo dire che preferisco molto di più (e capisco assai più facilmente) quello assoluto, poetico e distruttivo del povero Jay Gatsby di Fitzgerald, la cui sfolgorante e contraddittoria New York anni Venti è, a tutti gli effetti, coprotagonista del racconto.
Chissà perché ma gli amori impossibili finiscono sempre per attrarmi di più di quelli reali, forse perché sono gli unici in grado di restare immuni dall'abitudine e dalla disillusione. Purtroppo.
Saluti in punta di penna!

lunedì 3 marzo 2014

Citazioni (postmoderne?)

Tempo fa un amico, leggendo un mio status su Facebook, nel quale ero riuscita, non so bene come, a tirar fuori una frase di senso compiuto unendo i titoli di tre canzoni dei Queen, mi ha scritto che parlare per citazioni è postmoderno.
Ora, ammetto di non avere un'idea esatta di tutte le implicazioni del termine, ma poiché l'amico si occupa di semeiotica in un'università belga, immagino abbia ragione; e, anche se dubito che il suo fosse propriamente un complimento, vi dirò che non mi dispiace: infondo non capita tutti i giorni di essere definiti "postmoderni"; mentre mi è capitato, purtroppo, di esser chiamata in modi assai peggiori.
 Però è vero: mi piacciono le citazioni. Le spargo a piene mani anche nel blog, sia esplicite, sia implicite, divertendomi a volte a infilare tra le mie povere parole quelle, ben più ricche di storia, senso e dignità, di qualcun altro. Mi capita anche di pensarle, talvolta, e, raramente, anche di dirle, quando qualcuna sembra adattarsi alla perfezione a una situazione che sto vivendo.
Suona un po' snob, me ne rendo conto: "eccola qua la tipa che si riempie la bocca di frasi altrui per far vedere che ne sa..."; ma in realtà, per me, la faccenda è completamente diversa.
Intanto sono perfettamente consapevole che quel poco che mi ricordo e che posso, all'occorrenza sfoderare, è ben misera cosa rispetto a quel che potrebbe fare chi davvero ne sa di poesia e di letteratura (ma anche di musica e di cinema!), e che per una citazione che sono in grado di cogliere leggendo qualcosa o ascoltando qualcuno, ce ne sono almeno il triplo destinate a sfuggirmi perché ne ignoro la fonte.
Detto questo, per me le citazioni, quando riesco a ficcarne qualcuna in un contesto perlomeno coerente, non sono affatto uno sfoggio di bravura. Sono, invece, qualcosa di bello da condividere; qualcosa in grado di spiegare assai meglio di me quel che provo o di aiutarmi a descrivere meglio - con parole già ben pensate e ben scritte da altri - quello che, altrimenti, mi sarebbe assai più difficile raccontare.
Certo, sono anche un modo per inserire, in un certo senso, le nostre piccole vite in qualcosa di un poco più grande e intrigante: perché se qualcuno ha già compreso e definito una situazione o un sentimento vuol dire che anche lui (o lei) l'ha provato, in tempi recenti o remoti. E questo fa sentire assai meno soli e sguarniti.
Le citazioni, inoltre, hanno il potere quasi magico di farci vedere anche le cose più banali con occhi diversi, dando loro maggiore dignità.
Provate a sedervi in un cortile circondato da una siepe e a recitare a mente L'infinito di Leopardi, o a passeggiare per Genova con in testa la "Litania" di Caproni (ma van bene anche le canzoni di De Andrè), e non farete nessuna fatica a capire cosa intendo: il nostro orizzonte si amplia e anche i particolari apparentemente insignificanti possono farsi portatori di meraviglia.
E poi le citazioni fanno compagnia: perché, nonostante sia molto facile oggi avere accesso in un balzo a un gran numero di informazioni, le frasi (e le scene, e le immagini, e le note) che ci ricordiamo a memoria, sono quelle rimaste incise da qualche parte del cuore, e non ci abbandoneranno mai anche e soprattutto nelle occasioni in cui avere un computer, un tablet o uno smartphone con accesso superveloce a internet si rivela perfettamente inutile per affrontare e risolvere un problema (o tentare almeno di non venirne travolti).
Per questo siamo autorizzati a "prenderle a prestito" al momento del bisogno, come sosteneva Il Postino dell'omonimo film.
Per questo venerdì, al lavoro, quando un insospettabile ingegnere se n'è uscito non con una citazione ma, addirittura, con una specie di "adattamento" di un verso di Ungaretti, che ho riconosciuto subito, sono stata fortemente tentata di abbracciarlo.
Perché un'altra cosa bella delle citazioni è che ci possono fornire una chiave d'accesso alle persone, sorprendente, ma delicata, che ci permette di svelare qualcosa di loro che non immaginavamo e, se siamo particolarmente fortunati, anche di comprenderlo profondamente, senza bisogno di complesse spiegazioni. Infatti, se non è poi così strano aver fatto letture simili, avere gli stessi gusti musicali o cinematografici, essere in grado di citare - e riconoscere - le stesse frasi può dire molto sulla sensibilità di una persona e sul suo modo di guardare il mondo. Vi pare poco? A me no davvero!
Perché per conoscere i gusti delle persone basta fare un po' d'attenzione e avere buona memoria (e dato che io son distratta e smemorata, in genere, faccio danni); ma per conoscerne l'anima, a volte, non basta una vita e sarebbe dannatamente più importante.
Inutile dire che l'informatico di cui sopra non l'ho abbracciato: io sono sempre io purtroppo.
Però sono certa che gli sarò grata a lungo per quello che ha fatto senza nemmeno saperlo.
E anche questa è una cosa che mi piace, quasi quanto una bella citazione, che sia o no postmoderna...