lunedì 29 novembre 2010

Colui che è sopravvissuto

Da sabato scorso questo titolo spetta di diritto, oltre ad Harry Potter, anche al marito di Chiara, che, pur detestando di cuore le avventure del maghetto, si è sorbito, con dose minima di proteste, le quasi tre ore del penultimo film insieme alla gentile consorte e, quel che è peggio, insieme alle amiche della medesima, guadagnandosene perciò l'imperitura stima.
Non mi sento di dare un giudizio sulla pellicola, per due motivi. Primo: a parte la mia ignoranza in materia cinematografica, è difficile essere obiettivi quando ormai, volente o nolente, ti sei affezionato a una storia e ai suoi personaggi: avrei difficoltà, ad esempio, anche a giudicare un episodio di Montalbano...
Secondo: qualunque cosa dicessi rischierei di esser presa a quadernate da Costi, la quale ha già annunciato che all'ultimo episodio (uscirà a luglio, se volete cominciare il conto alla rovescia...) sicuramente piangerà, perché segnerà, in qualche modo, la fine della giovinezza. Eh già, sono ormai 10 anni che questa saga accompagna la vita delle Ciose - alcune più appassionate, altre meno - ed è diventata nel tempo argomento di chiacchierate leggere (ogni tanto ci vogliono) e occasione per stare insieme. Un piccolo rito, insomma, sciocco finché si vuole, ma piacevole, come tutte le cose che servono a cementare un'amicizia.
Anche la nostra amicizia, senza dubbio, ha cambiato forma, tempi e contenuti in questi anni in cui ci siamo trasformate da studentesse (più o meno) spensierate in donne che lavorano, hanno mariti, fidanzati, figli e molti pensieri, ma in qualche modo cerca di resistere, come, del resto, quella tra Harry, Ron ed Hermione. O almeno così spero, a un anno quasi esatto dall'apertura di questo blog.
Per questo la presenza, l'altra sera, dell'eroico cavaliere ha avuto, almeno per me, un grande valore, perché ha testimoniato una visione inclusiva e non esclusiva dell'amore, nella quale si cerca non di estraniarsi ma, sia pure con fatica, di accogliere una persona con tutta la sua storia passata, comprese le amiche ingombranti con pessimi gusti cinematografici...

martedì 23 novembre 2010

L'isola di Michela

Credo di aver deciso di leggere Accabadora dopo aver visto la scena memorabile in cui l'autrice, Michela Murgia, ne dice quattro a Vespa, che aveva invitato il pubblico ad ammirare non la bravura, ma la scollattura di Silvia Avallone, un'altra che leggerò.
Poi ho soprasseduto perché il mio comodino sta per cedere seppellito dai libri non letti; ma, sempre per gli strani casi di cui al post dell'11 ottobre, il libro è stato scelto per l'incontro di dicembre del circolo di lettura (di cui allo stesso post) e quindi è stato acquistato, letto in tre notti e riletto. E la naturale simpatia per questa sarda caparbia e arguta è andata crescendo. Quando poi ho messo il naso nel suo sito, dove raccoglie articoli e interventi su argomenti che vanno dalla politica alla religione, dalla sua isola alla condizione femminile, si è guadagnata, per quel che vale, la mia stima. Scrive bene, in una lingua asciutta e limpida con alle spalle la profondità del dialetto che, come dice "l'innominabile" (ma chissà di chi è la citazione), crea un legame più stretto tra le cose e le parole; e si è scelta una storia difficile, di solitudini che si incontrano, di malattia e morte, ma anche di crescita e scoperta di sè. Si parla, pensate un po', di scelte difficili, di giustizia e di verità; e non è poco, in un tempo che sparge banalità a piene mani. Ci sono personaggi ben costruiti e un finale geniale, che ha evitato di trasformare un bel romanzo in un'icona dell'eutanasia; e ci sono frasi illuminanti che, da sole, bastano a rendere memorabile il libro. Eccovene una breve, personalissima, antologia:
"Riemergere da se stessi è tanto più difficile quanto più si è profondi";
"Le colpe, come le persone, iniziano ad esistere se qualcuno se ne accorge";
"Bello come le sono a volte le cose cattive";
"Non tutte le cose si ascoltano per capirle subito";
"Nei primi anni di scuola, quando gli oggetti e il loro nome erano misteri non ancora separati dai misteri dell'analisi logica".
E poi una che a me ha divertito molto: "Il giorno del matrimonio di Bonacatta (Ndr: sorella maggiore della protagonista) successero due cose terribili, oltre alle nozze". Brava Michela, allora, e grazie.

mercoledì 10 novembre 2010

Donne al bivio

"Sei diventata filosofa"
"Cosa vuoi, alla mia età una donna non ancora sposata o diventa filosofa... o finisce in galera!"

(Da "Il visone sulla pelle" film del 1962 con Cary Grant e Doris Day)

La citazione è fatta a memoria, perché l'ho "orecchiata" ieri dopo pranzo mentre sparecchiavo, quindi non garantisco l'esattezza assoluta delle parole, ma il senso è quello.

Vi dirò, sono un po' indecisa su quale strada scegliere...

venerdì 5 novembre 2010

Scelte di tempo

Galline, secondo voi quando la sveglia del mio cellulare - la famigerata, l'implacabile, quella che anche in vacanza non ha mai perso un colpo e più di una volta ci ha destate attaccando "My fairy king", vecchia canzone dei Queen molto rock e molto molesta, ad ore molto mattutine - ha deciso di abbandonarmi? Ovvio! La prima volta in vita mia che dormo fuori per lavoro...
Ho limitato i danni battendo ogni record di ricostruzione personale e di valigia: 12 minuti netti.
Ancora Genova, già citata in questo blog, ancora con un pass al collo che mi sono tolta soltanto sul treno del ritorno, mentre tenevo a bada - si fa per dire - l'attore (lo stesso del post del 31 maggio) che, respirata l'aria di mare, giustamente non voleva tornare a casa e minacciava di scendere ad ogni invitante fermata litoranea prima degli Appennini (di un rosa dolomitico nella luce autunnale). Sono persino riuscita a riportare a casa il cartellone 70X100 che ci ha ingombrato durante il viaggio. Però, quanto tempo è passato dall'ultima volta: io, Chiara e Valentina, universitarie in libera uscita tra un incontro e l'altro del convegno di Fuci in giro per piazze, fontane e carrugi, forse un po' più leggere di ora e, senza dubbio, più giovani.
Ah, il titolo del post è un pezzo di Ruggeri che, tra le altre cose dice: "quanto futuro vorrei nei momenti difficili".
Saluti frettolosi.

lunedì 1 novembre 2010

Delocazione. Chi era costei?

E va bene che halloween è appena passata, ma se, leggendo il titolo, avete pensato subito a sedute spiritiche o santi che appaiono in più luoghi contemporaneamente siete fuori strada. Questa bella parola l'abbiamo imparata ieri sera io e Co alla mostra di Claudio Parmiggiani.
In genere nutro forti riserve nei confronti dell'arte contemporanea, vuoi perché la conosco poco e, si sa, ciò che non si conosce suscita sempre più paura che curiosità, vuoi perché a certi eccessi e a una diffusa rinuncia da parte degli artisti anche solo a tentare di creare bellezza io non mi ci so abituare, o perché non mi pare giusto che spesso si riduca l'arte (o il teatro) a una faccenda per pochi eletti che conoscono i (contorti) percorsi creativi dell'autore e inaccessibile a un pubblico medio. Questa volta, però, sono stata attratta dal titolo della mostra "Naufragio con spettatore", che mi ha evocato remoti ricordi scolastici: infatti è un saggio di Blumenberg dedicato a un'immagine di Lucrezio che la prof di latino e greco ci avrà citato cento volte. Anche le foto che sono girate in questi giorni sui media locali hanno contribuito ad aumentare la curiosità: dalla splendida barca a vela arenata in (o sostenuta da) un mare di libri al cappello pieno di farfalle. Così, in una domenica uggiosa che più non si può, armate di sana ignoranza, ci siamo infilate per i corridoi lindi del Palazzo del Governatore confidando nell'illuminante aiuto di qualche pannello esplicativo. Errore! Nessun pannello: solo una scarna brochure; e niente luce nelle stanze se non quella proveniente dall'esterno nella sera buia da ritorno all'ora solare, tutto per esplicita volontà dell'artista. Le installazioni sono posizionate nelle stanze vuote e guardate a vista dagli addetti al museo. Eppure è stato bello. Perché le opere - strane, buffe, a volte inquietanti - ci hanno detto qualcosa: il calco di un cuore posato sopra un libro aperto; il busto in gesso di una Venere classica con una sola farfalla variopinta posata proprio "lì" e, alla fine del percorso, la famigerata "Delocazione": l'immagine, o meglio, l'evocazione dell'immagine di una libreria ridotta ai soli contorni fatti, letteralmente, di fumo. Pare, infatti, che il nostro realizzi (fin dagli anni '70) queste strane opere posizionando oggetti contro le pareti e poi lasciando bruciare per una notte nella stanza copertoni e altre schifezze fumiganti; poi, toglie gli oggetti e la traccia che ne rimane è il "quadro". L'effetto è simile a quello, involontario, che si crea quando si sposta un mobile rimasto troppo a lungo nello stesso posto: un contorno fatto di polvere e tempo, il ricordo di qualcosa che, ci piaccia o no, è esistito e reclama la nostra attenzione. Noi, di solito, lo cancelliamo infastiditi con una mano di bianco, lui ne ha fatto una metafora, una presenza-assenza un poco malinconica, ma decisamente affascinante. Non sono un critico d'arte e ho confessato a inizio post la mia incompetenza, ma ringrazio l'autore (fino a ieri) a me ignoto che mi ha regalato - come dice Aristofane (oggi vado di classici!) - "profumo di intelligenza", che, nonostante tutto, vale più di una magnum di Chanel N°5!
Saluti culturali (tranquille, poi mi passa...)